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    MEGLIO VENDERE, PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI - DOPO AVER VENDUTO I DIRITTI EDITORIALI DEI SUOI BRANI A UNIVERSAL MUSIC  PER 300 MILIONI DI DOLLARI, BOB DYLAN HA CEDUTO I DIRITTI SUI MASTER A SONY MUSIC PER CIRCA 150 MILIONI DI DOLLARI – PERCHÉ NEIL YOUNG, PAUL SIMON, TINA TURNER, BRUCE SPRINGSTEEN ETC. STANNO VENDENDO I LORO CATALOGHI? INTANTO, PAGARE MENO TASSE E PER FACILITARE LA DIVISIONE DELL’EREDITÀ, MA ANCHE…


     
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    Francesco Prisco per www.ilsole24ore.it

     

    Il Menestrello di Duluth come Francesco d’Assisi. S’è spogliato di tutto Bob Dylan, unico artista musicale della storia ad aver vinto un Nobel per la letteratura. Ma al contrario del santo poverello, non lo ha fatto «a gratis»: dopo aver venduto i diritti editoriali sul suo songbook a Universal Music Publishing per 300 milioni di dollari, «Sua Bobbità» ha ceduto anche i diritti sui master (le incisioni di tutto il repertorio) a Sony Music. 

     

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    E il valore del deal stavolta supererebbe i 150 milioni di dollari. La cifra non è stata ufficializzata, ma deriva da stime degli operatori di mercato raccolte da Music Business Worldwide.

     

    UNA VITA IN COLUMBIA RECORDS

    Se la scelta di Universal per il publishing rappresentava un po’ una rottura delle «tradizioni familiari», quello con Sony per le incisioni è al contrario un accordo che odora di «coerenza»: Dylan, infatti, sin dagli esordi è sempre stato artista di Columbia Records, etichetta controllata dal 1988 dalla conglomerata giapponese. 

     

    L’intesa, raggiunta nell’estate del 2021, è rimasta per sei mesi sotto chiave, fatto piuttosto raro nell’industria discografica. La collaborazione tra Dylan e Sony continuerà con la pubblicazione di The Bootleg Series, collana di box contenenti inediti e rarità partita nel 1991 e arrivata l’anno scorso al volume 16 con il capitolo Springtime in New York.

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    L’ANNUNCIO DI STRINGER, L’AFFETTO DI DYLAN

    L’annuncio è arrivato da Rob Stringer, ceo di Sony Music: «Columbia Records ha avuto un rapporto speciale con Bob Dylan fin dall’inizio della sua carriera e siamo tremendamente orgogliosi ed eccitati di continuare a far crescere ed evolvere la nostra partnership di 60 anni. Bob è una delle più grandi icone della musica e un artista di impareggiabile genio. 

     

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    L’impatto essenziale che lui e le sue registrazioni continuano ad avere sulla cultura popolare non è secondo a quello di nessuno e siamo entusiasti che ora sarà un membro permanente della famiglia Sony Music. Siamo entusiasti di lavorare con Bob e il suo team per trovare nuovi modi per rendere la sua musica disponibile ai suoi numerosi fan di oggi e alle generazioni future». 

     

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    Più stringato, criptico ma a suo modo affettuoso - in stile dylaniano - lo statement dell’artista: «Columbia Records e Rob Stringer sono stati solo buoni con me per molti, molti anni e un sacco di dischi. Sono contento che tutte le mie registrazioni possano rimanere al loro posto».

     

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    PERCHÉ VENDERE DIRITTI E MASTER?

    Proprio Dylan, con la cessione dei diritti di publishing a Umg nel dicembre del 2020, ha inaugurato la stagione delle dismissioni dei cataloghi da parte delle grandi icone del rock, un trend che ha riguardato successivamente pezzi da 90 come Neil Young, Paul Simon, Stevie Nicks, Tina Turner, Bruce Springsteen (che ha venduto, sempre a Sony, sia diritti che master per una cifra che si aggira sui 500 milioni di dollari) e David Bowie, i cui eredi hanno chiuso con Warner Music un accordo riguardante sia la parte editoriale che quella discografica. Perché lo fanno? C’è un tema industriale, uno fiscale e uno «dinastico».

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    Cedere i diritti (e in alcuni casi i master) del proprio songbook significa tanto per cominciare mettersi al riparo dalle imponderabili dinamiche di un mercato discografico che non era mai stato volatile come lo è nell’era dello streaming. Oggi le major si quotano per cifre da capogiro, ma è ancora vivo il ricordo degli anni bui della crisi di Napster. 

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    Negli Stati Uniti, poi, in questo particolare momento storico anche a livello fiscale è meglio avere una grossa cifra da re-investire che un asset i cui margini saranno tutti da verificare nel medio lungo termine, quando la palla passerà agli eredi. E il punto forse è proprio quest’ultimo: tra i cespiti di un testamento, i soldi sono molto più facili da dividere. Mica è casuale che tutti i grandi del rock che si avventurano su queste strade sono a fine corsa.

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