CARLO CONTI - MARIA DE FILIPPI
Riccardo Bocca per “bocca.blogautore.espresso.repubblica.it”
Ora, finalmente, è chiaro a tutti perché Maria De Filippi stia lavorando gratis per le cinque serate del Festival.
Non è un gesto di bontà istintiva, o un tentativo di evitare risse sul compenso, ma uno straordinario atto di consapevolezza professionale.
De Filippi, in altre parole, sapeva meglio e prima di chiunque altro che il suo contributo all'Ariston sarebbe stato fragile, a parte il merito di convogliare milioni di telefans.
E così, infatti, è successo: niente, di questo primo appuntamento con l'evento Rai più osannato, resterà nella memoria pubblica per brillantezza e originalità, a parte il duetto in zona ospiti tra la sicilianità dolente di Carmen Consoli e l'eleganza matura di Tiziano Ferro.
CONTI DE FILIPPI
Per il resto, mentre la controfigura sciapa di madame "C'è posta per te" vagava per il palcoscenico, il suo sodale Conti cedeva all'evidenza di aver finito al terzo anno idee, benzina, e in apparenza pure allegria.
Dispiace quasi scriverlo ma Sanremo 2017 è, al di là dello share fotonico (50,37%, pari a 11.374.000 spettatori), un festival alla deriva, partendo dalla spompaggine del volenteroso Al Bano, fresco di tour ospedaliero, per arrivare al trombonismo della compagna Mannoia, che nel cuore della sua carriera ha pensato fosse cosa buona e giusta punirsi cantando la retorica dell'esistenza umana ("Che sia" appunto "benedetta", invocava il titolo del pezzo).
IL CAMBIO DI ABITO DI MARIA DE FILIPPI A SANREMO
Emozione, poca; intensità, poca; capacità di uscire dall'ovvio del linguaggio, molto poca. Per non infierire, causa bontà improvvisa, sugli altri presunti big, dotati di micropezzi splendidi da cestinare: sia che il microfono fosse impugnato da Lodovica Comello (che al suo amore, senza vergogna alcuna, ha cinguettato: «Mi prenderò solo un po' di te/un istante di complicità/un deserto di felicità/che passerà e lascerà la polvere»), sia che protagonista fosse la giacca di Alessio Bernabei, sia che invece il ciuffo sotto i riflettori fosse quello di Ron, impantanato nella più manierista delle love songs possibili ("L'ottava meraviglia").
Tale è stato lo sconforto, a un certo punto del video-tragitto, che si cercava ovunque appiglio pur di sfuggire alla modestia: inutilmente. Rinchiuso nella capsula della sua paura del Festival - e dunque in collegamento da un nascondiglio lontano - Maurizio Crozza ha balbettato qualcosa di così e così sull'ex premier Renzi e la sindaca Raggi.
riccardo bocca
Quanto agli spazi dedicati al dolore e ad alti temi sociali - cioè la parata iniziale dei soccorritori montani, e poi l'impegno sacrosanto contro il bullismo fisico e virtuale -, il sapore è stato quello dell'atto dovuto, della celebrazione che per consuetudine si manifesta all'Ariston, e anche a dirla tutta del disagio indotto da Diletta Leotta (nel triplo ruolo di vittima di web-furto, canterina giuliva e giornalista pedatoria).
Il tutto mentre Maria Gratis De Filippi non dettava i passaggi dell'azione, ma subiva l'andamento dell'intera partita. Che serata sconclusionata. E che amarezza quando, in questo viaggio sbandante tra noia e pop, è stato l'ospite Ricky Martin a risollevare palpebre e umore. Urge il giorno in cui, invece di galleggiare nel passato, si proverà il brivido di migliorare il presente.
2. IN UN CLIMA DI «UNITÀ NAZIONALE» MARIA HA PIÙ PESO SPECIFICO DI CARLO
Aldo Grasso per il Corriere della Sera
CARLO CONTI - RAOUL BOVA - MARIA DE FILIPPI
C' è del marchio a Sanremo. Ogni anno cerchiamo per il festival una definizione, qualcosa che s' imprima nella memoria, visto che le canzoni si dimenticano facilmente.
Sanremo è uno dei pochi riti sociali che ci sono rimasti ed è facile metterla sul politico. La conduzione affidata a Carlo Conti e a Maria De Filippi evoca proprio quello che i partiti non sanno fare, un governo di unità nazionale.
C' è tuttavia un inciampo tecnico che mette in crisi la lettura politica. Carlo e Maria, come li chiama Crozza, non sono due «artisti» classici (alla Fiorello, per intenderci) sono due bravi «faticoni» che sono riusciti a imporsi in virtù della determinazione.
TIZIANO FERRO A SANREMO
Appena entrati in scena, si è subito capita una cosa importante: Maria, nonostante non sia vocata alla presentazione (per non parlare dei testi di rara modestia), ha più peso specifico di Conti. Che pure ha parlantina e tante ore di volo. Bella contraddizione per la Rai. Maria poi lo sovrasta del tutto e lo riduce a valletto quando va sugli stilemi di «C' è posta per te». Conviene tentare una lettura più tecnica: l' Ariston come strategia di marketing. Il 67° Festival della Canzone Italiana sarà ricordato come quello del co-branding (che poi sarebbe l' utilizzo congiunto di due o più marchi aziendali per promuovere un' attività).
C' è il marchio Rai, c' è il marchio Mediaset (ma ormai Maria stessa è un brand), c' è il marchio dell' agente Beppe Caschetto (Crozza, prima La7 e poi Discovery), c' è il marchio Sky attraverso Lodovica Comello e Diletta Leotta. C' è persino il fiero marchio delle forze di soccorso e del volontariato nel ricordo della tragedia di Rigopiano.
Marchiare per non marcire. Insomma, il famoso orgoglio Rai è andato a farsi benedire. Trai i vari brand presenti c' è anche quello di Tim, persino associato su Twitter all' hashtag Sanremo2017 (ogni tweet è uno spot). Questo succede perché Sanremo è un rito mainstream, non un mito. Il rito è ripetizione, un' organizzazione più sociale che simbolica che assicura la continuità e l' identità di un' audience.
MARIA DE FILIPPI E RICKY MARTIN
Il rito si può alimentare e perfezionare con l' accordo fra marchi. Il mito invece è un racconto esemplare, la narrazione che precede ogni azione. Forse Sanremo è stato mito ai tempi di Nunzio Filogamo, quando a organizzarlo era la Rai di Torino ed è fatalmente finito con la morte di Luigi Tenco, cui Tiziano Ferro ha dedicato un bellissimo cold open, degno di uno show americano.
Il linguaggio del talent, dopo anni di annusamento reciproco, ha ormai del tutto fagocitato Sanremo: non solo per i molti campioni in gara che da lì arrivano (con un certo ecumenismo tra «Amici», «X Factor» e persino «The Voice»), ma per i filmati dell' anteprima con le interviste o per le inquadrature che durante la presentazione riprendono le emozioni dei cantanti che stanno per entrare in scena.
ALDO GRASSO
Quanto alle canzoni, il festival rimane per l' industria della musica una vetrina importante per esiti più immateriali che materiali: rilanciare un volto, farlo conoscere a una platea generalista, cambiargli il posizionamento. Eppure, a ben pensarci, Sanremo resta la più perfetta rappresentazione dell' italianità: uno spettacolo infantile ha sempre un avvenire.
DE FILIPPI CONTI
TIZIANO FERRO