Gaia Piccardi per il Corriere della Sera
Il problema vero è che a casa, in Giamaica, dopo un po' che gioca con la Playstation in bermuda e infradito, si annoia. «Ho bisogno di stimoli, nuove motivazioni». E denari.
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Perché è proprio sull' ingaggio offertogli dai Central Coast Mariners che il sogno di Usain Bolt si è infranto.
Tra la proposta della squadra australiana di A League con sede a Gosford, Nuovo Galles del Sud (un centinaio di chilometri da Sydney), 150 mila dollari aussie all' anno, e la richiesta, 3 milioni (2,1 milioni di dollari americani circa), infatti, c' è un abisso. E la Federcalcio australiana, chiamata in campo per mediare in virtù dell' appeal mediatico dello sprinter più veloce della storia del mondo (9"58 nei 100 e 19"19 nei 200 sono due record ben lungi dal vacillare sotto i passi delle nuove generazioni), ha gettato la spugna.
Ma quei soldi, si chiede il Sydney Morning Herald, il velocista giamaicano riconvertito in bomber più dal marketing e dalla noia che da reali esigenze, li vale? La risposta è no.
Perché un conto è ospitare Usain Bolt per uno stage o un allenamento (in cambio di una fotonotizia sui giornali hanno accettato in tanti, dal Borussia Dortmund al Manchester United, dai norvegesi dello Stromsgodset ai sudafricani del Mamelodi Sundowns Fc), un altro è imbarcarlo a tempo pieno, con un contratto da calciatore professionista e l' impegno morale di farlo giocare, se non sempre perlomeno spesso.
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«Parliamoci chiaro - ha detto Andy Keogh, ex attaccante della Nazionale irlandese oggi ai Glory di Perth - il ragazzo non sa stoppare la palla: quando ci prova, finisce a dieci metri. Ha il tocco di un trampolino! Fargli firmare da professionista sarebbe un calcio nei denti per quelli che a calcio ci sanno giocare sul serio».
Correre veloce, insomma, non basta. E farlo con la palla tra i piedi, le scarpe con i tacchetti invece delle spikes e uno stopper che ti entra tra tibia e perone anziché limitarsi a rincorrerti, è tutta un' altra storia. «Ammiro Bolt ma dal punto di vista morfologico, con le gambe lunghissime e la falcata straordinaria, è il contrario di un calciatore - sottolinea Francesco Guidolin, grande tifoso del giamaicano ma non al punto da rimanerne ammaliato con i parastinchi -. Sarà anche velocissimo però gestire la palla è tutto un altro mestiere. Ci vuole tecnica, oltre che esperienza. Però, magari, in Australia può divertirsi...».
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Anche il divertimento, in realtà, sembra terminato. Bolt è finito fuori squadra, non frequenta più gli allenamenti, non si sa nemmeno se sia ancora down under o già a caccia di un altro provino, magari in Europa al La Valletta Fc, il club maltese di proprietà di un fondo saudita che l' uomo degli 8 ori olimpici (sarebbero 9, maledetto Carter...) si era permesso di scartare quando l' ingaggio con i Central Coast sembrava vicino. Per gli australiani, muto coach Mike Mulvey, parla un comunicato: «Da agosto, quando è arrivato, Usain ha fatto grandi progressi e siamo certi che ne farà ancora, grazie ad allenamenti individuali e dedicati.
Che in A League, però, non possiamo permetterci».
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