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    BONAMI: ‘’CAROL RAMA ERA QUESTO: UNA PUNK GIRL ANTE LITTERAM MA ANCHE UNA LEONESSA CHE I MASCHI SAPEVA TENERLI AL POSTO LORO CON I PANTALONI APERTI SOLO E SOLTANTO QUANDO DECIDEVA LEI’’ – ‘’SE NON SEI GIOVANE, RICCA E FIGA NON SEI NIENTE. ALTRIMENTI BISOGNA ESSERE PUTTANA O TERESA DI CALCUTTA’’


     
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    1. LA TIMIDEZZA DI UNA PUNK GIRL ANTE LITTERAM

    Francesco Bonami per ''la Stampa''

     

    Pensando a Carol Rama mi vengono in mente due definizioni; una rivoluzionaria in ritardo o una rivoluzione a scoppio ritardato. Carol Rama appartiene a quel tipo di artista che non è o non vuole essere mai in sincronia con il momento.

     

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    Artista radicale fin dagli inizi si è poi fatta distrarre dai movimenti e dalle tendenze della fine degli Anni 60. Per questo motivo insieme il mio amico e collega Daniel Birnbaum la invitammo, nel 2003, alla mostra nel padiglione centrale della Biennale di Venezia che s' intitolava «Ritardi e Rivoluzioni».

     

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    Poi come direttore della Biennale la suggerii per il Leone alla Carriera insieme a un altro Torinese doc, Michelangelo Pistoletto. Per queste scelte io fiorentinaccio fui accusato di campanilismo sabaudo. Poco prima di ricevere il Leone d' Oro alla carriera Carol Rama mi confessò con il suo linguaggio molto colorito e fisicamente efficace che sperava di non avere problemi di stomaco.

     

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    Dicendomelo arrossiva perché lei guerrigliera senza peli sulla lingua sotto sotto era una timida.

     

    L' ho rivista qualche anno fa insieme a Geppi Cucciari nella sua soffitta fuori dal tempo mentre giravamo la puntata su Torino del programma Dopotutto non è brutto . A vederla era sempre la stessa, forse ancora più regale, ma già pensava ad altro, al resto, al dopo. Rannicchiata sotto una coperta di pelliccia sembrava la regina Longobarda Rosmunda.

     

    L' hanno paragonata all' altra grande artista francese Louise Bourgeois ma Carol Rama era più sofisticata e delicata. Per questo forse in un mondo dell' arte dove ha la meglio chi molla ceffoni teatrali quelli come lei che ci risvegliano con pizzicotti e calci nelle caviglie hanno meno successo. Pur quasi fuori tempo massimo son contento di averle dato un riconoscimento che avrebbe meritato molto prima.

     

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     Nel suo studio comunque il Leone Veneziano era appoggiato lì su uno scaffale, ne più ne meno importante della copertina del 33 giri Sticky Fingers disegnata da Andy Warhol per i Rolling Stones con la foto dei jeans con la cerniera lampo apribile. Carol Rama era questo: una punk girl ante litteram ma anche una leonessa che i maschi sapeva tenerli al posto loro con i pantaloni aperti solo e soltanto quando decideva lei.

     

     

    "PASSO LA VITA AD ASCOLTARMI PER ESPELLERE COSA MI FA SOFFRIRE"

     

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    Da ''La Stampa'' - Le dichiarazioni sono tratte da due interviste di Nico Orengo a Carol Rama pubblicate sulla Stampa del 20/3/1993 (in occasione di una mostra a Rivoli) e del 14/4/1998 (gli 80 anni dell'artista e una mostra ad Amsterdam)

     

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    «Certo è che se non sei giovane, ricca e figa non sei niente. Altrimenti bisogna essere puttana o Teresa di Calcutta. Ma io sono soltanto una che ha paura e ha manie di persecuzione, che sa che i colleghi non esistono e gli artisti sono senza pietà. O forse sono io incapace di dare amore, è una mutilazione. Come le figure che dipingo, le voglio guastate, sofferte come me» «Mi sento in ritardo. Fossi stata Ava Gardner. E invece no: brutta, povera, incazzosa.

     

    Come si faceva ad amarmi? Non sono simpatica ai torinesi. E neanche agli artisti. Vince chi più sparla degli altri. E poi siamo divorati dal cancro della gelosia».

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    «Sento vicino Giulio Paolini. Io lo riconosco, lui no. È distante. Ma capisco il perché: abbiamo le stesse nevrosi. Lui, come me, lavora ad una vetrina che è se stesso. La sua fragilità è la mia: e questo ci allontana. Io ho sempre confuso la sensibilità con l' emotività. Passo la vita ad ascoltarmi per espellere le cose che mi fan soffrire. Rischio di perdermi nel mio labirinto. Mi mancano dei punti fermi: l' amore, il desiderio, se non anonimi.

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    Appena mi sbilancio mi scontro con una realtà negativa, dolorosa, mortificante». «Mi piaceva parlare con Man Ray, ci vedevamo a Fregene con Jolas, o a Milano o a Parigi. Mi parlava di Duchamp, della sua ossessione di fotografo, della sua passione per le belle donne. Era incazzato e ironico. Si sentiva che aveva attraversato il dolore.

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    Io sono una che è sempre stata sostenuta dal dolore. In questo momento ho paura, paura di provare felicità, paura di guadagnare. È una parte che non conosco, non saprei come posso comportarmi. Non conosco questo lato della vita. Penso a uno che si compra un grattacielo: chissà che gioia prova: io sono sempre solo andata a comprarmi dei fazzoletti e già grazie che non ci piangevo subito...».

     

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    «Se fossi stata uno scrittore avrei voluto essere Simenon, ma sarebbe già un risultato essere uno scarafaggio di Kafka» «Ma io nella mia vita ho anche fatto quello che volevo fare. Rimpiango solo la povertà che mi ha dato vergogna. Non altro».

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