Francesco Bonami per “la Stampa”
Francesco Bonami
Il caso della mostra di Modigliani a Palazzo Ducale di Genova, sotto indagine perché alcune delle opere in mostra secondo i periti della procura erano dei falsi, è emblematico di una grande anomalia - o forse sarebbe meglio chiamarlo problema - che affligge molti spazi espositivi pubblici italiani.
Palazzo Ducale a Genova, Palazzo Reale a Milano, Palazzo Te a Mantova e tanti altri luoghi autorevoli ed eccezionali in tante città italiane non possono essere chiamati musei perché nella maggior parte dei casi non hanno collezioni permanenti ma sono semplicemente luoghi storici, magari con architetture ed affreschi eccezionali, adibiti a spazi dove presentare mostre.
modigliani
Volendo sminuirli si potrebbe chiamarli semplicemente «contenitori», in realtà dovrebbero corrispondere a quegli spazi che nel mondo di lingua tedesca vengono chiamati Kunsthalle, o per prendere un esempio londinese corrispondono a quella che è oggi la Royal Academy.
Dove sta l'anomalia? Sta nel fatto che Kunsthalle e Royal Academy hanno un organigramma ben preciso e una programmazione di mostre che nasce dall' interno, mentre la maggior parte degli spazi in Italia queste due cose non le hanno. L'organigramma dovrebbe comprendere un direttore amministrativo, un direttore artistico, uno o più curatori, conservatori e altre figure a scalare ma non di minore importanza.
Questo gruppo d'individui è responsabile della creazione del programma, della sua realizzazione e della sua tutela. Come funziona invece in Italia? Molto spesso il direttore amministrativo, di solito un funzionario dell' amministrazione pubblica cittadina o regionale che sia, è anche il direttore artistico, ovvero colui che è responsabile del programma. Ci sono casi in cui queste figure sono preparate e responsabili, in altri meno.
modigliani
Sotto di loro solitamente non esistono curatori e il programma viene approvato dall'assessore alla Cultura e poi dal consiglio comunale o regionale che spesso poco sa di arte e poco gliene importa e si affida esclusivamente al fatto che la programmazione presentata sia adeguatamente coperta finanziariamente.
Non essendoci però quasi mai fondi adeguati, i vari palazzo ducali, reali o dei diamanti che siano devono affidarsi a soggetti esterni che si facciano carico delle mostre. Spesso sono proprio gli stessi soggetti esterni che propongono le mostre. Le istituzioni pubbliche culturali sono, come nella maggior parte del resto del mondo, organizzazioni non profit, ossia che non devono perdere soldi ma non devono nemmeno guadagnarne necessariamente, devono fare pari.
GENOVA PALAZZO DUCALE 3
I soggetti che si fanno carico delle mostre, invece, sono aziende profit, devono guadagnare. Per questo motivo non possono immaginare di prendersi rischi con esposizioni di contenuto culturalmente elevato, ma commercialmente basso. Di conseguenza la maggior parte di queste aziende va sull' usato sicuro: Picasso, Warhol, Hopper e, appunto, Modigliani.
Ma per organizzare mostre di questi artisti che abbiano un' alta qualità museale ed accademica ci vogliono molto tempo e molti soldi. Per ottenere il prestito di un' opera dal Moma di New York, tanto per fare un esempio, si deve fare la richiesta con due o tre anni di anticipo e i costi e le condizioni assicurative a volte sono proibitive. Così l' azienda in questione ripiega su mostre sempre acchiappa pubblico più economiche ma meno sicure da un punto di vista della provenienza e della qualità con i rischi e le conseguenze che il caso di Genova sta mettendo purtroppo in luce.
una delle sale di palazzo reale di milano 01 900x600
Queste aziende fanno il loro mestiere ma non offrono, non sempre per colpa loro, quel servizio e quella tutela che i nostri spazi pubblici istituzionali dovrebbero avere. La soluzione è difficile e complicata, ma non per questo meno chiara. I vari palazzi espositivi dovrebbero dotarsi, magari diventando fondazioni a partecipazione pubblica e privata, vedi Palazzo Strozzi a Firenze, di quell' organigramma di direttori e curatori che oggi manca lasciando ai funzionari pubblici la competenza amministrativa ma non la facoltà di decidere i contenuti, eliminando dalla programmazione la presenza di questi soggetti anomali che purtroppo da molto tempo hanno intasato l' offerta culturale italiana riproponendo all' infinito la stessa minestra riscaldata.
La polemica attorno alla mostra di Modigliani ha fatto invelenire quel «popolo» sul quale basano i propri profitti le aziende produttrici di mostre popolari. Se fino ad oggi era possibile dire, un po' come Maria Antonietta, «non ci sono più Modigliani veri? Dategli Escher!», da ora in poi questo non sarà più possibile. Il pubblico ha fame di cose fresche, buone e possibilmente autentiche.