1 - PARTYGATE, ANCHE IL FINANZIATORE DEI TORY CHIEDE LE DIMISSIONI DI BORIS JOHNSON
john armitage
Fuoco amico su Boris Johnson. Mentre il primo ministro inglese cerca in tutti i modi di rafforzare la sua leadership, gravemente minata dopo lo scandalo del Partygate, le feste a Downing Street avvenute mentre il Regno Unito era in pieno lockdown a causa della pandemia, c’è chi continua a chiederne le dimissioni.
Il milionario John Amitage, che ha versato al partito di Johnson 3,1 milioni di sterline come donazione, ha detto alla Bbc che Jonhson dovrebbe dimettersi, perché ha superato il «punto di non ritorno».
John Armitage è co-fondatore del fondo di investimento Egerto Capital, e dei 3,1 milioni di sterline donate al partito del Tory, oltre 500 mila sono state versate da quando Boris Johnson è entrato al governo.
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Intervistato dalla Bbc, il milionario ha detto che i leader dovrebbero andarsene se perdono la loro autorità morale e ha riferito che aveva già annunciato ai conservatori che non avrebbe più garantito il suo sostegno finanziario al partito, se fosse persistito questo stato di cose.
Le sfide globali, ha argomentato Armitage, richiedono all’occidente «politici molto seri e impegnati» che abbiano il solo scopo di «fare del bene al loro paese». Questo dovrebbe essere l’unico scopo per entrare in politica.
La Bbc riferisce che Armitage ha donato somme di denaro, ma molto inferiori, anche al partito avversario dei laburisti. L’intervento arriva mentre è in corso un'indagine dell'alta funzionaria statale, Sue Gray, sulle feste tenutesi a Downing Street e Whitehall durante il lockdown del 2020 e 2021.
Un’indagine della polizia sta esaminando le accuse più gravi all’interno dello scandalo Partygate e nel frattempo il primo ministro Boris Johnson ha subìto una serie di dimissioni di alti funzionari e suoi collaboratori che lo hanno costretto a un mini rimasto di governo.
2 - LONDRA, UN MINISTERO AL FALCO DELLA BREXIT: PER SALVARSI BORIS TENTA PURE IL RIMPASTO
Gaia Cesare per "il Giornale"
boris johnson
Di fronte al rischio di un voto di sfiducia già la prossima settimana, dopo l'emorragia di collaboratori in fuga dal partygate e da una leadership sempre più in bilico, Boris Johnson tenta il rilancio del suo governo e di se stesso con un mini-rimpasto che ha tre principali obiettivi.
Primo: migliorare il coordinamento dell'esecutivo. Secondo: serrare le fila del gruppo conservatore, sempre più tentato da una rivolta contro BoJo. Terzo: lavorare su immagine e comunicazione del governo, insistendo su due cavalli di battaglia, la Brexit e il Levelling Up, il rilancio delle aree depresse del Paese, che in Inghilterra vuol dire emancipare il Nord dal ruolo di Cenerentola, tentando di mantenere il vantaggio sui Laburisti strappato alle ultime elezioni nei fortini «rossi».
jacob rees mogg con boris johnson
Per questo BoJo premia il falco anti-Ue, Jacob Rees Mogg, a cui affida la guida di un nuovo "ministero per le Opportunità della Brexit e l'efficienza del governo", dopo che il deputato fu tra gli ultra-conservatori che a lungo soffiarono anche per un'uscita di Londra dalla Ue senza accordo con Bruxelles.
Figlio dell'ex direttore del Times, studi a Eton, il college delle élites, sei figli (tutti con nomi di pontefici), Rees Mogg è il simbolo della volontà del premier di insistere sul rilancio del Regno Unito dopo l'addio all'Europa e di tornare ai valori conservatori.
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Un obiettivo, quest'ultimo, perseguito adesso anche grazie al Brexiteer Steve Barclay, ministro dell'Ufficio di Gabinetto appena cooptato nel doppio ruolo di capo dello staff di Downing Street, e con la nuova collaborazione di Guto Harri, ex corrispondente della Bbc e consigliere di Boris ai tempi dell'avventura a sindaco di Londra, ora diventato direttore della Comunicazione.
Il rischio di un mandato sull'orlo della fine è ancora molto alto per Johnson, che teme come una spada di Damocle le 54 lettere di sfiducia (pari al 15% dei parlamentari Tory) forse già in arrivo la prossima settimana e che ieri, mentre il governo lanciava il piano per ridurre le liste d'attesa negli ospedali, si è rifiutato di scusarsi, nonostante l'accusa di «incitamento alla violenza» mossagli non solo dai deputati di opposizione, tra cui la sorella della parlamentare Jo Cox, uccisa da uno squilibrato, ma anche da qualche deputato tory spaventato dalla deriva in stile Trump di BoJo.
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Il premier è considerato da molti laburisti l'ispiratore dell'assalto al leader dell'opposizione Keir Starmer, avvenuto lunedì fuori da Westminster, quando il capo del Labour è stato trascinato di peso e scortato dalla polizia, fino alla sua auto, dopo che un gruppo di manifestanti no-vax, urlando il nome di Jimmy Saville e spingendolo, lo accusava di essere «protettore dei pedofili».
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La folla, in sostanza, ha ribadito l'accusa che lo stesso Johnson ha destinato al suo rivale la scorsa settimana alla Camera, rilanciando una bufala, diffusa sui social media da gruppi di estrema destra, secondo cui Starmer non indagò sui reati dell'ex conduttore della Bbc, il pedofilo Saville, quando era a capo dell'Ufficio della Corona, incaricato di perseguire reati.
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Contro l'affondo all'oppositore, ieri è intervenuto pure lo speaker della Camera, Sir Lindsay Hoyle, che ha bacchettato il premier, ricordandogli: «Le parole hanno un peso». BoJo fino a qui non ha voluto sentirne di scusarsi, nonostante a causa della sua sgradevole uscita, il premier abbia perso la storica stratega e collaboratrice, Munira Mirza.
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Il rimpasto serve a distogliere l'attenzione dai suoi problemi e a tentare di bypassare la crisi. Sempre che la prossima settimana - come qualcuno preannuncia - non arrivino le fatidiche lettere che porteranno al voto di sfiducia.