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Emanuele Buzzi per www.corriere.it
Una nuova mossa sullo scacchiere legale che da mesi scandisce le vicende interne ai Cinque Stelle. A farla è l’avvocato Lorenzo Borré, che prova a mettere all’angolo i vertici M5S in vista della votazione indetta da Giuseppe Conte, Paola Taverna e Vito Crimi il prossimo 10-11 marzo, una votazione che serve al Movimento ad accogliere i rilievi mossi dalla Commissione di garanzia per gli statuti e poter accede al finanziamento del due per mille.
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La mossa di Borré potrebbe in linea teorica - se i rilievi venissero accolti -, rallentare ulteriormente, l’iter di Conte per una nomina-bis e lasciare spazio a una votazione aperta, tra più soggetti. «Stamattina, in qualità di iscritto all’associazione Movimento 5 Stelle - lo sono dal 26 marzo dell’anno scorso - e in vista della scadenza dell’8 marzo per la formulazione di proposte per le modifiche al testo del nuovo statuto ho ritenuto opportuno chiedere ragguagli alla Commissione di garanzia per gli statuti», annuncia al Corriere il Iegale.
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La richiesta di chiarimenti presentata riguarda la compatibilità degli artt 17, lettera e) e 25 lettera a) del testo statutario ai requisiti indicati nelle linee guida della Commissione deliberati nel 2018. Si tratta di passaggi cruciali in quanto mettono in discussione la possibilità di eleggere Conte come presidente.
«L’articolo 25, lettera a) dispone che il primo Presidente dell’Associazione sia indicato dal Garante ed è eletto dall’Assemblea a maggioranza dei voti espressi, quale che sia il numero degli Iscritti aventi diritto di voto partecipanti alla votazione, questo pare confliggere con le Linee guida secondo cui non sono ammesse cooptazioni per la nomina dei componenti degli organi associativi, essendo peraltro specificato che i criteri di scelta dei titolari delle cariche devono ispirarsi a “principi di democraticità interna”», spiega Borré.
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«Tale cooptazione non consente la possibilità di accesso alla carica a tutti gli altri associati, come imporrebbero i principi democratici e quello di parità dei diritti degli associati», continua Borré. Che precisa: «Si tratta di una norma in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione ma anche con i principi delle linee guida, secondo cui “va garantito in parità di condizioni e senza discriminazioni l’elettorato passivo quanto alla possibilità di accesso e alle cariche interne e all’assunzione della qualità di componente degli organi di partito con compiti di direzione o esecutivi”».
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