Arturo Zampaglione per “la Repubblica”
TWITTER VS FACEBOOK
È bastato che Dick Costolo, chief executive di Twitter, annunciasse un lieve rallentamento nella crescita del numero di utenti del social network (dal +6,3 al +4,8 per cento nell’ultimo trimestre), per far crollare il titolo a Wall Street. In una sola seduta, e a dispetto del raddoppio degli incassi del gruppo, le quotazioni hanno perso il 10 per cento e la capitalizzazione di Borsa si è ridotta di 3 miliardi di dollari.
Poi è stato il turno di Facebook. Mark Zuckerberg ha presentato agli investitori una trimestrale brillante: gli utili sono stati superiori alle aspettative; il numero di utenti ha raggiunto il miliardo e 350 milioni, di cui il 64 per cento si collega ogni giorno al network; la società ha vinto la sfida della telefonia mobile, riuscendo a piazzare in misura crescente (+64 per cento) i messaggi pubblicitari anche sugli smartphone.
ZUCKERBERG ALL UNIVERSITA TSINGUA DI PECHINO
Ma tutti questi successi sono stati eclissati, agli occhi di Wall Street, dalle dichiarazioni di Zuckerberg sui costosi investimenti che il gruppo intende fare e sulla “non monetizzazione” di alcuni suoi servizi (Messenger, WhatsApp e Instagram), almeno fino a quando non avranno raggiunto il miliardo di utenti. Risultato: all’indomani del loro record storico (81,16 dollari lo scorso martedì) le quotazione di Facebook hanno perso quasi il 9 per cento.
Gli esempi di Twitter e Facebook illustrano bene lo strano clima che si respira in questa fase nella Silicon Valley, culla di quella che veniva chiamata new economy, e più in generale nel comparto tecnologico. Da un lato le tech stocks, come vengono chiamate a Wall Street, vanno bene, grazie anche alla ripresa sempre più robusta negli Stati Uniti: si allargano, si consolidano, lanciano nuovi prodotti o servizi che trovano una riposta quasi sempre entusiasta dei consumatori mondiali, vedono crescere le quotazioni a Wall Street distanziando ancor più le industrie tradizionali. Basta pensare che, nonostante il calo, la capitalizzazione di Borsa di Twitter (2700 dipendenti) resta più del doppio di quella del gruppo Fiat Chrysler (225mila dipendenti).
dick costolo jack dorsey evan williams biz stone
Dall’altro lato, però, le società hi tech appaiono spesso in balia degli umori di mercato e soprattutto di una concorrenza asperrima a livello mondiale. Così si assiste a una brusca e rapida alternanza di vincitori e sconfitti. Nelle ultime settimane sono state punite, assieme a Twitter e Facebook, anche Samsung, Ibm e Amazon, mentre nella colonna dei premiati figurano la Apple, la Google, la Iac di Barry Diller, Aol, GoPro, LinkedIn e soprattutto Alibaba, il colosso cinese dell’ecommerce che, appena sbarcato a Wall Street tra fuochi d’artificio, ha visto crescere fatturato, quotazioni e soprattutto la distanza con Amazon, il concorrente americano guidato da Jeff Bezos.
larry page sull aereo privato jpeg
Negli ultimi tre mesi gli incassi del gruppo Alibaba, fondato e guidato da Jack Ma, ormai l’uomo più ricco della Cina (oltre 21 miliardi di dollari), sono saliti del 54 per cento. “Il titolo è un buy”, cioè è un buon affare, dicono gli analisti di Wall Street, a cominciare da Youssef Squali della Cantor Fitgerald: rispetto ai 68 dollari del prezzo di collocamento di settembre, le azioni hanno già toccato i 110 dollari, cioè quasi raddoppiando il valore in meno di due mesi. In compenso il fatturato di Amazon è salito “solo” del 20 per cento e le sue proiezioni per le vendite natalizie sono ora di +17/18 per cento rispetto a una valutazione precedente di +20 per cento. Non solo: gli investitori si sono innervositi per la tendenza di Bezos di allargare le attività del gruppo a discapito dei margini profitto. Risultato: la settimana scorsa, in una sola seduta, il titolo ha perso il 9 per cento, riducendo di 15 miliardi di dollari la capitalizzazione di borsa.
LARRY PAGE AL GOOGLE I-O
Per la Apple, invece, è stato un trimestre particolarmente brillante, ben al di là delle previsioni degli esperti, grazie soprattutto alle vendite record di iPhone. Tim Cook, che ha sorpreso tutti con l’annuncio pubblico del suo “orgoglio gay”, e che fino a pochi mesi fa sembrava nel mirino di investitori insoddisfatti, è riuscito a rilanciare il gruppo, a lanciare prodotti innovativi, a far aumentare il titolo del 10 per cento in poche settimane e soprattutto a umiliare il suo grande nemico, la Samsung sudcoreana. La quale, invece, ha visto una diminuzione del 60 per cento degli utili trimestrali, rispetto allo stesso periodo del 2013, legata soprattutto alle difficoltà negli smartphone, pur restando leader mondiale del settore.
Jack Ma
Tra i giganti, buoni risultati a Google e alla Microsoft, affidata ora, dopo Bill Gates e Steve Ballmer, all’indiano Satya Nadella: il quale ha puntato con decisione (e grandi soddisfazioni) sulla “nuvola”. Gli utili trimestrali della società di software, a dispetto dei costi per il piano da 18mila licenziamenti, sono stati di 4,5 miliardi di dollari, mentre le quotazioni sono già aumentate di un terzo in appena un anno. Ci sono poi i risultati di aziende più piccole, ma non per questo meno dinamiche.
jeff bezos 167
Grazie al suo network di siti per cuori solitari, a cominciare da Match.com, che ha visto crescite del 9 per cento il numero di abbonati paganti, la Iac, la holding del miliardario Barry Diller, ha triplicato gli utili dell’ultimo trimestre rispetto all’anno scorso, che sono così passati da 96 a 326 milioni di dollari. In poche ore, la settimana scorsa, i titoli della GoPro, che vende macchine fotografiche digitali per attività sportive, sono saliti del 14 per cento.
La Aol, dopo la dolorosa e coraggiosa ristrutturazione di Tim Armstrong, ha aumentato gli introiti pubblicitari del 44 per cento e gli utili del 12 per cento: molto più delle aspettative del mercato. E intanto l’espansione in Cina e l’uso crescente dei datori di lavoro per valutare i candidati da assumere, ha portato a un aumento del 45 per cento del fatturato di LinkedIn.
ginni rometty capo di ibm e tim cook capo di apple