Giordano Tedoldi per “Libero quotidiano”
protesta studenti contro la dad a milano 4
Forse non saranno più i "bamboccioni" di cui parlò il compianto Padoa-Schioppa, ma di certo i nostri ragazzi continuano a avere una significativa resistenza, quasi una rimozione psicoanalitica, verso il mondo del lavoro.
Una ricerca condotta da Skuola.net su un campione di 3 mila liceali e frequentatori di istituti tecnici e professionali, rivela che solo 1 su 7 sarebbe disposto a rinunciare ai sogni adolescenziali in cambio di un percorso professionale stabile, e 2 su 5 lo farebbero solo di fronte alla manifesta impossibilità di centrare l'obiettivo principale.
STUDENTI DI SCIENZE GASTRONOMICHE
Eppure dalla stessa ricerca emerge che la maggior parte di loro, 6 su 10, sanno benissimo che le facoltà che offrono maggiori garanzie di carriera sono le cosiddette STEM: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. I nostri liceali sono dunque degli inguaribili sognatori, oppure degli eterni fanciulli?
Secondo il consorzio ELIS, che si occupa di orientare gli studenti nel mondo del lavoro, resistono ancora molti pregiudizi, che spiegano questi dati. Ad esempio, nonostante l'elogio rivolto dal presidente Draghi agli Istituti Tecnici Superiori (ITS), i quali registrano alti tassi di inserimento nel mondo del lavoro proprio perché sono strutturati secondo le concrete esigenze delle aziende, i ragazzi non li considerano abbastanza qualificanti poiché non sono ufficialmente delle università, e il valore del famigerato "pezzo di carta" continua a pesare molto.
IL DOPPIO PROBLEMA
studenti nell aula magna facolta di architettura
Così tanto che, ottenuta la maturità, solo il 14% degli intervistati si è dichiarato desideroso di entrare subito nel mondo del lavoro, e solo un esiguo 7% passando per gli ITS. Tra coloro che vogliono frequentare l'università, il 37% non cambierebbe idea neanche se gli venisse prospettato un percorso alternativo con maggiori opportunità professionali, rivela sempre Skuola.net, mentre il 16%, a malincuore, accetterebbe. E attorno al mito dell'università ne proliferano altri.
Ad esempio più della metà degli studenti intervistati pensa che sia meglio laurearsi a pieni voti, sia pure andando fuori corso, anziché farlo con un punteggio non massimo ma nei tempi. E oltre 1 su 3 è convinto che per trovare un buon lavoro è più importante conoscere la teoria che saper fare le cose.
studenti
Tirando le somme, risulta che il nostro mercato del lavoro soffre di un doppio problema. Da un lato, un rinviare l'ingresso nel mondo del lavoro in un dilungarsi di cicli universitari e postuniversitari, alla ricerca di una formazione teorica eccellente e prestigiosa, che diventa quasi un valore a sé sostitutivo dell'esercizio di una professione concreta.
Dall'altro il tipico tratto italiano per cui le materie tecniche e scientifiche sono considerate aride, e in certo modo assoggettate agli scopi economici, mentre lo studente medio (in senso statistico, non qualitativo) tiene molto alla sua creatività e in qualche misura anche a un certo atteggiamento ribelle verso l'inquadramento professionale, considerato quasi una sistemazione piattamente borghese.
studenti maturità
Però sarebbe troppo facile, e ingiusto, dare tutte le colpe a quelle "anime belle" dei ragazzi, che chiudono gli occhi di fronte alla realtà economica e alla effettiva domanda di lavoro per coltivare i loro sogni fino alle soglie dell'età adulta.
Il mito dell'università, e soprattutto dell'università a vita, va ridimensionato, ma una società che intona solo il ritornello dell'ingresso nel mondo del lavoro, non tiene conto che l'adolescenza si va sempre più prolungando, e così i sogni si fanno più tenaci e l'accettazione della realtà meno rapida. Non diamo ai nostri ragazzi un'alternativa secca tra sogni e carriera: cerchiamo di coniugarli.