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    A VOLTE RITORNANO - NIENTE PIÙ DROGA E ALCOL ADESSO BRIAN WILSON, LO STORICO E TORMENTATO CANTANTE DEI BEACH BOYS, È PRONTO PER PORTARE IN ITALIA I SUOI CAPOLAVORI: “ERO GELOSO DEI BEATLES, VOLEVO COMPETERE CON LORO. È PER QUESTO CHE HO CREATO ‘PET SOUNDS’” – LE LITI INFINITE COL CUGINO MIKE LOVE - VIDEO


     
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    Giacomo Pellicciotti per la Repubblica

     

    BRIAN WILSON BRIAN WILSON

    TRA nostalgia e ossessione del passato, torna dal vivo il genio dei Beach Boys, quel tormentato Brian Wilson che ha vissuto almeno due vite.

     

    Prima assorbito dalle vertiginose armonie vocali create da ragazzo, che i Beatles per primi invidiavano, e poi vittima di una lunga crisi maniaco-depressiva che sembrava averlo distrutto per sempre. Ma poi è arrivata la sua musa salvatrice, la seconda moglie Melinda che lo ha riportato lentamente alla vita, fuori da droghe, alcool e terrore-orrore del palco.

     

    Era la fine degli anni 90 quando Wilson ritrovò la voglia di suonare dal vivo e comporre nuove canzoni. Ora è di nuovo in pista, 75 anni a giugno, con un poderoso tour che il 15 luglio approda all' Arena Santa Giuliana di Perugia, come gran finale di Umbria Jazz, unica data in Italia. Senza incrociare gli amici- nemici Beach Boys guidati dal cugino Mike Love, che saranno il 27 giugno all' Auditorium Parco della Musica di Roma.

     

    Rischiava di diventare un fantasma come Syd Barrett, lo stralunato inventore dei Pink Floyd.

    Schiacciato da un padre dominatore, che lo aveva spinto alla musica insieme ai fratelli Dennis e Carl, nei primi anni 60 il talentoso Brian collezionava successi con i Beach Boys, una pop-rock-band fondata con i due fratelli, il cugino Mike Love e il compagno di liceo Al Jardine.

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    Nel giro di quattro anni sfornarono dischi e hit singoli a getto continuo, una valanga di seducenti canzoni sulle onde dei surfers californiani. Un successo epocale e una gara a distanza con i quattro di Liverpool. Toccava al dotato Brian il lavoro più faticoso di scrivere le canzoni, adattarle alle voci della band e portarle in studio. Un impegno logorante che il maggiore dei Wilson accettava di buon grado, rinunciando però, sempre più spesso, al palcoscenico.

     

    Fu proprio quando i Beach Boys erano in tour in Giappone che Brian si chiuse in studio per realizzare il suo capolavoro Pet sounds. Usò lo studio di registrazione come uno strumento ubriacante di suoni, campionamenti stravaganti, fischi di treni e l' abbaiare dei suoi amati cani. Inventò canzoni straordinarie a partire dalla sua preferita Wouldn' t it be nice, rivoluzionando le popsong con un' immaginazione visionaria senza precedenti.

     

    L' album divenne presto una leggenda, con il consenso entusiastico delle più grandi rockstar del tempo da Paul McCartney a Elton John e Bob Dylan.

     

    Non è un segreto che i Beatles si ispirarono a Pet sounds per il loro Sgt. Pepper' s. Ma non fu facile farlo uscire per le perplessità della Capitol Records e di Mike Love, abituati ai più facili hit surfisti che avevano costruito l' enorme successo dei Beach Boys.

     

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    Nacquero da allora tutte le incomprensioni, le dispute tra Brian e Mike, le separazioni e le liti infinite.

    Quando finalmente uscì "Pet sounds", il 16 maggio 1966, fu una liberazione. Vendette bene, ma non come i precedenti.

     

    Oggi Wilson vive in famiglia a Beverly Hills con Melinda, cinque figli adottati e tanti cani. Fa sempre la stessa vita, colazione in vicino casa, una passeggiata nel parco e di nuovo a casa. Metodico e ripetitivo. E parla poco, soprattutto nelle rare interviste in cui cita ossessivamente Pet sounds. Ha poca voglia di parlare del padre-padrone Murry Wilson che lo picchiava fino a fargli perdere l' udito dell' orecchio destro. Ammette solo: «Mio padre fu la mia prima figura maschile e avevo paura di lui». Però si intenerisce ricordando i fratelli che non ci sono più: «Dennis era il surfer del gruppo, io non lo sono mai stato, non so cavalcare le onde».

     

    Adesso, più di 50 anni dopo, continua a suonare il suo capolavoro in modo massiccio, in un tour che va da Honolulu alla Finlandia. Gli chiediamo: che cosa è cambiato? «Quando da ragazzo ho creato Pet sounds, mi sono subito reso conto che era buono, ma solo con il tempo ho superato la paura di stare a mio agio sul palco. Poi penso che sia una cosa incredibile che nel 2017 alle persone piaccia ancora, per questo voglio renderle felici».

     

    In tutti questi anni, anche se ha combattuto con i suoi problemi personali, ha continuato a produrre gemme musicali.

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    Vuol dire che la musica è stata ed è tuttora la sua ancora di salvezza? «La musica è non solo la mia salvezza, ma anche la mia band, la mia famiglia e le persone che amo intorno a me. È così che sono stato capace di uscire dal tunnel nero della depressione ».

     

     

    Paul McCartney ha definito Pet sounds il suo "album preferito di tutti i tempi". Ma è vero o no che siete stati in competizione con i Beatles? «Sì, è vero che ero geloso dei Beatles a causa del loro album Rubber soul e volevo competere con loro. È per questo che ho creato Pet sounds ». Una curiosità: da dove nasce il suo dono musicale? Dalle sue radici, dalla famiglia o da cosa altro? «Viene da Chuck Berry e Bill Haley. Da ragazzo li seguivo, li ammiravo e volevo essere come loro. Posso anche dire che sono un musicista autodidatta ».

     

    In Italia il suo show conclude Umbria Jazz 2017, un importante e storico festival. Cosa ne pensa del jazz? «Non solo mi piace il jazz, ma amo anche suonare nei festival perché ci sono sempre grandi folle e mi piace questa sensazione di suonare per un sacco di persone».

     

    Brian Wilson è stato un paio di volte in Italia, con il suo nome e con i Beach Boys riuniti. Quale è il suo rapporto con il nostro paese e gli italiani? E lui si congeda così: «Beh, prima di tutto gli italiani hanno un ottimo cibo che adoro. Posso anche dire che nella musica gli italiani sono più sensibili degli americani.

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    E come artista è una qualità che apprezzo molto».

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