Luca Valdiserri per il “Corriere della Sera”
BRUNO CONTI MARADONA
Buongiorno, Bruno Conti detto Marazico: Mondiale 1982, quarant' anni fa il 99% degli italiani calcolava quanti gol, di lì a poco, ci avrebbero segnato l'Argentina di Maradona e il Brasile di Zico... «Venivamo da tre pareggi non certo esaltanti (contro Polonia, Perù e Camerun; ndr ) e da una qualificazione stentata.
Il problema, però, aveva radici più profonde: le polemiche erano iniziate ben prima dell'inizio del Mondiale. Eravamo passati dal calcio scommesse, Bearzot aveva convocato Paolo Rossi e lasciato a casa Pruzzo, che era stato capocannoniere per due anni di fila. Si era scatenata una vera gogna mediatica. Alla fine, però, furono polemiche benedette perché, come diceva Bearzot, contava il gruppo e il gruppo fu cementato dal sentirsi tutti contro».
maradona bruno conti
Perché dopo 40 anni gli italiani sono ancora così legati al Mondiale, anzi al Mundial, del 1982?
«Due motivi. Il primo: l'Italia veniva da un brutto periodo anche fuori dal campo di calcio. Due anni prima, Ustica. L'anno prima, l'attentato al Papa. Eravamo ancora dentro gli Anni di Piombo. Nel nostro piccolo abbiamo dato un motivo agli italiani per sorridere. Il secondo: se guardi oggi quelle partite, vedi che abbiamo battuto via via tutti i migliori. Maradona, Zico, Boniek, Rummenigge».
Per i più giovani: Italia-Argentina 2-1, 29 giugno 1982, Gentile toglie a Maradona l'ossigeno per respirare...
«È la partita che ci permette di sbloccarci e Maradona dimostra la sua grandezza anche nella sconfitta. Nessun difensore ci andava leggero con lui, ma Diego non si è mai lamentato. Nasce tra me e lui un rapporto fortissimo. A ogni Roma-Napoli mi diceva: vieni a Napoli a giocare con me, tu sei il calcio. Mi invitò al suo matrimonio, venne a trovarmi a Trigoria quando avevo preso in corsa la panchina della Roma nell'anno in cui si bruciarono Prandelli, Voeller e Delneri».
bruno conti de rossi totti
Quanto fu vicino al Napoli in quegli anni?
«Io ero lusingato, però, volevo restare a Roma. C'era in discussione il contratto da rinnovare con il presidente Viola e ci incontrammo al ristorante Quadrifoglio. Spesso portavo i miei figli all'allenamento e in quella occasione c'era Daniele, che per Maradona aveva una venerazione. Viola gli chiese: "dove giocherà papà l'anno prossimo?" E Daniele: "va a Napoli da Maradona". Non so cosa pensò Viola, però firmai subito dopo il contratto per restare».
Italia-Brasile 3-2, 5 luglio, 1982, tripletta di Paolo Rossi che diventa Pablito...
«Fu la vittoria di Bearzot, anche se rischiò di pagarla cara. Dopo quel 3-2 indimenticabile ci diede un giorno libero e in molti lo passammo nella piscina dell'albergo. Passò a trovarci in tuta e con la pipa in bocca, io e Ciccio Graziani lo gettammo in acqua per scherzo. Non pensavamo che non sapesse nuotare...».
bruno conti sandro pertini
Come gestì, una volta tornati a Roma, quella vittoria con Falcao?
«Semplicemente non ne parlai mai con lui. Non potevo dirgli che mi dispiaceva, perché non era vero. Prima della partenza per la Spagna, a Trigoria, facemmo una foto io, Paulo, Liedholm e Viola. Il presidente ci disse: uno di voi due mi deve riportare indietro la maglia da campione del mondo».
La semifinale con la Polonia di Boniek (2-0, 8 luglio 1982) anche nel ricordo sembra quasi una formalità...
«Non abbiamo commesso l'errore di pensarla così. Non abbiamo mai mancato di rispetto a nessun avversario».
Nella finale con la Germania (3-1, 11 luglio 1982) vi permettete di sbagliare un rigore sullo 0-0: come andò?
«Credo dovesse tirarlo Paolo, che però chiese a Cabrini: te la senti? All'intervallo Bearzot prese Cabrini per il collo e urlò a lui per dirlo in realtà a tutti noi: i rigori si possono sbagliare, adesso entriamo in campo e vinciamo questo Mondiale! Così è stato».
Come descriverebbe quel gruppo dell'82?
BRUNO CONTI COVER
«Con una parola che mi è cara: umanità. Un'esperienza come quella ti tiene unito per sempre. Abbiamo ancora una chat. È su quella che abbiamo ricevuto la notizia della morte di Paolo. Non ci posso credere anche a distanza di tempo».
Quali sono le radici di Marazico?
«Vengo da una famiglia numerosa: sette figli, papà sempre fuori a lavorare. Bisognava dare una mano. Il mio calcio era strada e oratorio. Divertimento, non pensavo di fare il professionista».
Poteva farlo nel baseball.
«Vengo da Nettuno, che in Italia è la patria del baseball, portato dai soldati che sbarcarono ad Anzio. Ero un bel lanciatore, mancino. Il Santa Monica venne un'estate dalle mie parti per una tournée e mi notarono. Volevano mettermi sotto contratto, mamma disse: ma dove sta questa America? Non se ne fece niente. A ben guardare è stata la mia fortuna».
maradona bruno conti
L'Italia, per la seconda volta di fila, non si è qualificata per il Mondiale: come si riparte?
«Bisogna avere più coraggio nei confronti dei giovani e smettere di preferire il fisico alla tecnica. Correvamo tanto anche noi, non solo i calciatori di adesso».
Cosa pensa quando vede calciatori normalissimi guadagnare in un anno quello che Marazico non ha guadagnato in tutta la carriera?
«Penso che sono stato fortunato ad avere quello che ho e che mi hanno insegnato a non invidiare mai nessuno. Si vive meglio. E poi i tempi sono diversi. Ai ragazzi che stanno con le cuffie, ascoltando ognuno la sua musica, vorrei spiegare quanto era bello cantare insieme sul pullman Cuccurucucu Paloma di Battiato».
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