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    BUONA LA PRIMA - MATTIOLI: "LA SCALA SALVA IL TENORE YUSIF. ERA CONCRETISSIMO IL TIMORE CHE SULL’ANDREA CHENIER AZERO, COMPAGNO DI VITA E DI PALCOSCENICO DELLA DIVA NETREBKO, SI ABBATTESSE OLTRE ALLA GHIGLIOTTINA DI ROBESPIERRE ANCHE QUELLA DEI LOGGIONISTI. E INVECE …" - OLTRE DUE MILIONI DI SPETTATORI IN TV - VIDEO


     
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    Alberto Mattioli per la Stampa

     

    andrea chenier andrea chenier

    La Scala salva il soldato Yusif. E tutte le preoccupazioni e prevenzioni e precauzioni della vigilia vengono spazzate via da dieci minuti di applausi, con contorno di fiori e mortaretti che gettano coriandoli, tipo comizio elettorale Usa o finalissima del Grande fratello. E poi, sì, alla fine della fine, ormai al momento di passare dal guardaroba, c’è anche qualche «buuu!» di reazione agli eccessi della claque. Robetta, sommersa dalle ovazioni. «Surtout pas trop de zèle», ammoniva uno che, a differenza del povero Andrea Chénier, alla Rivoluzione era scampato, il saggio Talleyrand: purtroppo le truppe cammellate lo dimenticano sempre. Comunque, successo vero, grande, indiscutibile. 

     

    netrebko andrea chenier netrebko andrea chenier

    E se sono andato tutti bene, meglio è andato lui, lo Chénier dell’Azerbaijan, il tenore consorte Yusif Eyvazov, compagno di vita e qui anche di palcoscenico della diva Anna Netrebko, con tutti i relativi sospetti di «maritocrazia» in un teatro che le coppie non le ha mai amate. Era concretissimo il timore che sul povero Chénier si abbattesse, oltre alla ghigliottina di Robespierre, anche quella dei loggionisti. Bastava fare un giro su quella piccionaia 2.0 che sono i social per rendersene conto. I fischi erano possibili, quasi probabili: ne era convinto anche lui. Mentre chi trova Eyvazov simpatico, e in effetti lo è moltissimo, aveva già lanciato con successo uguale e contrario le hashtag del caso, tipo #iostoconyusif o #saveyusif o addirittura #jesuisyusif.  

    Andrea Chenier-2 Andrea Chenier-2

     

     

    E invece l’azero ha messo a zero i timori. Certo, lo si sapeva, la voce non è bella anzi, diciamola tutta, quanto a timbro è una vociaccia. Però ha volume, gli acuti corrono e poi Riccardo Chailly, oltre a dirigere da padreterno un’opera che ama e dalla quale è evidentemente riamato, per mesi gli ha messo in bocca la parte davvero battuta per battuta e sillaba per sillaba. Così, che Yusif l’avrebbe sfangata lo si è capito dopo appena mezz’ora di spettacolo e dopo che era partito un vietatissimo applauso alla fine dell’Improvviso, che sta alla parte di Chénier come lo start al centrometrista. Alla fine, lui festeggia: «La serata più emozionante e felice della mia vita artistica, mi ha salvato la caparbietà, ringrazio ogni singolo spettatore». A proposito: con Annuska, ha fatto sapere lei, in scena sono stati veri.  

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    Inutili tutte le precauzioni prese per anestetizzare eventuali contestazioni, a partire dalla richiesta di non applaudire dopo le romanze. Il trio di protagonisti (il baritono cattivo che poi si pente, figura italianissima, era Luca Salsi, una sicurezza) si è sempre presentato insieme, senza uscite all’americana, insomma mai nessuno solo soletto davanti al pubblico, la versione lirica del gladiatore che guarda il pollice dell’Imperatore sadico. Idem Chailly, peraltro gratificato da un’ovazione al rientro sul podio dopo la pausa e perfino di un incongruo «Viva il maestro!» dopo Mameli. Sempre tutti insieme appassionatamente, compreso il pattuglione dei comprimari (per inciso, tutti uno meglio dell’altro, davvero «da Scala»).  

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    L’unico a concedersi un’apparizione singola è stato Mario Martone. A proposito: spettacolo tradizionalissimo, quindi a portata del pubblico della Prima. Del resto nello Chénier ci sono troppe citazioni d’epoca, musiche comprese, per mettere tutti i jeans e non pensarci più. La Rivoluzione francese modello sussidiario per le scuole medie raccontata dagli «illicasillabi» del libretto, con i nobili che bisbocciano nel castello mentre fuori il Terzo Stato fa la fame, ci è stata servita con tutti i previsti tricolori e ghigliottine e fatali carrette e berretti frigi. Però lo spettacolo, basato su una scena rotante di Margherita Palli, non è fastosissimo e lussuosissimo come pure si poteva pensare, o temere. 

     

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    E’ una gran vittoria postuma per Giordano e, concretissima, per l’attuale dirigenza del teatro, per Alexander Pereira e Riccardo Chailly e i loro progetti di riportare alla Scala il suo repertorio più tipico, a chilometro zero, compreso il già schifato Verismo. Resta da capire se certo titoli si debbano fare perché fanno parte del passato e non, magari, per quanto ci si possa trovare di presente. Sono considerazioni che prima o poi, meglio prima che poi, il piccolo mondo antico dell’opera in Italia, dovrà porsi. Per il momento, però, ci si può godere il successo. E anche i due milioni e 427.840 euro d’incasso: niente male davvero.  

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