DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Lettera al Corriere della Sera
Caro direttore, in relazione alle notizie di stampa apparse ieri relativamente a presunti favoritismi a beneficio dell’avv. Amara, Eni esclude nel modo più categorico che l’azienda abbia mai deciso, semplicemente inteso o dato corso ad azioni volte ad influenzare il comportamento processuale dell’avv. Amara nei procedimenti in oggetto o men che meno “remunerarne il silenzio.
I rapporti con il «gruppo Napag», in ogni caso, sono oggetto di indagini interne che sono state già ed autonomamente avviate da oltre un mese ad iniziativa delle funzioni aziendali competenti: tali indagini stanno altresì verificando, con il massimo rigore, il rispetto delle procedure ed il comportamento dei singoli dipendenti del gruppo interessati ai rapporti con Napag.
Eni ribadisce ancora una volta la fermissima convinzione di essere la parte lesa in ogni prospettiva e prospettazione legata, o comunque connessa, alle ipotesi inerenti presunti depistaggi delle attività investigative presso qualsivoglia Procura della Repubblica dello Stato Italiano o altrimenti in relazione alle nuove ipotesi direato emerse ed attualmente sotto indagine. Eni ricorda di essersi già prima d’ora formalmente dichiarata parte offesa nell’ambito di quelle fattispecie precedentemente note in relazione alla medesima indagine presso la Procura di Milano. Eni perseguirà con vigore e in ogni sede opportuna la tutela della propria reputazione nei confronti di chiunque, sia che abbia già confessato un proprio coinvolgimento sia che altrimenti risulti responsabile di eventuali condotte censurabili che si potranno evincere ad esito dalla conclusione delle attività di indagine in corso o dagli accertamenti interni in itinere.
Erika Mandraffino Senior vice president Global media relations and crisis communication di Eni
80 MILIONI ALLA SOCIETA' DI AMARA
Saul Caia per il Fatto Quotidiano
Ottanta milioni di euro. È la cifra che Eni avrebbe versato alla Napag Italia Srl e alla Napag Trading Limited, le società che farebbero capo all' imprenditore calabrese F.M., ma di cui l' avvocato Piero Amara sarebbe, secondo i magistrati, il vero "dominus". Le somme sono state scoperte dalla Procura di Roma e dalla Guardia di Finanza nel corso di due perquisizioni, tra luglio 2018 e febbraio 2019, presso lo studio di Amara a via della Frezza.
Negli ultimi vent' anni è stato legale esterno di punta del colosso petrolifero, indagato a Milano per aver cercato di depistare l' inchiesta sulle presunte mazzette pagate da Eni in Nigeria.
L' indagine è stata ferma per alcuni mesi nella capitale, prima di essere trasferita per competenza a Milano. Il pool coordinato dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, e dai pm Laura Pedio e Paolo Storari, giovedì scorso ha disposto la terza perquisizione negli uffici Napag, che nel frattempo ha cambiato sede.
Amara è indagato, insieme ad "altre persone", per "induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all' autorità giudiziaria", e per "autoriciclaggio".
L' accusa ritiene che Amara, tramite la Napag, avrebbe stipulato un "fittizio contratto di compravendita", di 25 milioni di euro, con la Eni Trading Shipping (Ets), società del colosso petrolifero che si occupa della compravendita di petrolio e gas, già presieduta da Massimo Mantovani, capo dell' area legale del colosso energetico. L' operazione prevedeva l' acquisto, da parte di Eni, di "polietilene ad alta densità" (Hdpe) da Napag attraverso un bonifico presso la Banca Mediolanum, filiale di Basiglio (Milano).
Operazione avvenuta il 27 aprile 2018, nel periodo in cui Amara era detenuto a Rebibbia. Secondo i magistrati, i soldi sarebbero serviti per compare il "silenzio" dell' avvocato, evitando così il possibile "coinvolgimento dei vertici Eni nell' attività di inquinamento probatorio" messa in piedi con l' invio di esposti anonimi alle Procure di Trani e Siracusa, permettendo di aprire un' indagine parallela che potesse indebolire l' inchiesta milanese per corruzione internazionale nell' ambito dell' acquisto del giacimento nigeriano Opl245, che vede indagati l' ad di Eni, Claudio Descalzi e l' ex Paolo Scaroni. La Napag inoltre, con i soldi di Eni, avrebbe "acquistato le quote di un impianto petrolchimico iraniano", denominato "Mehr petrolchemical Company".
L' inchiesta madre inizia a Roma, dove i magistrati scoprono un vero e proprio "sistema" architettato da Amara per comprare giudici e magistrati ordinari, amministrativi (fino al Consiglio di Stato) e pilotare sentenze e fascicoli. L' avvocato ha già patteggiato a Roma una condanna a 3 anni per corruzione in atti giudiziari, e la sua collaborazione con la giustizia ha permesso di aprire nuovi filoni d' indagine.
EMMA MARCEGAGLIA CLAUDIO DESCALZI
Sull' accusa della Procura di Milano, Salvino Mondello, difensore di Amara non ha dubbi: "Il contratto di acquisto tra Eni e Napag è certamente vero.
L' avvocato è estraneo alla vicenda, la Napag non è sua e non ha ricevuto 25 milioni per il suo silenzio". Eppure nel pc di Amara, dopo gli accertamenti degli inquirenti romani, risultava la "proposta contrattuale" per l' affitto della nuova sede di Napag, stipulata pochi giorni prima del suo arresto.
Marie Madeleine Ingoba moglie di Claudio Descalzi
Eni "esclude di aver inteso o dato corso ad azioni volte ad influenzare il comportamento processuale dell' avvocato Amara". E conferma di aver avviato "indagini interne" con il "gruppo Napag" e "di essere la parte lesa" rispetto alle "ipotesi inerenti presunti depistaggi delle attività investigative".
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