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Ettore Livini per La Repubblica
Alitalia e l'Italia tendono un doppio ramoscello d'ulivo a Etihad, in attesa della lettera (segnalata in arrivo a ore) in cui gli emiri scopriranno le loro carte. Annunciando se intendono riaprire le trattative per rilevare una quota della ex-compagnia di bandiera o se la partita è definitivamente chiusa.
Il primo segnale di fumo verso il Golfo l'ha lanciato in mattinata il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi intervenendo a " Repubblica Tv": «Alitalia ed Etihad sono complementari - ha detto -. La trattativa è tra due privati, ma il governo - ha garantito - darà il suo sostegno per le prospettive strategiche e la tutela dell'occupazione ».
Altri segnali di buona volontà arrivano dal fronte sindacale. L'azienda ha convocato i rappresentanti dei lavoratori per martedì prossimo. E in quell'occasione, dopo uno stallo che durava da mesi, di riprenderà a discutere di come tagliare i costi. Di esuberi, per ora, non vuol parlare nessuno, malgrado Etihad, secondo le indiscrezioni, abbia chiesto una riduzione degli organici di 2-3 mila dipendenti. «Ho letto cose che non ho mai visto nei documenti ufficiali, comprese quelle relative a un numero di eccedenze enorme», ha ricordato Lupi.
Sulla stessa onda il leader della Cgil Susanna Camusso che due giorni fa ha incontrato il numero uno di Alitalia Gabriele Del Torchio assieme agli altri leader sindacali: «L'ad non ci ha prospettato degli esuberi - ha spiegato -. Come è noto sul tema dell'occupazione c'è un accordo in essere, con l'utilizzo di contratti di solidarietà e della cassa integrazione a rotazione». Nessuna chiusura, insomma, anche perché a questo punto anche i sindacati hanno capito che senza l'alleanza con gli emiri la situazione di Alitalia tornerebbe in alto mare. E di soldi in cassa non ce ne sono più molti.
Difficile che i soci attuali possano aprire di nuovo il portafoglio. Le Poste Italiane, per dire, entrate da pochi mesi nell'azionariato con un investimento di 75 milioni, hanno già le loro belle gatte da pelare con la Mistral Air, la compagnia cargo che controllato. La società ha chiuso il 2013 con ricavi in calo a 103 milioni e un passivo di 7,4. E il gruppo pubblico è stato costretto a staccare un assegno da 10 milioni per ripatrimonializzarla. A tappare il buco non è bastata nemmeno l'attività collaterale dei pellegrinaggi.
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