DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto dell'articolo di Camilla Conti per "la Verità"
C’era una volta la locomotiva d’Europa che ora fa i conti con una produzione industriale ingolfata. C’erano una volta le rigorose banche tedesche che poi hanno scoperto la mina dei derivati e hanno dovuto correre ai ripari con massicci piani di risanamento. Ci sono sempre, invece, i pasdaran dell’austerity che dai piani alti della Bundesbank spingono per continuare con i rialzi dei tassi. Ma anche i falchi rischiano di diventare piccioni se le cose si mettono male.
[…] Ieri il Financial Times, e anche il Telegraph, hanno rilanciato un rapporto dell’ufficio di controllo federale tedesco secondo cui la Buba potrebbe aver bisogno di un piano di salvataggio per coprire le perdite derivanti dal programma di acquisto di obbligazioni della Bce che sono state «sostanziali» e «potrebbero richiedere una ricapitalizzazione con fondi di bilancio».
Parliamo, secondo il Telegraph, di 650 miliardi di euro che «mettono in dubbio il programma di acquisto del settore pubblico della Bce». I forti aumenti dei tassi da parte di Francoforte hanno fatto sì che la Bundesbank abbia subito un calo di 1 miliardo sulle sue partecipazioni obbligazionarie solo lo scorso anno.
Questo perché la Banca centrale ora sta pagando più interessi alle banche commerciali sui depositi presso la Bundesbank rispetto agli interessi che guadagna sulle sue scorte di obbligazioni.
La Banca centrale tedesca ha subito ammesso che il suo bilancio sarà «considerevolmente» appesantito in futuro dal rapido e forte aumento dei tassi di interesse in relazione alle grandi posizioni obbligazionarie. Nel 2023 le riserve finanziarie sono ancora sufficienti, ma successivamente gli oneri potrebbero temporaneamente superare le riserve.
ursula von der leyen olaf scholz
[…] Tuttavia, la Buba ieri ha sottolineato che questo non causerebbe necessariamente una ricapitalizzazione da parte del governo federale, che il bilancio è solido, che dispone di considerevoli fondi propri e che le eventuali perdite potrebbero essere compensate con profitti futuri.
Di certo, a giugno l’indice Ifo - il più importante indicatore anticipatore della Germania - è sceso oltre le stime a 88,4 punti dai 91,5 punti registrati in maggio. Per il mese che si sta per chiudere era previsto infatti un calo a 90,7 punti. […]
La sensazione che la Germania sia destinata a un periodo più lungo di crescita modesta sembra aver raggiunto le imprese. Oltre al calo dell’Ifo, anche gli altri indicatori anticipatori del settore manifatturiero puntano chiaramente al ribasso, secondo gli economisti di Commerzbank. Che confermano la previsione che «l’economia tedesca si contrarrà nuovamente nella seconda metà dell’anno», suggerendo che le stime economiche ancora troppo ottimistiche di molti esperti saranno probabilmente riviste ulteriormente al ribasso.
URSULA VON DER LEYEN OLAF SCHOLZ
Nel frattempo, un altro allarme è suonato nei caveau della Deutsche bank. La big del credito ha infatti avvertito i suoi clienti che non sarà in grado di garantire il pieno accesso a tutti i loro titoli con ricevute di deposito russe. In una nota del 9 giugno, l’istituto indica di aver riscontrato un ammanco nelle ricevute di deposito emesse prima dell’invasione dell’Ucraina.
I titoli erano stati depositati presso una banca russa, secondo quanto riporta l’agenzia Reuters. Nella nota, Deutsche bank attribuisce l’ammanco a una decisione unilaterale da parte del governo di Mosca, che avrebbe consentito agli investitori di convertire i titoli in valuta locale «senza il coinvolgimento o la supervisione» della banca tedesca.
I titoli interessati sono quelli della compagnia aerea nazionale Aeroflot, dell’impresa di costruzioni Lsr group, della compagnia mineraria e siderurgica Mechel e della Novolipetsk steel. Nella sua circolare, Deutsche bank ha dichiarato che se fosse stata in grado di riconciliare i propri libri contabili in un secondo momento, avrebbe cercato di restituire le azioni ai legittimi proprietari, pur avvertendo che il ricavato netto delle vendite sarà probabilmente «sostanzialmente inferiore» all’attuale prezzo di mercato.
Gli allarmi tedeschi suonano proprio mentre si discute di riforma del Mes, che prevede di fornire una rete di sicurezza finanziaria (backstop) al Fondo di risoluzione unico nell’ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie. In altre parole da strumento di assistenza agli Stati, il Mes entra in gioco anche nelle crisi del credito, passaggio centrale per completare l’Unione bancaria.
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