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LA “MELA” SI E’ BACATA - APPLE CADE IN BORSA ANCHE PERCHE’ HA ABDICATO AL SUO RUOLO DI PIONIERE DELL’INNOVAZIONE - IL GRUPPO SI E’ LIMITATO A COSTRUIRE UNA REGGIA DA SEI MILIARDI DI DOLLARI A CUPERTINO E A RITOCCARE VERSO L'ALTO I PREZZI DELL'IPHONE OFFRENDO SOLO MIGLIORAMENTI INCREMENTALI E QUALCHE SOLUZIONE ESTETICA - E INTANTO GOOGLE, FACEBOOK, SPOTIFY E NETFLIX...
Jaime D’Alessandro per “Affari & Finanza - la Repubblica”
Un tonfo sonoro, di quelli che lasciano il segno. Soprattutto di quelli che indicano un problema di fondo grosso. La Apple di Tim Cook frana in borsa e prende atto che il suo solo prodotto di grande successo, l'iPhone, non va più come prima. I segnali c' erano già da tempo, così come il rallentamento dell'intero settore che a febbraio scorso ha segnato il primo calo della sua storia.
L'azienda cofondata da Steve Jobs ha sempre puntato sulla sua identità da innovatrice ribelle, un marchio di fabbrica nel quale tanti consumatori si riconoscevano. Cook, da quando nel 2011 è diventato amministratore delegato, ha cambiato quell'immagine facendo diventare la mela sinonimo di lusso. E ha plasmato l'azienda assumendo persone come Angela Ahrendts, ex gran capo di Burberry, rallentando sperimentazioni e riducendo a zero le nuove idee.
Ha funzionato, almeno per qualche anno. Pensare di poter imitare la moda a lungo andare però è stato un errore: un capo di Prada, Chanel, Hermes, ha una vita media molto più lunga di quella di uno smartphone, dunque si è disposti a spendere di più. Nei telefoni poi il valore è dato anche dalle funzioni e dalle caratteristiche tecniche e in entrambi i campi gli iPhone non primeggiano come all'inizio.
Luca Maestri, direttore finanziario di Apple ha aiutato con i suoi giochi di prestigio a far aumentare il valore della multinazionale a livelli mai visti prima, complice anche l'elusione sistematica delle tasse. E così Cook e compagni hanno tralasciato un aspetto chiave che era stato invece l'asso nella manica della Apple di Jobs, il dettare l'agenda dell'innovazione, e si sono invece limitati a costruire una reggia ermetica da sei miliardi di dollari a Cupertino e a ritoccare verso l'alto i prezzi dell' iPhone offrendo solo miglioramenti incrementali, qualche soluzione estetica, idee di altri rivedute e spesso corrette.
Fino ad accorgersi, con colpevole ritardo, che il tempo speso dai loro clienti su iPhone e iPad erano oramai nelle mani di Google, Facebook, Spotify, Netflix. Tim Cook ha provato a rimediare, si pensi ad Apple Music, ma senza riuscirci. Sarebbe però inclemente e comunque prematuro paragonare la Apple alla Nokia, ma certo l'azienda dovrà cambiare e non poco. Le difficoltà in Cina sono solo una parte del problema: per riconquistare la vetta, l' azienda, un tempo guidata da Steve Jobs, dovrà in primo luogo tornare a dire qualcosa di interessante.
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