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Claudia Guasco per “il Messaggero”
L'impianto accusatorio della procura di Milano nel processo sul presunto pagamento di tangenti in Algeria regge solo a metà: assoluzione piena per Eni, per l' allora amministratore delegato Paolo Scaroni e per il manager del gruppo Antonio Vella.
Condanna invece per Saipem, controllata dall' Eni al 30%, e pene dai 4 anni e un mese ai 5 anni e 5 mesi per tre ex dirigenti della società, Pietro Varone, Alessandro Bernini e Pietro Tali.
A carico di Saipem c' è una multa da 400 mila euro e la confisca di 197 milioni, ritenuto l' ammontare dell' ipotizzata mazzetta.
CONTINUITÀ CON IL GUP
paolo scaroni and denis sassou nguesso eni
Dunque Scaroni, ha stabilito la Corte, non è colpevole di corruzione internazionale. «Sono felice della decisione del tribunale di Milano. Devo dire che sono sempre stato sereno e ho sempre avuto fiducia nel lavoro dei giudici.
Del resto questa sentenza si pone in continuità con quella di non luogo a procedere del gup che già mi aveva assolto sulla stessa vicenda». Davanti alla Quarta sezione, presieduta da Giulia Turri, l' ex ad dell' Eni e oggi presidente del Milan era imputato per una tangente in Algeria finalizzata a far ottenere a Saipem contratti nel Paese nordafricano e per supposte irregolarità nell' acquisto della società canadese First Calgary Petroleums Ltd da parte di Eni nel 2008.
Il pm Isidoro Palma aveva chiesto una condanna a sei anni e quattro mesi, il collegio lo ha pienamente scagiona dalle accuse: in merito ai contratti di Saipem, Scaroni è stato assolto «per non aver commesso il fatto» e per il caso First Calgary «perché il fatto non sussiste». Estranea anche l' Eni, imputata per la legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti, che «prende atto con soddisfazione della decisione di assoluzione perché il fatto non sussiste».
La sentenza, si legge in una nota del gruppo, «conferma la decisione di proscioglimento presa nel 2015 dal gup del tribunale di Milano e sancisce l' estraneità della società e del management alle presunte condotte illecite oggetto del processo».
Avvalorando inoltre «gli esiti delle verifiche promosse dalla società e realizzate da soggetti terzi indipendenti sulle attività oggetto di giudizio, verifiche che escludevano già all' epoca qualsiasi coinvolgimento dell' Eni e del suo management in relazione a condotte illecite o corruttive».
SOCIETÀ DI HONG KONG
Secondo i giudici, in sostanza, Saipem (che annuncia ricorso) e i suoi ex manager avrebbero pagato oltre 197 milioni di euro di tangenti in Algeria per ottenere appalti per 8 miliardi di euro, mentre l' operazione su First Calgary del 2008 da circa 923 milioni di dollari canadesi non sarebbe stata viziata da corruzione.
Inoltre Scaroni e Vella non hanno avuto alcun ruolo nelle trattative per far ottenere a Saipem i contratti in nord Africa, come invece sostenuto dai magistrati titolari del fascicolo. Alla stessa conclusione era giunto nell' ottobre 2015 il gup Alessandra Clemente ma poi, su ricorso della procura, la corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, mandando a processo i manager e l' Eni e aggiungendo una contestazione anche agli altri imputati coinvolti nel caso Saipem.
Per la «corruzione internazionale» di politici algerini, tra cui l' allora ministro dell' Energia Chekib Khelil (sposato con una sorella del leader palestinese Arafat), condanna anche per il franco-algerino Farid Bedjaoui (5 anni e 5 mesi): considerato il fiduciario dell' allora ministro algerino dell' Energia Chekib Khelil, tramite la sua società di Hong Kong «Pearl Partners Ltd» avrebbe incassato la presunta tangente sotto forma di consulenze.
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