AT&T VA A CACCIA GROSSA IN EUROPA - LA PREDA PIÙ AMBITA È VODAFONE, PIENA DI CONTANTI DOPO IL DIVORZIO DA VERIZON

Gianluca Paolucci per "La Stampa"

At&t, il colosso Usa delle telecomunicazioni, è a caccia di opportunità in Europa. Nei giorni scorsi il presidente e amministratore delegato del gruppo statunitense, Randall Stephenson, avrebbe incontrato anche il commissario europeo alla concorrenza, Joaquin Almunia, per sondare il terreno con le autorità di Bruxelles sulle opportunità d'investimento nel Vecchio Continente. L'interesse di At&t per il mercato europeo è noto da tempo. Nel mirino degli americani sembrerebbe esserci, secondo le indiscrezioni di mercato, la britannica Vodafone.

Reduce dalla rottura della joint venture con Verizon Wireless, il gruppo guidato da Vittorio Colao si troverà in cassa 100 miliardi. Che al netto della annunciata redistribuzione agli azionisti resteranno comunque circa 30. Una somma enorme, che espone, spiega un analista, la società attiva anche in Italia al rischio di un takeover da un soggetto come At&t. Anche perché il costo di un'acquisizione sarebbe pari a circa 100 miliardi di euro (80 miliardi sterline). Ovvero, quanto Vodafone incasserà da Verizon.

Rendendo di fatto l'acquisto «pagato» con la cassa di Vodafone, un gruppo attivo in mercati maturi ma ancora attraenti come Gran Bretagna, Italia, Germania e mercati a rapida crescita come India e Africa. Ma se le simulazioni sui numeri tengono banco da qualche giorno nei report degli analisti, l'incontro tra il numero uno di At&t e Almunia fa compiere alla storia un salto di qualità.

Il gruppo americano era stato, nel 2007, ad un passo dal comprare Telecom Italia dalla Pirelli di Marco Tronchetti Provera. Un'operazione fermata ad un passo dalla firma dall'intervento del governo italiano, che non vedeva di buon occhio un proprietario straniero per un asset «strategico» come il gruppo tlc.

Di lì l'intervento dei soci finanziari Intesa Sanpaolo, Generali e Mediobanca, con l'ingresso del gruppo spagnola Telefonica in posizione di minoranza. Un problema che nel contesto attuale non sembra essere più una preoccupazione, anche perché i soci Telco sarebbero ben contenti di liberarsi di un fardello ormai ingombrante, con la scatola Telco che ha patrimonio netto negativo e necessiterebbe, salvo interventi diversi come lo scioglimento della società e il trasferimento delle quote ai soci, che diventerebbero azionisti diretti - di un aumento di capitale.

Concetto espresso con chiarezza da Enrico Cucchiani, ad di Intesa Sanpaolo, secondo il quale la nazionalità di un eventuale nuovo socio «non è un fattore fondamentale». Per la disdetta del patto Telco c'è tempo fino al 28 settembre. Ma l'interesse degli americani, secondo quanto ricostruito, non riguarderebbe, almeno per ora, la società italiana guidata da Franco Bernabè. Lo stesso Bernabè che ha voluto chiarire, ieri, che Telecom «non è oggetto di scambio, vendita o acquisto». E che comunque più che di un socio Telecom ha bisogno di un progetto industriale.

Di certo chi si è fatto avanti anche in tempi recenti è il magnate egiziano Naguib Sawiris. forte di una plusvalenza di 3,5 miliardi realizzata con la vendita di Wind, è da tempo alla ricerca di investimenti in Europa. E conosce bene tanto l'Italia quanto il mercato della telefonia.

A dirimere la partita potrebbe però essere Telefonica. Candidato «naturale» all'acquisizione, Telefonica non avrebbe però al momento nessuna intenzione di farsi avanti. Nell'attesa di chiarire il futuro assetto del gruppo, Bernabè illustrarà la sua strategia ai soci forti in un cda programmato per il prossimo 19 settembre.

 

 

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