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Francesco Spini per "la Stampa"
Il primo colpo di cannone della prossima stagione di risiko bancario è stato sparato. E arriva dal Veneto. Dopo le operazioni avviate nel 2013 (per un totale di 600 milioni al 2015), la Popolare di Vicenza annuncia un nuovo doppio aumento di capitale fino a un miliardo di euro. à un'operazione in due tempi: dapprima una tranche da 700 milioni riservata ai soci storici, da raccogliersi a luglio, al limite a settembre; quindi un'altra da 300 milioni destinata a nuovi soci che avrà tempi assai più lunghi, anche oltre un anno.
La finalità però è chiara. Anzitutto «acquisire - si legge in un comunicato della banca presieduta da Gianni Zonin - le risorse patrimoniali necessarie per cogliere eventuali opportunità di crescita», quindi per «raggiungere i migliori standard» nei ratio patrimoniali «in vista del prossimo passaggio alla vigilanza della Banca centrale europea».
Ora la banca è al 9% di Core Tier 1, «arriveremo oltre il 12,5%», dice il direttore generale Samuele Sorato. Insomma Vicenza rompe gli indugi nel prepararsi a prossime nozze, sottolineando la centralità di Banca d'Italia nelle soluzioni che si delineeranno.
L'obiettivo numero uno è a 50 chilometri di distanza e si chiama Veneto Banca, istituto con sede a Montebelluna, provincia di Treviso, e che soffre di anemia patrimoniale, visto il suo Core Tier 1 al 7,2%. Ma non è la sola preda.
Come spiega il presidente Zonin, la banca «sta studiando diversi dossier» per crescere e che coinvolgono, ad esempio, Banca Etruria, altra banca bisognosa di sistemazione visto che oltre il 31% dei crediti è deteriorato. La Popolare di Vicenza ha manifestato il proprio interesse e attende, a giorni, di accedere alla data room, in competizione alla Popolare dell'Emilia Romagna, che pure ha presentato un'offerta non vincolante finalizzata a vedere i numeri. Ma l'elenco dei target della Vicenza non è finito.
Giorni fa, sempre Zonin, non aveva escluso, anzi, un intervento sulla Popolare di Marostica, altra banca su cui è dovuta intervenire la Banca d'Italia. Sul mercato si parla anche di un possibile polo che vedrebbe la Vicenza riunire le popolari Veneto, Etruria e Marostica (più 15 sportelli che Vicenza sta comperando dalla Cassa di Risparmio di Ferrara). E già si calcolano gli esuberi: si tratterebbe di mille lavoratori.
Nonostante Banca d'Italia veda di buon occhio il matrimonio almeno con Veneto Banca, a Montebelluna preparano le barricate. Per rafforzare i coefficienti patrimoniali, l'ad Vincenzo Consoli e il cda avevano deciso di ad anticipare la conversione del soft mandatory da 350 milioni, a cui aggiungere, entro aprile, la vendita di Bim.
Ma, secondo indiscrezioni, al posto della conversione anticipata, sarebbe allo studio un aumento di capitale da 500 milioni su cui si deciderà nei prossimi giorni. Sarebbe un ulteriore scudo contro una fusione che in banca ha molti avversari. «Siamo determinati a salvaguardare l'indipendenza», dice il segretario generale Fiba-Cisl della banca, Massimiliano Paglini, preoccupato per gli esuberi che deriverebbero dalle sovrapposizioni ma anche per i contraccolpi sul territorio.
Non sarà facile, ma se son rose fioriranno entro l'anno. Zonin dice che la strada non è ancora definita, lo sarà dopo l'assemblea. Per ora punta a sondare «le opportunità che si possono creare per una presenza davvero nazionale del nostro istituto». E assicura che «non abbiamo mai pensato a Opa che spesso sono ostili». E che quindi «non si lanciano sulle consorelle popolari».
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