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Carlo Tecce per "il Fatto Quotidiano"
Chi ha protetto la "banda del cinque per cento"? Le operazioni spericolate di Gianluca Baldassarri, ex capo per la finanza di Mps e di Matteo Pontone, ex responsabile per le filiali londinesi. Per capire va seguita la ribellione di Antonio Rizzo, ex funzionario di Dresdner, in arte Superbonus per i lettori del Fatto Quotidiano. E per sentirsi dentro un racconto senza un finale preciso - un racconto che domani ascolteranno i magistrati di Siena che hanno convocato Rizzo - va immaginato il lussuoso ristorante di Hyatt Hotel di Milano, lì dove le guglie del Duomo si specchiano sui vetri sottili.
Autunno 2008. Rizzo incontra a cena Michele Cortese, che vende i prodotti finanziari di Dresdner, una banca d'affari tedesca. Cortese aveva invitato Rizzo a un faccia a faccia serale perché aveva saputo i suoi sospetti - e la sua denuncia all'organismo di vigilanza interno - su una transazione con il Monte dei Paschi. Ai tedeschi tornava un derivato di 120 milioni di euro da ristrutturare, ma uscivano 600 mila euro per una società svizzera con sede a Lugano: la Lutifin. Rizzo e Cortese s'incrociano, quasi in maniera involontaria, negli uffici milanesi di Dresdner. Cortese rassicura Rizzo: "Stasera ci vediamo a cena, ti spiego un po' di cose".
Tavolo per due, luci basse. Rizzo tiene in tasca un registratore , così consigliano gli avvocati, e non va per concetti astratti: "Questa Lutifin ci serve per chiudere l'affare o c'è qualcuno dei nostri che si prende la stecca?". Cortese non si scompone, vuole rivendicare la parziale estraneità dei tedeschi, che non ci guadagnano, ma che anzi ci rimettono: "Per mia conoscenza, per lavorare con Monte dei Paschi si pagano Baldassarri e Pontone. La chiamano la banda del cinque per cento".
Rizzo è ancora convinto che l'anomalia di quei 600 mila euro sia un tasto sensibile per i tedeschi, perché a ogni sua domanda, rispondono di fare silenzio: "Ma sei sicuro? A me dicono che Baldassarri sia una persona onesta". Cortese smentisce: "No, lo sanno tutti a Londra che Baldassarri ha una persona, ex Monte dei Paschi, per fare esattamente questo". Resta Pontone, Rizzo non riesce a ricostruire le trame: "Cosa c'entra Pontone?".
Anche qui, Cortese non si fa trovare impreparato: "C'entra perché il book dei derivati di Mps l'hanno spostato a Londra per non dare troppo nell'occhio". Ora che il collega ha condiviso i timori, e di fatto li ha confermati, il nostro Superbonus gli propone di agire insieme: "Questa faccenda andrebbe denunciata al nostro organismo di vigilanza, non credi?".
Cortese non c'entra nulla con Baldassarri e Pontone, ma ricorda i meccanismi di Dresdner: "Da quello che mi dicono è meglio di no perché gli interessi che girano sono troppo grossi e quindi la nostra banca potrebbe ritorcersi contro". Cortese non ha torto. Rizzo è stato costretto a lasciare l'incarico e il suo superiore Lorenzo Cutolo, in un'altra conversazione registrata e allegata all'inchiesta già partita a Milano su Lutifin, ci ha provato ad alzare la voce:
"L'operazione è assurda - dice a Superbonus negli uffici che guardano la Borsa di Milano - non ci sono giustificazioni per i 600 mila euro a Lutifin. Stai attento a Steffen Gunther (capo europeo di Dresdner) mi ha detto che se avessi fatto casini mi avrebbe licenziato". Dresdner ha provato a cacciare Rizzo come testimonia un'email inviata da Gianluca Garbi a Gunther.
Garbi è amministratore delegato di Banca Sistema, spesso è ospite di Ballarò, all'epoca dei fatti era il responsabile italiano di Dresdner per il settore pubblico. In questa email, che il Fatto ha visionato, Garbi suggerisce a Gunther come licenziare Rizzo nonostante gli avvocati non riescano a creare un appiglio per farlo. Garbi vuole la ritorsione, teme Rizzo perché ha svelato le malefatte di Dresdner con Monte dei Paschi. Non si sbagliava.
ANTONIO RIZZODRESDNER BANKLogo Dresdner Banklutifingianluca baldassarri GIANLUCA GARBI
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