RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Riceviamo e pubblichiamo:
Caro Dago,
contrariamente a quello che avete scritto, Marina Berlusconi ritiene un’idea totalmente senza senso quella di vendere Mediaset. E di conseguenza non ha mai fatto alcuna pressione di alcun genere sul padre.
Cordiali saluti,
Ufficio Stampa Fininvest
1. MARINA B. PREME IL PADRE: VENDI MEDIASET, DA QUI IN POI SI PUÒ SOLO CALARE
DAGONEWS - Marina B., figlia prediletta del Cavaliere, preme per vendere Mediaset il prima possibile. L'azienda è sana, viene dal trionfo dei Mondiali, fa ascolti anche nel ginepraio dei canali ''minori'' del digitale terrestre, e si sta liberando del macigno Premium. Certo, non come avrebbe voluto, ovvero smollandolo a Bolloré a caro prezzo. Quel piano si è infranto quando gli altri soci Vivendi hanno visto i conti della pay tv e de Puyfontaine ha detto ''mi avevate promesso una Ferrari, mi sono ritrovato una Punto''.
Di sicuro, meglio di così è difficile che vada: davanti al Biscione ci sono molte strade, e quasi nessuna è illuminata. Netflix e le altre dello streaming rosicchiano spazio, i grillini al governo promettono sfracelli sulle quote pubblicitarie, e Sky è diventata di fatto monopolista del calcio e del settore ''alto''.
CONFALONIERI PIERSILVIO BERLUSCONI
Come se non bastasse, ormai l'azienda non è più strumentale alla battaglia politica del padre. Forza Italia è in crisi, Silvio tradito da Salvini non ha più la forza o la voglia di ripartire per l'ennesima campagna di riconquista del consenso (ma non è mai una decisione definitiva: chi ha scommesso sulla fine di B. finora ha sempre perso). Insomma, non è detto che sarà nell'ambito di quella ''Netflix del Sud Europa'' sognata da Bolloré, visto che la battaglia giuridica ed economica col finanziere bretone è ancora aperta, ma il destino pare segnato.
PIERSILVIO BERLUSCONI E FEDELE CONFALONIERI
2. BERLUSCONI RADUNA I DIRIGENTI: ACCORDO SU PREMIUM
Andrea Biondi per ''Il Sole 24 Ore''
La parola definitiva Pier Silvio Berlusconi l' ha detta lunedì, nel corso di una riunione convocata ad hoc con la sua prima linea. A quanto ricostruito dal Sole 24 Ore, parlando con i suoi più stretti collaboratori il vicepresidente e amministratore delegato di Mediaset ha dato ufficialità all' intenzione di esercitare l' opzione di cessione a Sky della società R2: la cessione della "piattaforma" su cui gira Premium. Come anticipato sul Sole 24 Ore di venerdì scorso, la finestra per l' opzione si apre l' 1 novembre e l' intenzione di Mediaset sarebbe di esercitarla subito o comunque nei primi giorni del mese.
«Ultima tappa, missione compiuta» ha esordito Pier Silvio Berlusconi davanti ai suoi collaboratori. La cessione della R2 controllata al 100% da Mediaset, avrebbe spiegato l' ad ai suoi, va inquadrata come l' ultima tappa di un processo che ha visto il cambiamento radicale dell' assetto di Premium, nel solco di quella digital transformation della pay tv annunciata nel piano "Mediaset 2020" di Londra, necessario «dopo il dannosissimo voltafaccia di Vivendi».
In effetti, Premium nel 2016 era stata ceduta al 100% e inserita nell' orbita di Vivendi-Telecom. Ma dopo la rottura a sorpresa, Mediaset ha dovuto correre ai ripari in emergenza lanciando a Londra il progetto "light pay tv" con la possibilità di rinunciare al calcio. Cosa diventata realtà dopo la conquista da parte di Sky dei diritti per la Champions ed Europa League per il triennio 2018-2021 e, ancora di più, dopo l' asta dei diritti per la Serie A con condizioni giudicate da Cologno troppo dure.
Risultato: la fuga dal calcio pay per Mediaset è diventata realtà ed è iniziato il "reshaping" della pay tv.
Durante la riunione l' ad di Mediaset sarebbe poi stato didascalico anche con i suoi collaboratori nel ripetere il perimetro in cui ci si muove, con una vendita che non riguarda Premium, ma l' infrastruttura su cui poggia il tutto. Mediaset, insomma, resta editore dei canali cinema e serie a pagamento visibili su tutte le piattaforme e continuerà ad avere la titolarità degli abbonati. Quello di cui il Biscione non si occuperà più è la parte gestionale.
Il tutto all' interno di un accordo complessivo, siglato il 30 marzo, con vantaggi per Mediaset come per Sky. I canali di cinema e serie Premium sono diventati visibili sulla piattaforma Sky e i canali free di Mediaset lo diventeranno da gennaio 2019 (Canale 5 lo è già). Il che significa più prodotto per gli abbonati Sky e maggiore audience per Cologno oltre ai benefici economici (impatto positivo sull' Ebit per 60-70 milioni l' anno). Sky, dal canto suo, ha potuto lanciare la sua offerta sul digitale terrestre e con un reverse outsourcing agreement passerà a ospitare l' offerta pay di Premium dopo il closing. Conditio sine qua non è comunque l' ok incondizionato dell' Antitrust. E il passaggio è variabile sicuramente delicata.
L' ad Mediaset con i suoi ha intanto parlato di «un' operazione virtuosa» con effetti positivi sul bilancio consolidato di Mediaset «senza impatti né sull' occupazione né sui nostri abbonati». In questo modo «l' area Premium chiuderà il 2018 con risultati molto migliori del previsto». Raggiungendo «già nel 2019 l' equilibrio definitivo promesso al mercato per il 2020». Il che, dalle parole dell' ad Mediaset, sembrerebbe voler dire il tanto atteso break even.
3. MEDIASET PUNTA SUI DANNI CONTRO VIVENDI
Da ''Il Sole 24 Ore''
Mediaset rinuncia a chiedere a Vivendi l' esecuzione del contratto su Premium. Come era ovvio, del resto, dopo che questa primavera, a due anni dall' accordo disatteso con i francesi, il Biscione ha deciso di risolvere la questione della pay-tv con uno scambio di contenuti e la cessione della piattaforma infrastrutturale a Sky.
Nelle memorie depositate quest' estate per la causa in corso con Vivendi, i legali di Mediaset hanno di fatto aggiornato le rivendicazioni, alla luce delle risoluzioni aziendali, soprassedendo sulla prima richiesta - che era appunto l' esecuzione del contratto - e passando direttamente alla pretesa di risarcimento danni che, insieme con quella di Fininvest, arriverebbe intorno ai 3 miliardi.
I rapporti con Vivendi restano relegati perciò al piano del contenzioso, dopo i tentativi andati a vuoto di riformulare un' intesa che coinvolgesse anche Telecom. Non avrebbe prodotto risultati neanche l' ultimo tentativo di mediazione a opera di Tarak Ben Ammar che era stato il sensale dell' accordo definito nel contratto dell' 8 aprile 2016 che, oltre al passaggio di Premium a Vivendi, prevedeva uno scambio azionario del 3,5% tra i due gruppi.
L' udienza al Tribunale civile di Milano, che doveva tenersi il 23 ottobre, è slittata al 4 dicembre (ore 12.15) per concedere più tempo al giudice Daniela Marconi, che è subentrata al collega Vincenzo Perozziello, ritiratosi in pensione. La causa è seguita per Mediaset dallo studio Mariconda e per Vivendi da Giuseppe Scassellati, partner dello studio Cleary Gottlieb.
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