DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
- Cairo in tackle sui diritti tv
Marco Iaria per la Gazzetta dello Sport
L' altro ieri l' asta dei diritti tv della Serie A per il triennio 2018-21 è andata praticamente deserta, con le sole Sky e Perform a presentare buste, per un totale di 600 milioni contro il miliardo atteso, e le grandi assenti Mediaset e Telecom. Bando da rifare, dopo l' estate, e l' allarme che risuona forte nelle stanze della Lega, visto che i soldi delle televisioni tengono in vita il calcio italiano. Ma Urbano Cairo, nella doppia veste di imprenditore di calcio (Torino) e media (La7, Rcs, Cairo Communication), professa ottimismo.
«Non sono affatto preoccupato, siamo in una botte di ferro perché abbiamo in mano un prodotto straordinario che è il campionato di Serie A e riusciremo a venderlo incassando di più del passato. E se non lo acquisteranno gli operatori ci penseremo noi ad aprire il canale della Lega».
Presidente Cairo, partiamo dalla fine. Perché l' asta dei diritti domestici si è rivelata un flop?
«Cominciamo col dire che la Serie A non vale 600 milioni.
Su alcuni pacchetti non sono arrivate buste, Sky ha offerto circa 500 milioni, nemmeno un centinaio in meno del 2015-18. Sky, che è brava a fare il suo mestiere, si è presentata e ha occupato uno spazio. Mediaset no, forse preferiva che il bando fosse posticipato per chiarire le sue strategie. Abbiamo venduto per piattaforma, può darsi che il modello vada ripensato adottando la vendita per prodotto, quindi per esclusiva. Si tratta di vedere qual è il sistema migliore per massimizzare i ricavi. A ogni modo, la realtà è che il valore del calcio in Italia è superiore a quello pagato nell' ultimo triennio».
Cosa glielo fa pensare?
«Il calcio sta crescendo in tutti i Paesi, Inghilterra, Germania, Spagna. Non è che in Italia non debba fare lo stesso percorso. Il nostro sport è in una fase espansiva, dalla Cina all' America, perché ha un appeal straordinario anche per la semplicità e l' immediatezza nel praticarlo. Chiunque si può mettere in strada e improvvisare una partita. Certo, dobbiamo saperlo vendere bene».
Non la preoccupano le incertezze del mercato italiano dei media, con il contenzioso in atto tra Vivendi e Mediaset che di riflesso influenza i piani di Telecom, controllata di fatto dai francesi?
«No perché c' è un momento in cui le cose vanno fatte e si faranno. Prima o poi avremo una chiarezza sullo scenario competitivo. Sicuramente le piattaforme non possono fare a meno del calcio, che è la killer application delle pay tv, cioè un moltiplicatore di interesse che ti garantisce più ascolti, più pubblicità, più ricavi. Lo è il calcio, badate bene, non il cinema...».
Se il mercato non risponderà alle attese farete davvero il canale della Lega? Se ne parla da anni, sembra più che altro uno spauracchio da agitare davanti a Sky, Mediaset e compagnia.
«Lo faremo eccome. I vantaggi sarebbero notevoli perché il calcio è il motivo principale per cui ci si abbona a una pay tv. Lo fa già la Liga spagnola, con risultati eccellenti. Con questo sistema la Lega riuscirebbe a incassare più soldi, senza dimenticare che un canale della Lega avrebbe un pricing molto competitivo, con costi di gestione più bassi di un broadcaster tradizionale. Certo, dovremmo strutturarci con un centinaio di persone giuste, dovremmo fare gli editori e dotarci di nuovi dipartimenti, ma la cosa non mi spaventa. È un progetto fattibilissimo. Potremmo essere costretti ad aprire il canale della Lega e scoprire poi di aver fatto l' affare della vita. Come è successo a me quando mi misi in proprio dopo essere stato mandato via da Mondadori».
Nel frattempo si formulerà un nuovo bando e non si replicherà la vendita per piattaforma, vale a dire la trasmissione delle stesse partite su più distributori, ma si esplorerà la commercializzazione per pacchetti esclusivi. Ritiene che funzionerà?
«Dovremo confrontarci in Lega e con l' advisor Infront, è presto per anticipare le nostre scelte.
Quel che so è che la vendita per prodotto ha funzionato benissimo in Inghilterra e Germania, dove il valore dei diritti di Premier e Bundesliga è lievitato. Dobbiamo valutarla attentamente, magari adottando degli accorgimenti per evitare di penalizzare i tifosi».
Non è anche un problema di prodotto in sé? Da anni la Serie A è meno attrattiva rispetto alle leghe europee di riferimento, con poche stelle, stadi mezzi vuoti, molte partite di scarso interesse e con audience di nicchia.
«Tutto è perfettibile. Non voglio dare alibi ai presidenti delle squadre, che me compreso hanno la loro dose di colpe. Ma abbiamo tra le mani un prodotto straordinario, che viene seguito dalla maggioranza degli italiani. Sicuramente dovremo renderlo competitivo, magari ripartendo le risorse dei proventi televisivi in maniera più equa. Ma questo punto tocca il tema della governance della Lega, che va riformata in senso manageriale, e anche la politica, che poteva dare il suo contributo modificando la Legge Melandri e non lo ha fatto. Mi faccia dire un' altra cosa sulla politica».
Prego.
«Dicono che il calcio dipende troppo dai diritti tv, in Inghilterra c' è meno teledipendenza perché hanno leggi chiare sugli stadi e il loro merchandising è protetto da norme anticontraffazione che funzionano. Noi tutto questo non ce l' abbiamo. Siamo in un sistema Paese, non dipende tutto da noi».
Da voi dipende la vendita delle partite alle tv. Nessuna autocritica?
«In Inghilterra, che tutti guardiamo con ammirazione, non tutte le partite vanno in diretta tv e c' è un embargo di un paio d' ore al sabato pomeriggio per agevolare la fruizione dell' evento negli stadi. Potremmo esplorare questa strada, tenuto conto che impianti più pieni migliorano la scenografia».
E la riduzione del numero di squadre da 20 a 18?
«In Inghilterra e Spagna sono 20 e non è che i loro campionati siano meno interessanti. E poi è una bella cosa offrire maggiori chance di arrivare in Serie A, lo considero positivamente per tutto il movimento.
Consentire anche alle outsider di sognare il massimo campionato è un modo per coinvolgere tutto il Paese, un po' come il Giro d' Italia. Penso all' ultima impresa del Benevento».
L' a.d. di Infront De Siervo ha confermato l' obiettivo di incassare 1,4 miliardi annui dai diritti tv del triennio 2018-21, compreso l' estero, vale a dire 200 milioni in più del ciclo attuale. Dopo la prima asta deserta, l' obiettivo resta alla portata?
«Un miliardo e 400 milioni? Così pochi?».
URBANO CAIRO CON CORRIERE DELLA SERA
VI SPIEGHIAMO COME SARA’ IL NUOVO LEGA CHANNEL
M.Iar. per la Gazzetta dello Sport
1 Cosa succede adesso che l' asta è andata deserta?
«Sabato è arrivata una sola offerta superiore alla base d' asta, quella di Sky per il satellite (230 milioni, minimo 200). Più basse le offerte della stessa Sky per il pacchetto in esclusiva (210 milioni, 400 richiesti) e di Perform per i due pacchetti di Internet (50 a testa contro i 100 a testa richiesti). Nessuna busta per il digitale. La Lega ha ritirato il bando. Oggi si riunisce la commissione diritti audiovisivi per studiare le prossime mosse. Si lavorerà alla formulazione di un nuovo bando riprendendo la bozza degli ultimi mesi».
2 Quali sono i tempi e i modi del prossimo bando?
«Dopo l' estate. Il commissario Tavecchio ha detto che c' è tempo fino a novembre-dicembre. La vendita per piattaforma (le stesse partite su più piattaforme) verrà archiviata e si passerà a una vendita per prodotto, con pacchetti in esclusiva a prescindere dalle piattaforme. Ma bisognerà aprire un canale con l' Antitrust».
3 E se la seconda asta non raggiungerà i risultati sperati dalla Lega?
«Lega e Infront puntano a incassare un miliardo annuo dai diritti domestici del campionato.
Se non arriveranno offerte congrue, l' unica alternativa sarà la creazione del canale della Lega.
Non avrebbe una piattaforma autonoma ma si rivolgerebbe ai vari distributori, da Sky a Mediaset da Telecom a Fastweb. Sarebbe come Eurosport».
4 Cosa cambierebbe per i tifosi?
«Nulla, anzi i tifosi avrebbero più scelta perché lo stesso canale sarebbe distribuito su più piattaforme. Già adesso l' utente paga per la Serie A attivando pacchetti ad hoc con le pay tv. Il canale della Lega integrerebbe i bouquet dei vari broadcaster: un prodotto chiavi in mano dato in affitto a tutti i distributori interessati».
5 È un business che potrebbe funzionare per la Lega?
«Il piano prevede 1,2 miliardi di fatturato, con costi di 100-120 milioni. Le entrate arriverebbero dalla pubblicità e dalla compartecipazione ai proventi degli abbonamenti.
La Lega dovrebbe strutturarsi con una parte produttiva e una editoriale per creare un palinsesto 24 ore su 24 di calcio, magari coinvolgendo la B».
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