RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
URSULA VON DER LEYEN OLAF SCHOLZ MARIO DRAGHI
La Commissione europea sta lavorando a un nuovo strumento per finanziare i Paesi dell'Ue più esposti allo choc energetico della guerra.
Non è chiaro quando verrà presentato ma, secondo varie persone direttamente informate, si impernia su Next Generation EU: l'idea di fondo è di far ricorso alla riserva rimasta inutilizzata del Recovery Fund, per aiutare le economie europee a spezzare la loro dipendenza da gas e petrolio russi.
Il vertice
RECOVERY FUND - QUANTO RICEVE OGNI PAESE
Tutto è iniziato al vertice di Versailles il 10 marzo, quando Emmanuel Macron e Mario Draghi sostennero che serviva una risposta di bilancio comune alle sfide aperte dall'aggressione all'Ucraina. Il premier italiano e il presidente francese avevano in mente già allora una sorta di nuovo Recovery Fund per le spese che si profilano nell'energia e della difesa.
La risposta dei governi più riluttanti non tardò: contestarono a Macron che restava da assorbire una vasta riserva dello strumento concordato contro la pandemia nel luglio 2020.
Per veri leader dell'Europa del Nord una fuga in avanti verso un Recovery di nuova generazione era inutile, se quello originario restava in parte inutilizzato.
Ai valori attuali Next Generation EU (o Recovery Fund) prevede in effetti emissioni di titoli europei per poco più di 800 miliardi di euro, ma i Paesi beneficiari finora hanno rinunciato a prestiti per circa 200 miliardi. Solo i trasferimenti diretti per 500 miliardi sono stati richiesti tutti.
Il Recovery
Ora però la riserva restante del Recovery sta diventando la base da cui a Bruxelles si disegnano nuovi piani per reagire alla crisi attuale. Sembra probabile che non tutti i 200 miliardi verranno indirizzati al nuovo strumento. La Spagna, che per contenere il suo debito aveva rinunciato alla quota di prestiti del Recovery, sta cambiando approccio: a breve farà richiesta dei suoi 70 miliardi di finanziamenti previsti con rimborsi a lungo termine.
Anche il governo di Varsavia tornerà a reclamare la propria fetta di prestiti, circa 15 miliardi, finora bloccati per lo scontro con Bruxelles sulle violazioni dello Stato di diritto. Ora però sarà più difficile dire no alla Polonia, che da sola sta accogliendo tre dei quattro milioni di rifugiati ucraini fuggiti verso l'Ue.
Probabilmente resteranno dunque circa 100 miliardi da redistribuire, sempre come prestiti, sulla base di criteri nuovi. A Bruxelles si punta a riservare questi fondi ai Paesi che devono compiere gli sforzi maggiori per spezzare la loro dipendenza energetica dalla Russia. L'Italia potrà essere fra i beneficiari per una quota di fondi oltre quella già prevista dal Pnrr. Anche i prestiti, benché da rimborsare, sarebbero comunque convenienti per il governo in questa fase.
I tassi d'interesse
mario draghi ursula von der leyen
Gli aumenti dei tassi della Federal Reserve negli Stati Uniti e quelli già all'orizzonte della Bce in questi giorni stanno mettendo sotto stress l'intero mercato globale del reddito fisso. Ieri la volatilità sui titoli di Stato europei è stata alta come non si vedeva da inizio pandemia.
I rendimenti annuali dei Btp decennali hanno superato il 3% per la prima volta dal dicembre 2018 (erano all'1,2% il primo marzo). Lo spread dell'Italia sui titoli tedeschi a dieci anni ha raggiunto i 200 punti (2%), come non accadeva dall'inizio del primo lockdown nel 2020. In queste condizioni un prestito europeo sarebbe utile all'Italia, perché permetterebbe al governo di finanziare nuovi investimenti sull'energia a tassi vicini a quelli tedeschi.
Gli eurobond
Molto però resta da definire nel nuovo strumento. Parte dei fondi potrebbero essere destinati a costruire interconnessioni europee, specie per far arrivare il gas o il petrolio ai Paesi d'Europa centro-orientale privi di sbocchi al mare. Si lavora poi alle condizioni per poter avere i prestiti: fossero troppo onerose, molti governi potrebbero rinunciare.
ITALIA E RECOVERY FUND - VIGNETTA ELLEKAPPA
Di certo l'idea nella Commissione è che la riserva del Recovery non basta. Potrebbe dunque essere solo un inizio e altri eurobond potrebbero essere discussi per rispondere all'emergenza della guerra in Europa. In fondo lo stesso accadde con la pandemia nel 2020: il Recovery, oggi da 800 miliardi, fu preceduto dal fondo Sure da 100 miliardi di prestiti per finanziare la cassa integrazione. Non sarà in discesa, ma il negoziato europeo per rispondere allo choc energetico è partito.
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