DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
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Avete mai sentito parlare del quadrilatero Alba-Milano-Agordo-Lussemburgo? Sicuramente no, perché quella che ora raccontiamo è una suggestione che porta a un corteggiamento, un sogno che racchiude un cuore di Nutella e che potrebbe anche non avverarsi mai.
Tocca fare un passo indietro. Leonardo Del Vecchio, agguerrito fondatore di Luxottica e detentore di un cospicuo patrimonio in contanti, si è messo in testa di voler comandare sulla finanza italiana. Dopo aver giocherellato per anni con la sua partecipazione nelle Assicurazioni Generali, a un certo punto ha deciso di salire fino alla soglia del 5% e far fronte comune insieme agli altri soci industriali italiani (Caltagirone e Benetton in testa), con i quali ha superato la quota (12,8%) che permette a Mediobanca di controllare il Leone di Trieste.
Questa mossa non gli è bastata per esercitare una vera influenza a Trieste, tanto che l’ad Donnet ha continuato a fare di testa sua, sia nella gestione ordinaria che in quella straordinaria, fino a cambiare lo statuto – nel pieno del lockdown – per consentire al cda uscente di presentare una lista per la propria successione.
Come se non bastasse, l'anno scorso il Paperone delle montature si è visto respingere dalla Mediobanca di Nagel la generosa ‘’donazione’’ da 500 milioni di euro allo Ieo di Milano, poiché gli altri soci avrebbero dovuto mettere mano al portafogli per evitare di finire diluiti e perdere il controllo dell'istituto di eccellenza nella lotta ai tumori.
Quella è stata la goccia che ha fatto traboccare la cassaforte: volete fare i galletti con le aziende degli altri, volete il ceo capitalismin cui manager e dirigenti hanno pieni poteri sulla roba degli altri? Allora io ci metto ancora più soldi e mi prendo tutto il cucuzzaro.
Di colpo, Del Vecchio è salito in Mediobanca fino ad arrivare al 10% e, come Dago-rivelato, ha chiesto a Bankitalia e BCE, attraverso lo studio legare di Sergio Erede, di continuare la scalata fino alla soglia del 20. L'obiettivo è controllare Piazzetta Cuccia, fare fuori Nagel e Pagliaro e da lì mettere le mani sulle Generali (per questo è già pronto Balbinot).
Senonché, dopo una serie di botta-e-risposta con Francoforte, in cui l'avvocato Sergio Erede ha promesso all'autorità di controllo che Del Vecchio non avrebbe stravolto la dirigenza di Mediobanca, la pratica si arena. Entro agosto dovrà arrivare il via libera dall'autorità di controllo sulle banche europee.
Eppure Del Vecchio aveva espressamente promesso di non rimuovere l'ad Alberto Nagel e addirittura di non pretendere per la sua Delfin lo scranno della presidenza, dando l'ok alla conferma di Renato Pagliaro.
Il problema sta tutto nella carta d'identità dell'attivista Del Vecchio.
Se in altre situazioni non sarebbe educato parlare di argomenti così brutali, quando si tratta di società quotate e per di più considerate sistemiche (e la filiera Mediobanca-Generali lo è), il tema dell'età diventa centrale.
Perché è vero che Del Vecchio è italiano e ha molte attività ancora nel nostro paese, cosa che garantirebbe la tutela dell'interesse nazionale in caso di scalata ai due centralissimi istituti finanziari. Ma è vero anche che ha compiuto 85 anni a maggio, e si ritrova una complicata successione familiare da gestire, avendo avuto sei figli da tre donne diverse.
L'Italia, purtroppo per i nostri autori di fiction, non è un episodio di Succession, da queste parti esiste una cosa che si chiama ''quota di legittima'' che impedisce di diseredare coniugi e figli a meno che uno di questi non compia delitti contro il de cuius.
Non essendo questo uno scenario plausibile, resta il problema del controllo a medio-lungo termine della Delfin. Anche perché l'unico erede che lavora in azienda (Leonardo Maria) ha il problema opposto del padre: è troppo giovane (25 anni) ed è entrato nel cda di Luxottica solo nel 2019.
leonardo del vecchio con il figlio leonardo maria
Del Vecchio ha masticato e sputato più amministratori delegati che chewing-gum, cosa che non aiuta certo a dare l'immagine di un gruppo dall'auspicato ''controllo stabile nel tempo'', parole da lui usate per Mediobanca e Generali.
Dunque BCE e Bankitalia non hanno garanzie sufficienti: che succede se il vecchio leone dovesse passare la mano o passare a miglior vita senza aver messo a posto i conti tra i familiari? Chi prenderebbe il controllo di Delfin, la cassaforte lussemburghese che ha investito in Mediobanca e Generali?
Del Vecchio e la moglie Zampillo
Ecco allora che al mai domo Del Vecchio viene un'ideuzza. Chi resta oltre a me tra i capitani d'azienda con una liquidità sufficiente da garantire l'operazione negli anni a venire? Caltagirone è già in campo ma si avvicina agli 80, Luciano Benetton ha qualche erede in campo ma ha pure una famiglia spaccata e un ponte crollato che ha causato 43 morti; gli Agnelli-Elkann, infine, hanno già lasciato il paese e si sono messi a chiedere prestiti garantiti.
Resta solo un nome, il più pesante di tutti: Ferrero.
Giovanni, che ha preso l'azienda in mano dopo la prematura scomparsa del fratello Pietro e la successiva morte del padre-fondatore Michele, è riuscito a far crescere ancor di più il gruppo del cioccolato di Alba, con acquisizioni all'estero e un fatturato che supera gli 11 miliardi.
L'entità del patrimonio familiare non è pubblica: i Ferrero hanno una riservatissima cassaforte nel Principato di Monaco che a sua volta controlla la società (lussemburghese come la Delfin) che sta al cuore dell'impero. Secondo ''Forbes'', Giovanni e la madre possono contare su un gruzzolo di oltre 30 miliardi di dollari.
Claudio Del Vecchio con la Mamma
E, argomento non secondario, l'erede Ferrero ha solo 56 anni, dunque nessuno potrebbe certo mettere in mezzo la sua età come ostacolo al controllo di un istituto finanziario strategico.
Per questo Del Vecchio, secondo uomo più ricco d'Italia, avrebbe iniziato a sondare l'interesse del primo, che finora si è tenuto alla larga non solo dalla finanza, ma proprio dalle pagine dei giornali italiani, dove il nome Ferrero finisce solo per promuovere i nuovi prodotti della casa (le lamentele dei politici inglesi sul regime fiscale del grupponon sono mai state registrate sui nostri quotidiani, ben spalmati dalla Nutella delle campagne pubblicitarie).
Siamo pienamente nel regno della fanta-finanza: i Ferrero finora sono stati il paradigma della discrezione (anche se Giovanni è più attivo e visibile), e non hanno mai allargato il perimetro delle loro partecipazioni ad attività fuori dal core business dolciario. Però Del Vecchio deve uscire dall'angolo in cui lo ha cacciato quel brutto handicap che è l'età anagrafica quando non corrisponde a quella percepita. E gli serve un volto giovane, dinamico ed economicamente solido che lo sostenga nel suo assalto alla finanza italiana. Non ce ne sono molti.
ferreroFABBRICA FERRERO IN MESSICO leonardo del vecchiogiovanni ferrero nutella
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