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Edoardo Izzo per La Stampa
Condannati. Si è concluso così dopo 7 anni (tra indagini e processi) il processo nei confronti dell’ex direttore generale dello Ior Paolo Cipriani e del suo ex vice Massimo Tulli con due condanne a 4 mesi e 10 giorni di reclusione. l pm Stefano Rocco Fava e Stefano Pesci avevano sollecitato - nell’udienza del 20 gennaio scorso - per gli indagati pene di un anno nei confronti di Cipriani e dieci mesi per Tulli.
I due ex Ior hanno violato norme antiriciclaggio. Nello specifico una serie di omissioni legate ad operazioni ritenute sospette. Omissioni punite dalle disposizioni in materia di prevenzione delle operazioni di riciclaggio. I due sono stati però assolti perché il fatto non sussiste dal presunto riciclaggio per cui la Procura sequestrò nel 2010 i 23 milioni di euro destinati a essere trasferiti, su input dell’allora dirigenza Ior, da una filiale del Credito Artigiano alla Banca del Fucino e alla J.P. Morgan Frankfurt in violazione della normativa antiriciclaggio.
Nel disporre l’esecuzione di due bonifici (il primo di 3 milioni di euro verso Banca del Fucino, il secondo di 20 milioni verso Jp Morgan). I pm ritenevano che la dirigenza Ior, rappresentata dai due imputati, «omise di indicare, benché richiesti dal Credito Artigiano, le generalità dei soggetti per conto dei quali si dava esecuzione alle operazioni e omise di fornire, allo stesso istituto, informazioni sullo scopo e sulla natura prevista dal rapporto continuativo». Il denaro venne dissequestrato nel giugno del 2011.
Lo scorso 20 gennaio aveva spiegato nella lunga requisitoria il pm Fava che «storicamente lo Ior si è sempre relazionato con le banche italiane senza spiegare alle stesse che cosa realmente accadesse lì, senza fornire mai alcuna informazione. E’ visto come un luogo dove nascondere denaro di provenienza illecita. E ad oggi non avendo adempiuto a una serie obblighi normativi, lo Ior non può avere rapporti con le banche italiane».
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