RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Sarà «enorme la perdita di Pil nella prima metà del 2020» stima il centro studi di Confindustria: una «caduta cumulata dei primi due trimestri del -10% circa». «Il Covid-19 affossa il Pil» è la previsione, poi ci sarà una «risalita lenta»: ipotizzando un «superamento della fase acuta dell'emergenza sanitaria a fine maggio si stima un -6% per il 2020. Ma «solo i prossimi mesi diranno» se in queste ipotesi c'è «realismo o eccessivo ottimismo». Per il 2021 è atteso un «parziale recupero» con un rimbalzo del +3,5%.
Ogni settimana di stop costa 0,75% del Pil
Ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive, secondo i parametri attuali, «potrebbe costare una percentuale ulteriore di prodotto interno lordo dell’ordine di almeno lo 0,75%» calcola il centro studi di Confindustria.
Deficit 2020 al 5%, debito al 147%
I numeri sono impietosi. Nel 2020 si registrerà un indebitamento del 5% del Pil e il debito salirà al 147% «per l’effetto congiunto dell'ampliamento del deficit legato all’emergenza COVID-19 e della caduta del Pil nominale (-5,2%)», secondo le previsioni del Centro studi di Confindustria che incorporano gli effetti del decreto Cura Italia per limitare i danni del coronavirus. Nel 2021 il deficit migliorerà, rimanendo però sopra il limite del 3% (3,2%, la stima include la disattivazione delle clausole Iva) mentre il debito si assesterà al 144,3%.
Tasso disoccupazione al 11,2% in 2020
Il tasso di disoccupazione invece risalirà all'11,2% nel 2020, dal 9,9% del 2010, poi nel 2021 tornerà sotto il 10% (al 9,6%). In questo senso è «essenziale l'attivazione massiccia e repentina di strumenti di integrazione al reddito da lavoro» e il sostegno alla liquidità delle imprese: «solo così si potrà contenere la distruzione di posti di lavoro».
Confindustria: colpiti al cuore, rischio depressione
Il Csc parla di «economia italiana colpita al cuore». E avverte: «Bisogna agire immediatamente», con interventi «massivi» in una misura che oggi «nessuno conosce», «sia su scala nazionale che europea». «Le istituzioni Ue sono all'ultima chiamata per dimostrare di essere all'altezza». «Solo mettendo in sicurezza i cittadini e le imprese la recessione attuale potrà non tramutarsi in una depressione economica prolungata», «aumento drammatico della disoccupazione», «crollo del benessere sociale».
Boccia: ora misure inedite, bene prestiti a 30 anni
Prestiti a 30 anni per le imprese. L'ipotesi allo studio del Governo è apprezzata dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, intervenuto alla presentazione del Rapporto del Centro studi: «Apprezziamo le dichiarazioni del ministro Patuanelli: assicurare a tutte le imprese, piccole, medie e grandi, la liquidità necessaria a breve, da ripagare in 30 anni, per garantire la tenuta dei fondamentali economici e prepararsi alla riapertura e al riassorbimento dei livelli occupazionali». Per Boccia «la priorità è potenziare con immediatezza il Fondo di garanzia in modo da consentire alle banche di agire con tempestività. In questa fase di transizione bisogna affrontare la sopravvivenza economica, ci sono imprese con fatturati prossimi allo zero, servono interventi inediti e non convenzionali».
giuseppe conte roberto gualtieri
«Appello a imprese: rispettate pagamenti»
Non solo. «La tenuta del sistema economico e delle filiere dipende però anche da noi, dalla nostra etica della responsabilità e dai nostri comportamenti, per questo faccio un appello a tutte le nostre imprese - scrive il presidente di Confindustria, con le parole del presidente di Confindustria Bergamo, Stefano Scaglia - mantenere gli impegni presi nei pagamenti, salvo gravi e comprovate difficoltà, è la decisione che garantisce continuità a tutto il nostro sistema». Inoltre, «il debito deve essere reso sostenibile, quindi gli Eurobond devono diventare un elemento essenziale, orientando le risorse europee, senza vincoli ma con chiari fini».
Con decreto Aprile da 25 miliardi minor calo Pil di 0,5 punti
Le prospettive economiche, in questa fase di emergenza sanitaria, «sono gravemente compromesse». E «non è chiaro con quali tempi esse potranno essere ristabilite neppure dal lato dell'offerta», dice ancora il Centro studi di Confindustria, spiegando che le previsioni rese note oggi si basano sull'ipotesi di una graduale ripresa delle imprese attive: dal 40% di inizio aprile, al 70% di inizio maggio, al 90% a inizio giugno ed al 100% a fine mese. Servono interventi di politica economica, immediati e di carattere straordinario. «Al netto di alcune sgrammaticature, gli intenti» del decreto Cura Italia «sono condivisibili ma la dimensione degli interventi è largamente insufficiente».
IL CORONAVIRUS METTE A DURA PROVA IL TORO DEI MERCATI
È stata anticipata da parte del Governo l'intenzione di varare un ulteriore intervento in aprile, di portata analoga a quello di marzo (circa 25 miliardi), di cui però al momento non sono disponibili i dettagli sulle singole misure. Il Centro studi Confindustria stima che, «se le nuove misure in cantiere fossero analoghe a quelle del primo intervento e finanziate integralmente con risorse europee, si potrebbe avere un minor calo del Pil in Italia nel 2020 per circa 0,5 punti rispetto allo scenario di base, senza impatti sul deficit pubblico»
Con imprese a rischio è a rischio Italia
Per il CsC l’epidemia «esercita una pressione senza precedenti sulla capacità di resilienza del nostro sistema produttivo» e «dalla sua tenuta dipendono le prospettive di rilancio, una volta terminata l'emergenza sanitaria». Infatti dall'industria dipendono direttamente o indirettamente un terzo circa di tutti gli occupati nel nostro Paese e originano circa la metà delle spese in R&S e degli investimenti necessari ad aumentare il potenziale di crescita dell'economia». Ecco perché «è urgente evitare che il blocco dell'offerta ed il crollo della domanda provochino una drammatica crisi di liquidità nelle imprese» che può «mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di intere filiere produttive».
1,9mln le imprese essenziali,17,3mln occupati
I settori identificati come 'essenziali', per i quali è consentito proseguire l'attività dopo lo stop al sistema produttivo deciso dal Governo per
l'emergenza coronavirus, «generano circa il 60% del valore aggiunto e della produzione nazionali”, stima il Csc. Sono settori che «danno lavoro a circa il 70% degli occupati (17,3 milioni) e coinvolgono il 44% delle imprese (circa 1,9 milioni)»
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