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Paolo Griseri per “la Repubblica”
Una nuova tegola sul gruppo Volkswagen. Il fondo Blackrock, il maggiore al mondo e l’ottavo azionista ordinario del gruppo di Wolfsburg (il secondo tra i privilegiati) ha annunciato che intende chiedere i danni alla casa tedesca per lo scandalo dei test sulle emissioni truccati.
Il fondo, insieme a un centinaio di piccoli azionisti, chiederà un risarcimento di due miliardi di euro e presenterà oggi una denuncia al tribunale della Bassa Sassonia. Secondo quanto riferiva ieri l’edizione online del Financial Times,
Lo studio legale che cura la causa chiederà il risarcimento perché Volkswagen non avrebbe «dichiarato l’uso di dispositivi volti ad alterare i test sulle emissioni». Secondo la documentazione che viene depositata oggi in tribunale, la casa tedesca avrebbe infatti negato irregolarità nei test sulle emissioni fino al 2014. Mentre un anno dopo, nel settembre del 2015, ammise le sue responsabilità precisando che i modelli coinvolti avrebbero potuto essere 11 milioni. Insieme a Blackrock lo studio legale cura le richieste di risarcimento di altri fondi come quello pensionistico degli insegnanti della California e un fondo previdenziale di Manchester.
Un secondo gruppo di azionisti, di cui farebbero parte circa 250 soci della casa tedesca, ha annunciato un ricorso parallelo con una richiesta danni di circa 3 miliardi di euro. In pochi giorni dunque Wolfsburg dovrebbe far fronte a richieste di risarcimento per oltre cinque miliardi. È evidente che solo al termine dei processi si capirà quanto davvero il colosso tedesco dovrà sborsare in caso di condanna. Ma certo il fatto di aver ammesso il dolo nella vicenda non aiuterà i legali di Volkswagen a uscire indenni dalle cause legali.
A un anno esatto dall’esplodere dello scandalo non si riesce ancora a quantificare con esattezza la somma che il principale costruttore europeo dovrà pagare per chiudere l’amaro capitolo. Ai 15 miliardi di dollari concordati con le autorità Usa vanno aggiunti, sempre oltreoceano, i costi di altre 80.000 auto del gruppo con i marchi Volkswagen, Audi e Porche che potrebbero essere ritirate dal mercato. La trattativa con le autorità americane su questo punto dovrebbe concludersi ad ottobre.
Ci sono poi, ancora in America, le conseguenza, al momento non quantificabili, del processo penale. Il 9 settembre scorso un ex ingegnere del gruppo si è dichiarato colpevole di fronte ai giudici Usa. Infine proprio nei prossimi giorni dovrebbe essere definito l’accordo tra la casa tedesca e i suoi concessionari Usa che prevede «pagamenti in denaro contante » per i danni di immagine subiti.
Sul versante europeo la vicenda procede più a rilento. Il gruppo ha cominciato a richiamare nelle officine una parte dei milioni di auto con il motore irregolare vendute nel vecchio continente. Ma solo ad ottobre, ha detto nei giorni scorsi la commissaria ai Trasporti di Bruxelles, Elzbieta Bienkowska, partiranno le procedure di infrazione.
Nei diversi paesi sono invece iniziate le cause promosse dai movimenti dei consumatori che chiedono alla casa tedesca parità di trattamento con i clienti americani e propongono risarcimenti miliardari.
In sostanza a dodici mesi dall’esplodere dello scandalo non è stato ancora definito un percorso chiaro per uscire da una situazione imbarazzante. Volkswagen ha cambiato i vertici del gruppo: lo scorso anno a fare gli onori di casa al Salone di Francoforte era ancora l’ad Martin Winterkorn, travolto pochi giorni dopo dalla vicenda e costretto alle dimissioni.
Ma il suo successore, Matthias Mueller, ha incontrato le prime difficoltà già a gennaio, al salone di Detroit, quando il suo viaggio americano non aveva portato alla soluzione rapida auspicata. E oggi la situazione non è più chiara di allora.
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