google non paga le tasse

COME SI DICE “TASSE” NELLA SILICON VALLEY? - DOPO APPLE, CHE HA GIA’ PAGATO 318 MILIONI DI EURO PER MANCATI VERSAMENTI DELL’IMPOSTA SUI REDDITI, ORA TOCCA A GOOGLE - NEL MIRINO DEL FISCO CI SONO ANCHE AMAZON, FACEBOOK E AIRBNB

Luigi Grassia per “la Stampa”

 

PROTESTE PER LE POCHE TASSE PAGATE DA GOOGLEPROTESTE PER LE POCHE TASSE PAGATE DA GOOGLE

Far pagare le tasse ai giganti di Internet è un po' come metter loro il sale sulla coda: sono globali, elusivi, possono fare reddito in Argentina operando dalla Nuova Zelanda. Chi li ha in antipatia sottolinea pure che propagano notizie senza rispettare i vincoli a cui sottostanno i giornali e le tv, ad esempio la responsabilità civile e penale sui contenuti: da quel punto di vista pare vigere nella Rete una quasi assoluta impunità di fatto, se non di diritto.

 

Ma esiste anche l'impunità fiscale? Le autorità nazionali non si rassegnano. In Italia sono state prese importanti iniziative contro l' evasione fiscale dei colossi del web, e altre sono in corso. Colossi che, sia chiaro, non rappresentano il male, anzi offrono servizi indispensabili al mondo del XXI secolo, però non dovrebbero farlo esentasse.

LE TASSE DI APPLE E GOOGLELE TASSE DI APPLE E GOOGLE

 

Adesso nel mirino è Google, ma nel dicembre 2015 è toccato alla Apple. La Mela ha negoziato con l'Agenzia delle Entrate il pagamento di 318 milioni di euro per mancati versamenti dell' imposta sui redditi delle società nel periodo 2009-2013: secondo i funzionari del fisco, la Apple vendeva in Italia prodotti in arrivo non dall' Irlanda ma dalla stessa Italia.

 

In parallelo, la procura di Milano ha avviato e concluso un procedimento penale, a seguito del quale un dirigente della sede irlandese di Apple ha patteggiato una multa, mentre altre due posizioni sono state archiviate. Non si tratta di pene draconiane, ma almeno si stabilisce un principio.

google tasse google tasse

 

Nel mirino del fisco e dei giudici italiani sono anche altre società globali di Internet: in particolare Amazon, Facebook e AirBnb, sospettate di fare utili in Italia senza pagare tasse, oppure di pagarne una minima parte, facendo figurare l' attività economica come se fosse avvenuta in Paesi che offrono un regime fiscale molto più favorevole alle aziende.

 

Nei giorni scorsi è venuta alla ribalta Amazon, che secondo la Guardia di Finanza potrebbe avere evaso 130 milioni di euro; nel caso del sito di vendite online il presunto paradiso fiscale sarebbe il Lussemburgo, mentre la procura di Milano indaga su una possibile evasione fiscale (le cui dimensioni non sono state determinate) che coinvolgerebbe Facebook e l' Irlanda. Il meccanismo sarebbe il solito, utili fatti in Italia e tasse pagate altrove. Ma per quanto riguarda Amazon, Facebook e AirBnb tutto è ancora da provare.

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