RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Luigi Ferrarella per il Corriere della Sera
Babbo Natale magari ancora no, ma la Befana (o giù di lì intorno al 9 gennaio) è già più probabile rechi in dono al processo Eni-Nigeria, dopo 2 anni di udienze, la sentenza di primo grado sul miliardo e 92 milioni di dollari pagati nel 2011 da Eni e Shell al governo della Nigeria per la concessione petrolifera «Opl-245» detenuta in concreto dall' ex ministro del Petrolio Dan Etete dietro lo schermo-prestanome della società Malabu.
Alla fine ieri di 5 ore di arringa di Paola Severino, difensore dell' allora direttore generale e attuale amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, che i pm chiedono di condannare a 8 anni per corruzione internazionale, il presidente del collegio giudicante, Marco Tremolada, informa gli avvocati (non autogestitisi nel calendario delle arringhe) che non intende continuare a dedicare un' udienza a testa per ogni legale:
«Tanto più che ad esempio già il difensore di oggi, come inevitabile che accada man mano che si svolgano le discussioni, ha affrontato temi che erano stati trattati da precedenti arringhe. Il Tribunale non ha solo questo processo», aggiunge Tremolada, stilando un calendario che concluderebbe le 12 rimanenti arringhe fra il 28 ottobre e il 9 dicembre, poi con repliche forse dal 16 e sentenza alla ripresa a gennaio.
Covid permettendo, con udienze che proprio per il distanziamento da ieri si tengono in un padiglione della Fiera di Milano.
«Il dibattimento ha fatto crollare una ad una le suggestioni dell' accusa senza che la Procura nemmeno cercasse di tenere il punto dopo ogni crollo, peraltro mantenendo per tutto il processo una certa ritrosia a indicare tempi e modi delle tangenti, e persino chi, con chi, dove e quando avrebbe pattuito l' accordo correttivo», prospetta la professoressa Severino, che premette di scegliere comunque una (per quanto noiosa) cronologica disamina di tutte le tappe della vicenda.
Alla Procura che valorizza le mail sequestrate in Olanda ai manager Shell, e da esse ricava elementi di consapevolezza in capo a Eni delle sottostanti tangenti a politici nigeriani, l' ex ministro della Giustizia obietta che in esse vi sarebbe al più «la rappresentazione unilaterale di Shell che non è detto corrispondesse alla percezione di Eni»: e «visto che i pm definiscono le mail di Shell "lo specchio olandese", ricordo allora che nella pittura fiamminga lo specchio olandese era appunto lo specchio deformante».
A proposito di Emeka Obi, cioè del mediatore coimputato nigeriano che nel 2018 scelse di essere giudicato con rito abbreviato e fu condannato in primo grado a 4 anni, Severino sostiene che, «non essendoci prova di dazioni a pubblici ufficiali, capisco che la presenza di Obi come intermediario di Eni nella corruzione sia necessaria all' accusa: ma questa tesi è smentita sia da Agaev (che ha detto di essere stato lui a introdurre Obi come consulente tra fine 2008 e inizio 2009), sia dalla cronologia sequestrata a Obi, il quale ha sempre cercato di giocare una partita in proprio.
i pm di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro -U43070110205349sDC-593x443@Corriere-Web-Sezioni
Mai Eni è stata succube delle richieste di Obi mandatario della società venditrice Malabu già da dicembre 2009», propone Severino, e «mai le decisioni riferibili a Descalzi sono state dettate da ragioni che non fossero lecite logiche di mercato nell' interesse di Eni».
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