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Giorgio Meletti per il “Fatto quotidiano”
L'attacco alla Banca d'Italia del governo gialloverde - o più precisamente di Matteo Salvini e Luigi Di Maio - è senza precedenti. Il semaforo rosso acceso in Consiglio dei ministri sul rinnovo per altri sei anni di Luigi Federico Signorini, uno dei cinque membri del Direttorio guidato dal governatore Ignazio Visco, è il primo concreto limite mai posto all'indipendenza di Palazzo Koch - o al suo potere incontrollato, a seconda dei punti di vista. La vicenda, di prima grandezza, è dominata dalla schizofrenia di tutti i giocatori.
Di Maio e Salvini dichiarano di voler asfaltare Palazzo Koch, accusandolo di aver vigilato male sulla crisi bancaria; ma per la presidenza della Consob si fanno imporre il nome di Paolo Savona (un uomo foderato di conflitti d'interesse) dagli ambienti finanziari timorosi che Marcello Minenna portasse a una vigilanza più efficace. Il Quirinale stoppa Minenna, dirigente Consob, perché non gradisce la nomina interna, mentre per Bankitalia la nomina interna è reputata consustanziale al dogma dell’indipendenza.
Giuseppe Conte rimbrotta da par suo - come un bidello impotente alle prese con una classe indisciplinata - i ministri M5S per il colpo all' indipendenza della Banca d' Italia. Ma è lo stesso premier che pochi giorni fa, nella veste di avvocato del popolo delle società quotate in Borsa, ha calpestato l' indipendenza della Consob imponendole come presidente un suo ministro, Savona.
È questione di regole. La Banca d' Italia propone il nome di Signorini al governo che lo porta al Quirinale per la nomina. Il presidente del Consiglio propone il presidente della Consob al governo che lo manda suo tramite al presidente della Repubblica per la firma. Il sistema dei semafori successivi sottrae le scelte all' arbitrio di un unico decisore.
Logica vuole che ogni soggetto dotato di pulsante debba accendere il semaforo rosso quando veda un problema.
Invece ognuno piega le regole ai comodi suoi. Il presidente Sergio Mattarella aveva il diritto di dire no a Savona ministro dell' Economia: perché il governo non può dire no a Signorini? Perché prevale una logica massonica: se il nominando è "dei nostri", lo stop è un' odiosa ingerenza; se non piace alla gente che piace il semaforo rosso dimostra che le istituzioni funzionano. L' idea sudamericana che chi conquista Palazzo Chigi sia legittimato a calpestare ogni regola è stata introdotta da Silvio Berlusconi, perfezionata da Matteo Renzi e portata all' apoteosi delle ultime settimane da Conte.
Venendo al merito del bubbone chiamato Bankitalia, dopo il primo cazzotto dato da Di Maio in Consiglio dei ministri, Salvini ha rincarato con l' attacco personale in tv: "Federico Signorini, chi da tanti anni doveva vigilare e non l' ha fatto dovrà trarre le conseguenze di questa mancata vigilanza". Il tema è vecchio. Nei dieci anni della grande crisi la vigilanza di Palazzo Koch ha consentito di tutto alle banche, con l' idea sbagliata che così si salvasse il sistema.
Nessuno ha presentato il conto a Bankitalia che ha potuto invece presentare il conto dei suoi errori ai risparmiatori. La commissione banche del 2017 è stata un talk show scoppiettante, quella nuova che il M5S vorrebbe guidata da Gianluigi Paragone sarà un talk show noioso su cose già viste.
Dalla schizofrenia si passa qui all' ipocrisia. L' ex premier Paolo Gentiloni racconta nel suo libro La sfida impopulista che nell' estate 2017 lui e Mattarella stavano per mandare a casa Visco, in scadenza, con ottime ragioni come le "defaillance nell' azione di vigilanza della Banca d' Italia". Poi Renzi fece la fesseria della mozione parlamentare contro Visco, costringendo Mattarella al rinnovo. Nessuno ha smentito Gentiloni. Tutti i conoscitori della materia, con l' eccezione dei cinque membri del Direttorio, sanno che la vigilanza sulle banche ha fatto schifo.
Mps, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Banca Marche, Etruria, Cassa Ferrara, Carichieti e Carige sono andate in malora per anni avendo stabilmente in casa plotoni di ispettori Bankitalia che non vedevano, fingevano di non vedere, o intervenivano provocando ulteriori danni. Tutti lo sanno e nessuno lo dice. Gentiloni ha lavorato per silurare Visco, ma lo ha detto dopo, per rivendicare la sua saggezza e la lungimiranza di due anni fa e per far fare a Renzi la figura del fesso. Nessuno commenta.
Adesso Di Maio e Salvini si accontentano, più modestamente, di mandare a casa Signorini, e subito i custodi delle istituzioni infiltrati dai poteri forti nel governo gialloverde spifferano ai giornali ogni parola detta in Consiglio dei ministri. Se ne deduce che la difesa di Consob e Bankitalia, e delle istituzioni, non appassiona nessuno. E neppure la loro indipendenza. L' unica cosa che piace a tutti - maggioranza e opposizione, ieri e oggi, nessuno escluso - è la certezza di poter contare, in Bankitalia come in Consob, su qualcuno a cui chiedere un favore.
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