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Rosario Dimito per "Il Messaggero"
Stallo sulla rete unica. Nonostante il pressing del governo e in particolare del gabinetto del ministro Roberto Gualtieri, l'accordo Tim-Kkr in FiberCoop e la lettera di intenti Tim-Cdp, le posizioni restano distanti e non ci sono passi in avanti.
Anche perché un tassello cruciale è la decisione di Enel sull'offerta di Macquarie per il 50% di Open Fiber (l'altro 50% è posseduto da Cdp) ricevuta il 16 settembre: nel cda tenutosi il giorno dopo, il ceo Francesco Starace ha portato solo un'informativa sull'equity value della proposta pari a 2,65 miliardi.
Giovedì 15 è fissato un nuovo consiglio di Enel, ma secondo fonti attendibili, ci sarà solo un aggiornamento senza decisioni definitive: la risposta quasi certamente è rinviata a un successivo board, probabilmente a metà novembre.
Il processo decisionale è lungo e complesso. Il 4 ottobre, Starace è stato ricevuto al Tesoro sempre per approfondire l'esame di una vicenda che ha visto il manager sin dal primo momento in posizione fredda rispetto a un disimpegno da Open Fiber. E nei giorni scorsi ci sarebbero stati colloqui con esponenti dell'offerente allo scopo di ulteriori affinamenti dell'offerta.
LA RIVALUTAZIONE DEL PREZZO Del resto a metà settembre, rispetto alla proposta appena ricevuta da Macquarie, Starace gettò la palla in avanti: «I tempi sono quelli necessari per approfondire cose del genere, parliamo di settimane intere, un mese. Sono tempi abbastanza lunghi, sono offerte che vanno capite, esaminate, non c'è niente di urgente». C'è da dire che l'offerta di Macquarie, assistito da Barclays, ha una scadenza lunga: probabilmente fine anno e questo consentirà al gruppo energetico di poter valutare traquillmente tutta la partita che non implica solo l'uscita di Enel dalla società della fibra installata in 271 città e 7 mila comuni.
Macquarie valuta l'enterprise value circa 7,3 miliardi con clausole di earn out che potrebbero alzare il prezzo a 8 miliardi. L'earn out (rivalutazione futura del prezzo) fa riferimento all'esito della causa intentata da Open Fiber nei confronti di Tim su pratiche anti-competitive mentre la seconda condizione è legata alla realizzazione della rete unica. In particolare alla possibilità di ottenere un meccanismo di remunerazione degli investimenti a Rab (tariffe stabilite dalle autorità, sul modello Terna).
La proposta degli australiani a Enel (assistito dall'advisor Mediobanca) è per il 50% ma sulla carta il venditore potrebbe cedere una quota inferiore - circa il 35% - riservandosi poi di girare il restante 15% a Cdp in modo da consentirgli di salire in maggioranza. Va ricordato che quest' ultima vanta una prelazione sul 50% di Enel, e questo diritto riguarda l'intera partecipazione. Ciò significa che Via Goito dovrebbe esercitare la prelazione su tutto il 50% e poi rivenderne una quota inferiore (appunto il 35%) al fondo Macquarie.
LA DUE DILIGENCE La lettera di intenti Tim-Cdp prevede un percorso di analisi reciproche dei valori degli asset (Tim su Open Fiber, Cdp su Fiber Coop) prima di arrivare all'integrazione fra Fiber Coop e Open Fiber. I pochi ad aver avuto accesso al contenuto del documento riservato, riferiscono che la due diligence incrociata avrebbe dovuto iniziare entro il 20 settembre, cosa che evidentemente non è avvenuta. Poco male, ma se c'è la volontà, andrà aggiornato questo termine.
Prima di questa fusione l'ex monopolista dovrà conferire anche la rete primaria in Fiber Coop che adesso contiene solo la rete secondaria, prevalentemente in rame, che è quella che va dagli armadietti alle case. L'esito di questo processo è tutt' altro che scontato perché Tim vorrebbe il 51% della rete unica concordando con Cdp una governance neutra mentre da Bruxelles giungono segnali di attenzione rispetto ai rischi di un'integrazione verticale. Ecco perché, a parte lo stand by di Enel, la rete unica è in stallo.
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