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Marigia Mangano per “il Sole 24 Ore” - ESTRATTO
Cinque consiglieri nel board, un presidente condiviso e un impegno a rivedere e migliorare la governance dell’istituto soprattutto in tema di assegnazione nel cda di posti alle minoranze. Delfin, primo socio di Mediobanca, mette sul piatto queste tre condizioni per arrivare all’appuntamento di ottobre del rinnovo del board di piazzetta Cuccia con una lista “condivisa”.
Condizioni, al momento, respinte al mittente dal consiglio di amministrazione della banca e dal suo amministratore delegato Alberto Nagel, disposti a ragionare su una lista unica con al massimo tre o quattro rappresentanti di Delfin in cambio di un impegno scritto da parte della finanziaria a non votare altre liste e non avviare campagne attiviste.
Passa da questo confronto, con posizioni ancora distanti, l’ultimo tentativo di un grande accordo sulla presentazione di una lista “unica” per il rinnovo del consiglio di amministrazione di piazzetta Cuccia.
I lavori sono iniziati a febbraio scorso con un dialogo faticoso ma necessario tra il consiglio di amministrazione uscente, guidato dall'amministratore delegato Alberto Nagel, e i principali azionisti della banca milanese rappresentati da Delfin, appunto, la cassaforte della famiglia Del Vecchio, e Francesco Gaetano Caltagirone (azionista a un soffio dal 10%). Obiettivo: arrivare a una lista espressione unica di tutti gli attori in campo che, ad oggi, ancora non c'è.
ARTICOLO DELL ECONOMIST SU MEDIOBANCA E GENERALI
La convergenza tra le parti, secondo quanto si apprende, appare al momento difficile e la strada per l’accordo stesso è considerata in salita. Tutto si giocherà nel mese di settembre. A partire dalla prossima settimana dovrebbe infatti partire un nuovo round di incontri per verificare gli spazi e i margini di una intesa. Questo dopo che diversi schemi e tentativi di accordo sono tramontati per le posizioni distanti delle parti coinvolte.
Prima della pausa estiva, Caltagirone e Delfin hanno chiesto da subito la sostituzione del presidente Renato Pagliaro al cui posto avrebbero voluto mettere Vittorio Grilli, candidatura che al momento sembra tramontata.
Nell’ambito dei contatti si sarebbe così richiesto di individuare una terna di nomi di alto profilo, in cui non inserire Pagliaro, da valutare per la presidenza della banca.
Nagel, da parte sua, avrebbe a più riprese chiesto a Delfin un impegno preciso a supportare le strategie della banca e a sostenere il suo piano industriale. Garanzie e una condivisione di obiettivi, quelli richiesti dal ceo di Mediobanca al primo azionista della banca, che al momento non sarebbero agli atti.
In cambio di sostegno al piano Delfin chiede di avere in cambio uno spazio “adeguato” a propri rappresentanti nella lista del cda. Spazio che, secondo Delfin, si apprende, sarebbe quantificabile almeno in cinque consiglieri su un board di 15. Troppo per il board di Mediobanca e Nagel disposti a ragionare al massimo su 3 o 4 rappresentanti, sempre a patto che ci sia un accordo scritto in cui Delfin rinunci a votare altre liste. Resta da capire se si troverà la quadra o se Delfin deciderà di andare avanti da sola.
Sembrano escluse, allo stato attuale, liste di maggioranza alternative a quella del cda uscente. Piuttosto, nel caso in cui non si arrivasse a un compromesso, la finanziaria guidata da Francesco Milleri presenterebbe una propria lista di minoranza che darebbe diritto almeno a due rappresentanti nel consiglio della banca milanese su 15 membri. A meno che, evidentemente, quella stessa lista presentata da Delfin non raccolga voti vicini a quelli della lista di maggioranza.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PHILIPPE DONNET
Lo statuto di Mediobanca stabilisce infatti che la lista Assogestioni se dovesse essere votata dal 2% del capitale, avrebbe diritto a un rappresentante su tre posti dedicati alle minoranze. In proposito, negli ambienti vicini a Delfin si esprimono perplessità proprio su questo meccanismo inserito nell'attuale governance di Mediobanca che da statuto assegna solo due consiglieri alle minoranze e assicura comunque un posto ad Assogestioni.
L’emendamento presentato da Melchiorre, Fratelli d’Italia, al Ddl Capitali
Più in generale il tema della governance, dai posti alle minoranze ai profili dei candidati, sarebbe un altro punto chiave dello schema di accordo su cui starebbe lavorando la finanziaria lussemburghese.
Toccherà dunque al ceo di piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, capire e misurare come muoversi. Se andare incontro alle richieste di Delfin, escludendo Pagliaro dalle candidature alla presidenza e facendo spazio nella lista di maggioranza ad almeno cinque rappresentanti della finanziaria o andare alla conta finale, con la consapevolezza di una futura lista di minoranza presentata da Delfin che sulla carta potrebbe raccogliere voti molto vicini a quella di maggioranza, complicando governabilità ed equilibri nel lungo periodo.
giovanbattista fazzolari pistolero
Tanto più che lungo l’asse Milano-Trieste, se non si arriverà a una convergenza, altre partite potrebbero essere condizionate da equilibri complessi da gestire. Partendo da Banca Generali che secondo alcune fonti, subito dopo l'assemblea di Mediobanca, sarebbe il primo dossier che tornerebbe sul tavolo di Trieste dove la strategicità dell'asset da tempo è stata messa in discussione. Quella stessa Banca Generali a cui Mediobanca da tempo guarda con interesse per fare il grande salto.
Donnet Caltagirone Del VecchioMEDIOBANCAREPUBBLICA - ARTICOLO SU MEDIOBANCADonnetREPUBBLICA - ASSALTO A GENERALI - 3 LUGLIO 2023
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