DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Andrea Greco per "la Repubblica"
Donnet Caltagirone Del Vecchio
La Consob si muove sul dossier Generali, con una richiesta di informazioni, che sarebbe imminente, per verificare l'effettiva indipendenza di certi consiglieri cruciali nell'iter di rinnovo del cda. L'autorità dei mercati segue «sotto tutti i punti di vista e con grande attenzione» la sfida tra gli azionisti Caltagirone, Del Vecchio e Mediobanca su modi e nomi per il cda triestino dal 2022. Lo ha ribadito un portavoce ieri, senza aggiunte.
L'attenzione è salita sabato, quando i due soci privati hanno stretto un patto di consultazione sul 10,95% di Generali per incidere sulle nomine 2022. Proprio ieri Caltagirone ha annunciato, con investimento di altri 31 milioni circa (1,78 milioni di azioni, pari allo 0,11%) di aver consolidato il ruolo di secondo socio sopra il 6%, dietro Mediobanca (12,93%).
Nelle ultime ore l'authority di Borsa starebbe preparandosi a chiedere informazioni utili a verificare lo status di alcuni consiglieri Generali, incasellati come "indipendenti". Due fonti ufficiose ritengono che l'esame possa riguardare gli "indipendenti" del Comitato nomine, che sono quattro su sette: l'ad di Delfin Romolo Bardin, Alberta Figari, legale presso Legance, la docente alla Sapienza Sabrina Pucci e la vicepresidente esecutiva di Intek Group, Diva Moriani.
L'indipendenza degli amministratori, centrale per tutelare la gestione aziendale dagli interessi dei grandi soci, è definita dal Codice civile e, in modo più stringente, dal Codice di corporate governance italiano, raccolta di principi e raccomandazioni che però diventano "informativa regolamentata" (quindi vigilata da Consob), nel momento in cui un'azienda sceglie di aderirvi. Come fa da anni Generali.
Per il Codice sono indipendenti gli «amministratori non esecutivi che non intrattengono, né hanno di recente intrattenuto, con la società o con soggetti legati a quest' ultima, relazioni tali da condizionarne l'attuale autonomia di giudizio». L'auspicio, per le «grandi aziende» è che gli indipendenti siano «almeno metà» dell'intero cda, e «in maggioranza» nel comitato nomine.
Generali, nel cda insediato nel 2019, rispetta le due prescrizioni: otto indipendenti su 13, e quattro su sette nel Nomine. Ma l'indipendenza non è per sempre: difatti la raccomandazione 6 del Codice prevede che il cda la valuti «durante il mandato al ricorrere di circostanze rilevanti, e comunque con cadenza almeno annuale».
Pare questo il contesto dell'azione di Consob, per valutare se vi siano casi di indipendenza più formale che sostanziale, magari per sopraggiunti fatti «che incidono o possono apparire idonee a incidere sull'indipendenza » di qualche elemento. Romolo Bardin, per esempio, è ad di Delfin e "indipendente" di Generali.
Il primo dei criteri della raccomandazione 7 del Codice (che «compromettano o appaiano compromettere l'indipendenza») dice: «se è un azionista significativo». Bardin, che di suo ha un pugno di azioni Generali, gestisce però il 5% di Delfin, e sempre da lì il 19% di Mediobanca, a Trieste prima forza.
La campagna acquisti di Del Vecchio dell'ultimo anno ha riflessi sull'indipendenza di Bardin? Per Figari e Pucci il vaglio potrebbe riguardare i criteri "professionali" che minano l'indipendenza: la prima, già in Clifford Chance, da aprile è partner di Legance, che lavora anche con Caltagirone; la seconda nel 2018-2021 fece parte del cda di EssilorLuxottica.
Eventuali rilievi di Consob all'indipendenza dei consiglieri Generali potrebbero portare a un rimpasto nel Comitato nomine - chiamato a varare la lista del cda uscente - per ripristinare la maggioranza di indipendenti. O potrebbe sortirne una task force nomine, già usata da Unicredit.
IL RILANCIO DI CALTAGIRONE SULLE GENERALI COMPRA AZIONI E SALE OLTRE IL 6 PER CENTO
Sandra Riccio per "la Stampa"
Nessuna volontà di arretrare dopo il voto dei consiglieri sulla riconferma di Donnet e lo scontro nel board, sempre più ampio. Caltagirone continua a puntellare la quota nel Leone e con una serie di acquisti messi a segno a inizio a settimana, si porta oltre il 6 per cento. Secondo il mercato è il segno che l'imprenditore romano, riunito in un Patto di consultazione con Leonardo Del Vecchio, è deciso a non mollare la presa e continua nella strategia di investimenti.
La scommessa dei «pattisti» e degli altri soci privati italiani sull'asse Mediobanca-Trieste vale ormai oltre sei miliardi di euro. E assieme agli acquisti, cresce la volontà di contare di più, di imprimere una svolta dopo i cinque anni dell'amministratore delegato «blindato» l'altra sera dalla maggioranza dei consiglieri non esecutivi.
La convinzione di Del Vecchio&Co - che potrebbero allargare l'alleanza formale anche ai Benetton e a Fondazione Crt, anche se non è considerato un passaggio decisivo - è che la lista del Cda, ormai, sia di fatto una «lista Mediobanca». Perché, è il ragionamento, rispetto al passato - vedi Tim e Unicredit - non c'è un'unanimità e nemmeno un segno di discontinuità.
E' una tesi che, dall'altro fronte della barricata, viene respinta. Il comunicato che formalizza gli equilibri nel board - con gli otto voti su 12 a favore della continuità - anzi viene considerato un punto di svolta. E dal Cda convocato per il 27 settembre adesso ci si aspetta un calendario di massima, un impianto in cui procedere con i lavori che porteranno all'assemblea di primavera.
L'obiettivo è mettersi in marcia, insomma, secondo i dettami della «corporate governance». Nelle stanze della finanza c'è chi racconta che, nel confronto anche aspro dell'altra sera, ci sia stato anche un tentativo di mediazione. Respinto, a questo punto. Mentre la Consob monitora lo scenario, a meno di interventi esterni, è quello di una competizione a tre, con la lista del Cda, quella dei «pattisti» e quella di Assogestioni. Con il mercato chiamato a giocare un ruolo decisivo.
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