“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Alberto Statera per “Affari & Finanza - la Repubblica”
"Povero" Federico Ghizzoni, cacciato da Unicredit con quella che i capitalisti si ostinano a chiamare soavemente "transizione morbida", pare non metterà via neanche quella montagna di denaro che è toccata ad altri, come il suo predecessore Alessandro Profumo (40 milioni).
Certo, il titolo è sceso del 50 per cento in un anno, i dividendi sono stati pagati in azioni invece che in denaro, l' operazione della Banca Popolare di Vicenza è sbagliata e via così di accusa in accusa.
Ma quando mai le remunerazioni dei manager italiani sono state legate effettivamente ai risultati conseguiti? Pare che Ghizzoni (3,2 milioni di stipendio), che si è sciroppato una pletora di soci ingombranti, incasserà "solo" poco più di dieci milioni di euro.
Citiamo il suo caso perché è il più fresco tra quelli che si vanno tardivamente aprendo in Italia e nel mondo.
Rossa di vergogna, l' assemblea della Goldman Sachs, ha finalmente bloccato gli stipendi dei manager. Il ceo Lloyd Blankfein, che non si è distinto sempre per meriti perspicui, dovrà accontentarsi di qualche milione in meno rispetto ai 23 riscossi nel 2015. In America qualcosa ha cominciato a muoversi: solo il 10 per cento delle remunerazioni dei capi azienda può prescindere dai risultati raggiunti.
In Francia s' ingrossa un movimento d' opinione, di cui fa parte Thomas Piketty, che chiede al governo di fissare per legge un tetto alla remunerazione dei manager del Cac 40, che raggruppa le maggiori società quotate alla borsa di Parigi. Questi propongono che un dirigente non possa guadagnare più dell' equivalente di 100 volte il salario minimo francese, cioè 1,75milioni l' anno, mentre attualmente lo stipendio medio di un Ceo è di 4,2 milioni, pari a 240 salari minimi.
Non si può dire che quello proposto sia uno stipendio talebano. Ma il dibattito infuria: «In un' economia aperta abbiamo bisogno della finanza», scandisce il ministro dell' Economia Emmanuel Macron, contestando Hollande sui compensi principeschi.
In Italia ci sono dieci grandi manager che guadagnano da 5,20 a 54,53 milioni (Sergio Marchionne), con in mezzo Carlo Pesenti, Pietro Salini, Giovanni B. Ferrario. Ma c' è una sorta di timidezza sui media a parlare dei soldi (che, per carità, non sono un peccato) dei super-ricchi, soprattutto quando è dubbio che meritino di esserlo per le deludenti performance delle aziende che guidano.
PIKETTY ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Per cui ha fatto un certo scalpore il professor Luigi Zingales che sul "Sole 24 Ore" ha fatto le pulci, con nome e cognome, agli emolumenti concessi da Telecom Italia a Flavio Cattaneo: oltre 2,5 milioni alla firma,1,4 milioni di fisso e 1,4 di variabile, un piano annuale di stock option di uguale valore, più un piano di incentivazione. Se Cattaneo venisse licenziato domani - calcola il professor Zingales «il suo paracadute sarebbe dell' ordine di 40 milioni».
Oltretutto i parametri contabili per il super-compenso del Cattaneo possono essere manipolabili dallo stesso amministratore delegato. Giusto? Sbagliato ? Se Cattaneo sarà capace di restituirci una Telecom capace di stare all' onor del mondo farà un' opera santa e metterà via con la coscienza a posto il suo pacco di milioni.
Altrimenti, continueremo ad autofustigarci per l' inadeguatezza delle nostre classi dirigenti.
Sono passati quasi settant' anni, ma in tempi di manipolate reminiscenze storiche, ci tornano in mente, con arbitrario rimpianto, Adriano Olivetti e la sua utopia ormai d' antiquariato: «Nessun dirigente, neanche il più alto in grado deve guadagnare più di dieci volte l' ammontare del salario minimo».
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