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GIRA LA MODA! AMAZON E ALIBABA PROVANO A STRINGERE ACCORDI CON I BIG DELLA MODA DI LUSSO - I DUE GIGANTI DELL' E-COMMERCE HANNO STRATEGIE DIVERSE, MA UN OBIETTIVO COMUNE: TRASFORMARE LA PROPRIA IMMAGINE, CREANDO UN'AURA DI PRESTIGIO (E DI GLAMOUR) CHE ORA NON HANNO
David Meir Sasson per “La Stampa”
La nuova sfida nel mondo della moda ha due nuovi protagonisti: Amazon e Alibaba. Entrambi hanno premuto l' acceleratore e investito ingenti risorse nel settore, spinti da motivazioni diverse e con risultati altalenanti, ma con forte determinazione ad affermarsi.
Amazon è entrata nel «fashion» con acquisizioni di eccellenze (Shopbop e Zappos tra tutte) e ha poi sviluppato rapporti diretti con i brands (di recente, Nike ha annunciato l'apertura di un canale di vendita dedicato) e lanciato persino i suoi marchi esclusivi.
La moda non può ignorare Amazon: se una percentuale così alta dell' e-commerce passa per il colosso di Seattle, è legittimo aspettarsi che i consumatori vogliano acquistare su Amazon anche «fashion icons» e non solo libri o oggetti. In un mondo in cui il consumatore è alla spasmodica ricerca di massimizzare il proprio tempo libero, offrire una destinazione unica per gli acquisti online è fondamentale.
Lo stesso Bezos ha ammesso che la moda, specialmente se di lusso, è un settore appetibile perchè il prezzo medio di vendita è tipicamente superiore a quello di altri settori, permettendo di conseguire margini assoluti più alti: vendere un giocattolo a $10 o un vestito a $1000 ha circa gli stessi costi di gestione per Amazon, ma il profitto è decisamente diverso.
C'è poi un altro motivo: affermarsi nella moda e soprattutto nel lusso permetterebbe a Amazon di sdoganare la reputazione di «bottega senz'anima» che le è stata affibbiata suo malgrado. Amazon ha reso lo shopping una scienza esatta, ma comprare moda è ancora un'arte: la connessione emotiva con il consumatore prevale sulla ricerca ossessiva dello sconto, sull' esperienza perfetta di acquisto grazie a sofisticati algoritmi o sulla consegna velocissima. Amazon cerca di rendere lo shopping pratico, facile e conveniente; la moda è quasi per definizione non pratica e imprevedibile, oltre che teatrale, ma è per questo che la gente la ama.
Per la moda, «cool» significa esperienze, bellezza, emozioni e reazioni. Ma per Amazon «cool» vuol dire creare una tecnologia e applicarla. In un certo senso il mondo del «fashion» è ancora troppo fiero della sua identità da «old» economy per Amazon.
BOOM DI VENDITE
Anche se ha già raggiunto all'incirca $28 miliardi di vendite (il 7% di tutte le vendite della moda negli Usa), la strada per Bezos è ancora lunga. Cahty Beaudoin, ex Amazon Fashion President, ha ammesso di non essere riuscita a applicare al «fashion» gli algoritmi inventati da Amazon e ciò ha causato non poche frustrazioni, se si pensa all'approccio tipico dell' azienda di creare una formula vincente e poi espanderla il più possibile.
alibaba boom di vendite per il singles day
E se la battaglia per la moda è difficile, lo è ancora di più quella per il lusso («brands» come Louis Vuitton hanno te escluso di voler vendere su Amazon). Il lusso in sé e per sé non è fondamentale per Amazon in termini strettamente numerici: i due maggiori grandi magazzini di lusso americani, Saks Fifth Avenue e Neiman Marcus, insieme fatturano meno di $10 miliardi, poco in confronto all' obiettivo dichiarato di Bezos di arrivare a $200 miliardi di vendite. Ma conta il fattore prestigio: vendere il lusso permetterebbe di attirare la moda di fascia medio-bassa che genera volumi ben superiori.
Piccole e medie imprese Alibaba ha scelto una strada diversa: dare l' opportunità a miriadi di piccole e medie imprese di diventare un giorno Amazon a loro volta, fornendo il supporto necessario per svilupparsi in Cina. Alibaba non è un' azienda, ma un' economia, che in termini di vendite sulla sua piattaforma genera un volume pari al Pil dell' Argentina e conta di superare la quinta potenza industriale nel 2036. Grandeur a parte, è innegabile che Alibaba sia un ecosistema in cui tutte le società del gruppo (con l' esclusione forse degli studi di produzione cinematografica fondati a Hollywood) supportano il business: dalla piattaforma e-commerce alla logistica, passando per il marketing e i servizi di pagamento mobile.
Ma i due colossi si differenziano anche per l' approccio al settore moda. Piuttosto che vendere direttamente borse e scarpe, Alibaba ha preferito lanciare un portale, Tmall, che rappresenta un grande magazzino online, dove i «brands» possono gestire direttamente il loro sito dedicato ai consumatori cinesi. Il singolo marchio ha il controllo di cosa e come vendere e Tmall guadagna una commissione sul fatturato generato.
L' idea di Tmall è salvaguardare l' esperienza di acquisto, interferendo il meno possibile con i «brands» e lasciando che siano loro a raccontare la loro storia (si mormora che ai piani alti di Alibaba piaccia dire: «You go to Amazon to kill time, but you go to Tmall to spend time»). Tuttavia, finora i «brands» di lusso su Tmall sono ancora pochi (Burberry e Emporio Armani sono i più rappresentativi). Da una parte le resistenze sono simili a quelle incontrate da Amazon, in particolare a causa della reputazione da bazar di prodotti scontati che ha Alibaba.
Prodotti contraffatti Ma c' è dell' altro: per anni, su alcune piattaforme gestite dal colosso cinese, sono stati venduti milioni di prodotti contraffatti, una vera e propria spina nel fianco di ogni «brand», che per tutta risposta hanno boicottato Alibaba (che si è sempre dichiarata all' oscuro dell' origine di quello che viene venduto sul portale).
Questa è la principale sfida di Alibaba (forse anche più importante di scalare le classifiche del pil mondiale): come liberarsi dalla reputazione di ricettacolo di falsi. Anche per Alibaba, quindi, l' interesse per il lusso ha una funzione strumentale: vincere lo scetticismo dei «brands» e acquisirne la fiducia aiuterebbe Alibaba, a sua volta, ad acquisire la fiducia dei consumatori.
Per motivi simili e diversi, come si è visto, i due colossi dell' e-commerce hanno riversato le loro attenzioni sul «fashion». Che per ora resiste, ma la crisi dei consumi tradizionali e di ciò che non è e-commerce non sembra attennuarsi. C' è da chiedersi per quanto tempo questo scetticismo da prima donna possa davvero durare. E quali «brands» vorranno cogliere un' opportunità invece che vedervi un pericolo.
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