DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ,…
Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
La sede dell’associazione è in un grattacielo senza lussi esagerati nel Nordovest di Pechino; uffici disegnati per avere un basso impatto ambientale. I 47 membri sono miliardari, leader di aziende private cinesi che sommate hanno un fatturato di due trilioni di yuan all’anno, 300 miliardi di euro. Questo è il China Entrepreneur Club, il salotto economico più esclusivo della Repubblica popolare: costituito nel 2006, accetta nuovi membri solo con l’unanimità di tutti i soci.
Dal 2011 ha messo in piedi una diplomazia degli affari centrata su una missione all’estero ogni anno. Dopo Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Australia, il club degli industriali quest’anno ha deciso di venire in Italia per un viaggio in tre tappe, Roma, Firenze e Milano, dal 16 al 22 ottobre. Una scelta che consolida la nuova strategia di investimenti e alleanze cinesi in Italia.
hollande accoglie il china entrepreneur club
Del gruppo faranno parte tra gli altri il fondatore di Alibaba Jack Ma; Guo Guangchang, presidente di Fosun; Charles Chao, amministratore delegato di Sina International che controlla Weibo, il Twitter cinese; Xia Hua, presidentessa di Eve, gruppo della moda; Zhu Xinli, proprietario di Huiyuan, re dei succhi di frutta, sponsor dell’Expo milanese.
È un viaggio di studio reciproco, oltre che di affari (per esempio, la Huiyuan oggi sta trattando un’acquisizione nella zona del Lago di Garda): «Vogliamo conoscere meglio il panorama politico, culturale e del business italiano; vogliamo accrescere la fiducia», dice Ma Weihua, presidente del club. «Bisogna anche vincere il pregiudizio nei confronti della Cina», ci spiega la signora Enya Chen, brand manager del Club.
china entrepreneur club visita rolls royce
A Roma i 26 della delegazione incontreranno gli ex presidenti del Consiglio Letta, Monti e Prodi e forse anche il premier Renzi; è in programma una giornata di studio su «eredità e successione nelle imprese di proprietà familiare» con rappresentanti degli Agnelli, Antinori, Ferragamo.
Quello del ricambio generazionale nel family business a Pechino è un problema nuovo, inesplorato. I capitani d’industria che in trent’anni hanno costruito il boom cinese si avvicinano all’età del ritiro. Siamo andati a trovare il membro del club e re dei succhi di frutta Zhu Xinli nel quartier generale del suo gruppo, la Huiyuan.
Due ore da Pechino: una grande fattoria modello (ne ha altre 19 oltre a 40 impianti per trasformazione e imbottigliamento, 20 mila dipendenti). Zhu ha fondato l’azienda nel 1992, all’inizio della grande apertura al mercato; oggi ha 64 anni e due figli trentenni: «Noi abbiamo creato la ricchezza — dice al Corriere in un ufficio luminoso, affacciato su un lago circondato da colline verdi e bellissime —, possedere questa ricchezza però non è molto importante, io voglio che l’azienda si ammoderni e si sviluppi dopo di me. E non voglio imporre una scelta ai miei figli, un leader deve avere anche il sostegno dei dipendenti, la Huyuan ne ha migliaia». Zhu lascia la questione aperta, ma ricorda che «molte imprese familiari in Italia si sono tramandate per generazioni e il sistema ha funzionato».
china entrepreneur club con ban ki moon alle nazioni unite
Il miliardario Zhu è stato, come molti imprenditori della nuova Cina, un quadro del partito comunista: gli chiediamo se non ci sia contraddizione, se non si senta responsabile per la diseguaglianza sociale crescente. «Perché, lei pensa ancora che i comunisti non possano fare buon business? Per giudicare un partito bisogna guardare ai risultati delle sue politiche, la diseguaglianza c’è in tutti i Paesi, più o meno accentuata. Qui da trent’anni s’incoraggia la gente a creare ricchezza, c’è chi riesce e chi no».
Nel 2008 lei trattò la cessione di parte del suo gruppo alla Coca Cola, un affare da 2,4 miliardi di dollari bloccato all’ultimo dal governo di Pechino, ha rimpianti? «Il prezzo era buono, volevamo, io e gli azionisti, cedere la rete di distribuzione, reinvestire per concentrarci su produzione della frutta e lavorazione. Rimpianti? Non ci si potè fare niente, un finale senza vincitori». Zhu si è consolato diversificando, acquisendo piccole aziende anche in Italia: «Abbiamo dei vigneti in Italia centrale, portiamo buon vino in Cina», dice.
Sotto il suo ufficio sul laghetto ci sono un museo privato con centinaia di rocce preistoriche, una cantina con migliaia di bottiglie. E una vastissima sala conferenze con un tavolo per una cinquantina di posti; su un lato una pista da bowling; accanto, una piscina semi-olimpionica coperta. Ci dicono che il China Entrepreneur Club a volte viene a riunirsi qui, per studiare la strategia, meditare e godersi un po’ della ricchezza creata. E ci raccontano che i membri Jack Ma e Wang Jianlin, il supermiliardario di Wanda, si sfidano al karaoke.
@guidosant
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