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Arturo Zampaglione per "Affari & Finanza - La Repubblica"
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Fermarsi? Cambiare strada? Dimenticare le avventure spaziali? Non sarebbe nel suo stile: neanche dopo un disastro come quello della SpaceShipTwo, la navicella per il turismo suborbitale che è esplosa a fine ottobre nei cieli californiani, disseminando rottami nel deserto del Mojave, uccidendo il co-pilota Mike Alsbury e aprendo nuovi interrogativi sulla conquista privata dello spazio. E fedele alla sua fama di miliardario eccentrico e temerario, Sir Richard Branson non si è fatto intimorire.
Branson è volato subito nella base di lancio nel Mojave della sua Virgin Galactic per rendersi conto dell’accaduto. Poi, tornato a Necker island, la piccola isola caraibica dove ha la residenza (anche per ragioni fiscali), ha dichiarato: “Siamo sicuri che non ci siano problemi tecnici di fondo. Il programma continua. E sarò io, assieme a mio figlio Sam, a bordo del primo volo ufficiale nella primavera del 2015: non posso certo vendere agli altri un passaggio sulla Virgin Galactic se non è abbastanza sicuro per andarci io”.
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Del resto, la tragedia della navicella SpaceShipTwo non ha dissuaso gli 800 passeggeri che si sono già prenotati per il volo suborbitale a dispetto del prezzo esorbitante: 250mila dollari. «Sono loro i primi – ha spiegato Sir Richard – a voler vedere realizzato questo progetto e dimostrare il loro impegno». Gli esperti di questioni spaziali sono più cauti.
Anche se la causa dell’incidente sembra ormai chiara (un errore umano: il co-pilota ha azionato prima del dovuta la leva che sganciava gli alettoni della navicella dal missile), l’inchiesta della Faa, l’agenzia americana che tutela i cieli, durerà molti mesi. Come minimo, dicono, ci sarà un ritardo di almeno un anno. Forse di più. Ma per Branson è l’obiettivo che conta. Come imprenditore, ha sempre subito il fascino delle missioni considerate “impossibili” e delle “nuove frontiere”.
Anche personalmente si è sempre divertito con avventure spericolate: dalle traversate dell’Atlantico a velocità record ai voli transcontinentali con palloni aerostatici assieme. Dopo il disastro del Mojave, Bronson non ha cambiato idea: i viaggi nello spazio – ripete - avranno un futuro brillante e i lanci di navicelle con turisti paganti diventeranno presto una realtà.
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E assicura che la Virgin Galactic diventerà la società- leader del suo gruppo, facendo da traino alle altre: che sono tante, circa 400, tutte diverse, tutte nate dall’irrefrenabile entusiasmo del businessman inglese e tutte contribuiscono al suo patrimonio che ha raggiunto i 4,3 miliardi di dollari, secondo le stime di Forbes. Nato nel 1950 da una famiglia abbiente, molto creativo ma poco adatto agli studi per via di una dislessia, Branson lanciò un giornale quando aveva 16 anni e un business di vendita di dischi per corrispondenza a 20 anni.
Due anni dopo fondò Virgin Records, la casa musicale e catena di negozi di dischi (poi chiamata Virgin Megastores), che gli regalò i primi successi. Il nome Virgin, scelto perché tutti i dipendenti erano alle prime armi, fu poi usato per le altre iniziative nate via via, a cominciare da Virgin Atlantic Airways (1984), che era, e resta, l’attività principale del gruppo. Posseduta oggi al 51% da Branson e per il resto dalla Delta Air Lines, la Virgin Atlantic ha sede a Crowley, nel West Sussex inglese, possiede 39 velivoli tra Airbus e Boeing, e si concentra sui voli tra la Gran Bretagna, il Nord America, i Caraibi, l’Adia e l’Africa, trasportando ogni anno 6 milioni di passeggeri, senza contare quelli che viaggiano su Virgin Blue, la consociata australiana per i voli low cost.
L’anno scorso la Virgin Atlantic ha avuto una perdita di esercizio di 128 milioni di sterline su un fatturato di 2,9 miliardi. Ma quest’anno le cose vanno molto meglio, anche grazie al crollo del petrolio, e quindi del costo del carburante che sta avendo effetti miracolosi sui bilanci di tutte le compagnie aeree del mondo. Sempre nel trasporto aereo, Branson è socio di minoranza (per ragioni legali) della Virgin America, una compagnia di lusso, ma con prezzi competitivi, per le rotte interne americane.
foto time 7 novembre 2014 il razzo della virgin galactic
L’ultima trimestrale della società che ha sede a San Francisco ha mostrato un aumento degli utili del 24 per cento, a quota 41,6 milioni di dollari, spianandole così la strada per un collocamento di azioni al pubblico e un imminente sbarco al Nasdaq.
Un’altra società del gruppo che sta per essere quotata a Londra è la Virgin Money: la banca ha una partecipazione del 45 per cento dell’investitore americano Wilbur Ross ed è valutata 2,3 miliardi di dollari. Branson ha poi tante altre società chiamate Virgin: dai treni alle cliniche private, dalle telecomunicazioni alle agenzie di viaggi, dagli alberghi esclusivi all’economia verde. In tutto il gruppo occupa 50mila dipendenti. Ma la vera passione di Sir Richard resta la Virgin Galactic: ed è sicuro di farla “volare”: prima nello spazio, poi a Wall Street.
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