DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Gianluca Paolucci per “La Stampa”
Una perdita di 1,6 milioni al giorno (circa) per ogni giorno, anche nei primi tre mesi del 2014. È il pesante fardello di Alitalia del quale dovrà farsi carico Etihad per arrivare all’utile entro il 2017, come promesso. Altri 156 milioni di perdite che si sommano ai 557 accumulati nel corso del 2013 e che portano il conto totale dell’avventura di Alitalia-Cai alla bella somma di 1,45 miliardi di euro tondi nel periodo dal 2008 al 2014.
Ai quali andrebbero aggiunti anche i 2,3 miliardi di euro di debiti consolidati al 31 marzo scorso, accumulati da una società che al momento della sua nascita, sei anni fa, aveva zero debito. Il bilancio consuntivo della compagnia nata dalle ceneri della vecchia e fallimentare Alitalia è contenuto nei verbali dell’assemblea dello scorso 25 luglio, che rappresenta la fine del «sogno» di Cai.
In quella data, il gruppo dei soci raccolti dall’attivismo di Intesa Sanpaolo per far nascere una compagnia italiana dalla fusione tra Alitalia e AirOne, deve non solo deliberare un nuovo aumento di capitale per venire incontro alle richieste degli arabi di Etihad per andare avanti nella trattativa. Ma anche, per la terza volta in due anni, per ricostituire il capitale bruciato dalle perdite ai sensi del codice civile e garantire la sopravvivenza della società.
Dal 2008, il conto totale dei flussi di liquidità arrivati dai soci - tra aumenti di capitale e prestito obbligazionario - è stato pari a oltre 723 milioni di euro, ai quali si somma la dotazione iniziale di 600 milioni immessi dai soci italiani per la nascita di Cai. In quadro gestionale non certo idilliaco, i vertici in assemblea devono anche fronteggiare una certa litigiosità nella compagine sociale, di certo non entusiasta dei risultati. Primo tra tutti il gruppo Toto: la contestata fusione con AirOne ha portato una serie di strascichi giudiziari che hanno pesato anche nella trattativa con Etihad.
Si tratta di due contenziosi tra loro collegati per i quali è in corso un arbitrato. Da un lato, la volontà di Alitalia di far pagare a Toto quanto contestato dall’Agenzia delle entrate per la domiciliazione in Irlanda degli aerei della vecchia Air One. Dall’altro, la contro richiesta di Toto di essere risarcita per la mancata consegna degli altri aerei che il gruppo abruzzese aveva opzionato con Airbus e che, nel piano della «rinascita» di Alitalia, sarebbero dovuti finire in leasing alla compagnia. Il gruppo abruzzese, rappresentato in assemblea da Stefano Mazzotta, fa mettere a verbale un duro attacco alla gestione Alitalia-Cai.
«Questa assemblea sancisce la fine di un progetto ad appena sei anni dal suo avvio» - dice il rappresentante di Toto - con un piano industriale «non condiviso dal principio» dal gruppo abruzzese. Operazione «tutt’altro che profittevole» per Toto, che oltre alla perdita dell’investimento di 60 milioni registra anche i mancati introiti per i leasing degli aerei - 75 in totale - che Alitalia si era impegnata a sottoscrivere nel 2008.
Risultati disastrosi prodotti da un contesto economico avverso, certo, ma anche scelte manageriali sbagliate. E Toto attacca direttamente i vertici. Nonostante una parvenza di partecipazione di tutti i soci alle scelte strategiche, «la società è stata gestita dal presidente e dagli amministratori delegati». Ovvero, Roberto Colaninno e i tre ad che si sono succeduti dal 2008 in avanti: Rocco Sabelli, Andrea Ragnetti e Gabriele Del Torchio.
Accuse alle quali i vertici rispondono in poche righe: «Il socio Toto ancor prima che un socio, è un debitore gravemente moroso della società, che si trova oggi a rispondere di importanti passività fiscali dovute tutte a comportamenti allo stesso imputabili, rispetto ai quali non ha ancora onorato gli impegni di manleva assunti.
Ieri intanto il cda di Alitalia, il primo dopo l’accordo con Etihad, ha illustrato ai consiglieri i contenuti dell’intesa mentre non avrebbe deciso nulla rispetto all’entità del prestito ponte.
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