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Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
La questione scotta. Anzi pesa, per l’esattezza quasi 25 miliardi di euro. A tanto ammonta la polpetta avvelenata che la Francia sta rifilando al nostro Paese, nel totale silenzio del governo di Matteo Renzi e nel misterioso depistaggio da parte dell’Unione europea. La mina finanziaria che potrebbe deflagrare nei conti pubblici italiani si chiama Crediop: si tratta della storica banca - nata all’inizio del secolo scorso per sostenere enti locali e opere pubbliche - finita sotto il controllo di Dexia, colosso finanziario franco-belga oggi in mano allo Stato transalpino per il 95 per cento.
I conti di Dexia sono saltati per aria nel 2008 e Parigi ha già in programma di tirare fuori la bellezza di 6,6 miliardi per evitare il crac definitivo. Il piano di salvataggio è stato costruito in gran segreto con il coinvolgimento dell’Unione europea. E qui spunta pure un giallo, documentato in un fitto carteggio tra i 177 lavoratori italiani della banca (il piano prevede il licenziamento di un terzo dei dipendenti) e la Commissione Ue: il 15 luglio dello scorso anno a Bruxelles è stato secretato un atto ufficiale col quale è stato approvato il cosiddetto run off di Crediop.
MARIO SARCINELLI DEXIA CREDIOP
Termine tecnico che nasconde una sostanziale liquidazione, con la differenza, però, che a gestire la procedura non sono istituzioni pubbliche e autorità di vigilanza, ma il management della holding Dexia. E non è un dettaglio. Sta di fatto che le carte sono sotto chiave per ragioni che riguarderebbero la riservatezza delle informazioni scambiate tra Italia e Francia.
Ma lo smantellamento di Crediop - che in realtà ha un bilancio in ordine - prevede come orizzonte (cioè la sostanziale fine delle attività) il 31 dicembre 2016. Eppure i contratti sottoscritti con 500 enti locali e statali italiani arrivano a fine corsa nel 2022. E qui nascono i pericoli per le finanze del nostro Paese. In ballo, infatti, ci sono mutui per circa 8 miliardi e titoli per 11 miliardi. Poi c’è il malloppo dei derivati da 5,2 miliardi: 2,6 miliardi sono in mano al Tesoro e altri 2,6 miliardi distribuiti fra 49 realtà territoriali (province, comuni, regioni). La faccenda riguarda, tra altri, la regione Piemonte, la provincia di Pisa, i comuni di Prato, Firenze, Modena e Reggio Emilia.
Mario Draghi Ignazio Visco a Napoli
Alle preoccupazioni dei sindacati (pochi giorni fa l’ultima missiva a Bruxelles), si intrecciano dubbi pesanti sui risvolti della eventuale chiusura della banca alla fine del prossimo anno. Che ne sarà dei contratti finanziari? Che effetti ci saranno per i conti degli enti coinvolti?
E quali interessi ha la Francia a squassare lentamente la controllata italiana? Interrogativi a cui per ora non si riescono a dare risposte, ma che nemmeno vengono cercate nei «palazzi» romani. Né in Banca d’Italia che non ha ispezionato a fondo, per valutarne le conseguenze, i conti dell’istituto. Né al ministero dell’Economia, che pure ha sede di fronte al quartier generale di Crediop a via Venti Settembre: basterebbe affacciarsi alla finestra per dare un’occhiata.
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