DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
1. A "ITALIAFUTURA" SI ASPETTA SOLTANTO CHE IL MAESTRO DI CERIMONIE LUCHINO DI MONTEZEMOLO ANNUNCI: "SCIOGLIETE LE RIGHE".
Anche se ha i nervi foderati di lardo e il portafoglio privo di preoccupazioni, Luchino di Montezemolo ha buoni motivi per essere agitato.
A renderlo nervoso è il destino di "ItaliaFutura", il think tank fondato nel luglio del 2009 che avrebbe dovuto mietere consensi nell'area più illuminata del Paese. Questa speranza è durata fino alla metà di novembre e ha avuto la manifestazione più vistosa nella convention dentro gli Studi cinematografici della via Tiburtina quando 6mila partecipanti hanno applaudito il suo manifesto.
Fino a quel momento il presidente della Ferrari pensava di aver imboccato la strada giusta nonostante i dubbi dei suoi compagni di merenda Dieguito Della Valle e Luigino Abete ;poi sono arrivati i problemi che lo hanno convinto a fare un passo indietro e da quel momento ha ripetuto il copione del 1976 quando si mise al fianco di Umberto Agnelli per portare al Senato il fratello dell'Avvocato.
L'operazione ebbe successo e per Luchino ,che all'epoca aveva 29 anni l'avventura politica fu esaltante. Nemmeno l'ironia feroce dei romani che sfottevano l'arrivo degli uomini Fiat nella città definita da Giovenale "urbs inenarrabilis", era riuscita a scoraggiare il desiderio di Luchino e Umberto di mettere un argine al Partito Comunista.
Oltre all'aiuto determinante di Andreotti, il giovane Montezemolo aveva intorno a sé giovani volontari e un gruppo di teste d'uovo composto dal livornese Marcello Pacini (poi direttore della Fondazione Agnelli), l'avvocato D'Ercole (oggi luminare del diritto) e Marco Benedetto. La rivoluzione durò un paio d'anni, Umberto se ne tornò in Fiat e Luchino si mise con il defunto Beniamino Andreatta a costruire l'Arel, un think tank di economisti eccellenti.
Nell'esperienza più recente Luchino avrebbe voluto diventare il protagonista senza portare acqua al mulino di un altro personaggio, per fare una rivoluzione dolce e tranquilla con una squadra di eccellenze e di "carini" da contrapporre alla vecchia Italia delle caste e dei notabili.
Il disegno è fallito non solo per l'imprevedibile sconfitta dell'elitarismo contro il populismo, ma soprattutto per lo scontro tra le sue ambizioni e quelle del bocconiano Mario Monti.
Se Freud fosse vivo potrebbe aggiungere un altro trattato alle sue ricerche sull'Ego mettendo a confronto il Super-Ego dell'ex-presidente di Confindustria con il Super-Io del Professore di Varese, uno scontro di ambizioni tra due uomini che hanno sempre considerato il potere un valore inalienabile. Nella sua vita Luchino ha conquistato un'infinità di poltrone usando il mastice per evitare lo scostamento dei glutei, ma non ha calcolato che il bocconiano di Palazzo Chigi quando raggiunge una poltrona usa i bulloni e, come ha dimostrato negli ultimi mesi e in questi giorni, si avvita in una spirale di egolatria incommensurabile.
Adesso ci sarebbe materia sufficiente per sparare cannonate nei confronti di questo Monti che davanti al Capo dello Stato ha fatto la parte del carabiniere obbediente ma che si sente - come dichiara oggi in un'intervista a "La Stampa" - "un po' prigioniero" e guarda al Quirinale.
Luchino pero' capisce che fare una guerra aperta all'Super-Io di Monti sarebbe la confessione più clamorosa del suo personale fallimento. Anche nell'intervista concessa al canale "Class CNBC" continua a vagheggiare un governo di scopo e uno spirito di squadra, ma la debolezza delle sue proposte e il perenne conflitto di interessi viene fuori alla grande quando per un terzo dell'intervista parla di Ntv e della difficoltà di portare i treni "Italo" alla stazione di Rimini dove bisogna sollevare di 30 centimetri la pensilina.
Dalla pedana della politica eccolo alla pensilina dell'Alta Velocità , senza la capacità di un'analisi seria sui risultati elettorali. A questo punto il discorso cade inevitabilmente sul futuro di "ItaliaFutura" che non più tardi di sabato ha pubblicato sul sito un programmino in quattro punti del "governo di scopo".
Dietro la proposta si vede la mano di Carlo Calenda che dopo aver subito l'onta della sconfitta elettorale è rimasto sulla barricata dei "carini" come l'ultimo giapponese dentro la foresta. Gli altri, uno ad uno, stanno prendendo il largo. Ormai è scontato che con la nomina dell'amico Francesco al soglio pontificio, uomini come l'arciprete di Sant'Egidio Andrea Riccardi non hanno più alcun interesse a seguire le capriole di Luchino.
E il silenzio accomuna Andrea Romano e quella 38enne carina di Irene Tinagli che passerà alla storia per la gaffe sulla patrimoniale davanti alle telecamere de "La7".
A questo punto si aspetta soltanto che il maestro di cerimonie Luchino di Montezemolo annunci: "sciogliete le righe". Del think tank resteranno in piedi i brandelli ma per quanto lo riguarda dopo due esperienze politiche (quella del '76 con Umberto Agnelli e l'ultima) si può essere sicuri che per Luchino non varrà più il detto: "non c'è due senza tre".
2. PER COLAO Ã ARRIVATO IL MOMENTO DI USARE LA SCURE: PERDITE DI CENTINAIA DI MILIONI
Vittorio Colao, il capo di Vodafone ,che per colpa del sito disgraziato di Dagospia tutti chiamano "Colao Meravigliao", ha buone ragioni per essere seccato e preoccupato.
Dal quartier generale di Londra che guida dall'ottobre 2006, il manager bocconiano ex-McKinsey ha la testa piegata sull'andamento del mercato dei telefonini e in particolare sui dati che gli arrivano da Paolo Bertoluzzo, l'uomo che deve seguire le attività di Vodafone in Italia.
Mentre si aspettano i dati completi del 2012 si sa già che l'azienda ha perso tra gennaio e settembre dello scorso anno il 9,3% dei suoi ricavi, con una perdita di centinaia di milioni. Il telefonino piange per tutti e nemmeno l'incremento del 24% di internet sui cellulari riesce a colmare il buco di 1 miliardo di chiamate perse nei primi nove mesi 2012.
Per Colao, che ha fama di tagliatore di teste e di bilanci, è arrivato il momento di usare la scure ed è quanto ha intenzione di fare cominciando dai servizi di call center. Oggi a Roma i suoi uomini dovrebbero incontrare i sindacati e i rappresentanti del ministero per discutere sul taglio di 600 operatori in Sicilia.
Colao e Bertoluzzo finora hanno disertato i confronti richiesti dai politici siciliani che considerano una bomba gli esuberi di 600 unità a Catania e temono che questo sia il preludio per altri mille licenziamenti.
C'è però un altro motivo ,che innervosisce non poco il capo di Vodafone, ed è da ricercare nel passato quando su suggerimento di Corradino Passera ,Colao Meravigliao nell'agosto del 2004 diventò amministratore delegato del Gruppo Rcs. In queste settimane il Gruppo editore del "Corriere della Sera" si sta dibattendo per colmare il buco di oltre 1 miliardo che pesa sui conti. Il Comitato di redazione delle varie testate si è messo a guardare all'indietro per denunciare le responsabilità di chi nelle precedenti gestioni ha contribuito alle voragini.
L'attenzione si è fermata in particolare sull'acquisto del Gruppo spagnolo Recoletos che fu strapagato pesando in maniera spaventosa sul bilancio del Gruppo italiano. Secondo una leggenda metropolitana, ripresa anche nei comunicati del Comitato di redazione dei giornalisti, l'affare Recoletos avrebbe avuto come principale responsabile il manager che dopo la Bocconi, McKinsey e Omnitel è arrivato alla guida di Rcs Mediagroup.
Ebbene, forse è il momento di dire che Colao Meravigliao ha lasciato Rcs nel luglio 2006 mentre dell'affare Recoletos si comincia a parlare nell'ottobre dello stesso anno e si conclude nell'aprile 2007 quando ha già lasciato la carta stampata di cui capiva poco per ritornare ai telefonini.
L'uomo chiave dell'avventura spagnola ,che fa grondare sangue ai bilanci Rcs non è stato lui, ma Borija Prado, l'imprenditore spagnolo che oggi rappresenta Mediobanca a Madrid ed è presidente della società elettrica Endesa.
3. LUIGI ZINGALES SI STA AVVICINANDO A GRANDI FALCATE IL TEMPO DI LASCIARE IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DI TELECOM
Avviso ai naviganti N. 1: "Si avvisano i signori naviganti che per l'economista padovano Luigi Zingales si sta avvicinando a grandi falcate il tempo di lasciare il consiglio di amministrazione di Telecom.
à questa l'opinione di alcuni fra gli azionisti più forti della società dove il barbuto professore di Chicago siede come consigliere indipendente. Durante l'ultimo consiglio di amministrazione pare che Zingales abbia sparato a zero sulla vendita de "La7" all'editore Cairo e abbia espresso riserve sull'emissione del bond da 750 milioni che è stato collocato sul mercato con richieste superiori addirittura ai 3 miliardi. In questa occasione Zingales si è trovato d'accordo con il presidente di Mediobanca Renato Pagliaro che ha il dente avvelenato contro la gestione di Franchino Bernabè.
Per alcuni azionisti di Telecom, Zingales non è - come è scritto in una classifica americana - "uno dei 100 pensatori più influenti", ma un gran rompicoglioni che dovrebbe fermare il suo declino all'università di Chicago".
4. ARPE DI CARTA
Avviso ai naviganti N.2: "Si avvisano i signori naviganti che Matteuccio Arpe ha contratto il "virus di Guttenberg".
Secondo le ultime notizie il banchiere, più volte sconfitto nei suoi tentativi di diventare un grande nella finanza, sarebbe pronto a svolgere il ruolo di advisor per l'acquisto da parte della società News 3.0 dei 10 periodici messi in vendita da Rcs.
A questa notizia si aggiunge la voce che Matteuccio vorrebbe addirittura impreziosire il polo mediatico con l'acquisto di un quotidiano di taglio economico-finanziario da affidare al giornalista de "Il Giornale", Marcello Zacchè".
MARIO MONTI E LUCA DI MONTEZEMOLO jpegDIEGO DELLA VALLE jpegLuigi Abete UMBERTO agnelliLUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO CARLO CALENDA andrea romano Irene Tinagli 7 pap11 vittorio colaoPAOLO BERTOLUZZO - copyright Pizzi
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