UN PAESE FALLITO - LETTAENRICO E I SETTE NANI AMMAZZANO L’ITALIA PER COMPIACERE BRUXELLES

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Fabrizio Ravoni per "Il Giornale"

Pietro Nenni diceva: «La politica cammina sulle gambe degli Uomini». Sulle loro ambizioni. Sulle loro carriere. Sui loro sogni. Oggi la Politica, soprattutto quella eco-nomica, cammina sulla capta¬tio benevolentiae europea.

Per ogni uomo di governo sa¬li¬re al quinto piano del palazzo¬ne brusselese di Justius Lip-sius è un punto di arrivo. Lì sco¬pre il gioco degli sguardi, l'in¬tensità delle strette di mano, la veridicità dei sorrisi dei colle¬ghi. Sguardi, strette di mano e sorrisi sono il metro di misura del tasso di accettazione del mi¬nistro di turno. Ed il tasso di ac¬cettazione è dato unicamente dal livello di rigore applicato al¬l'interno del proprio Paese.

Nel 2013, l'Italia - secondo l'Fmi - ha registrato il più pro¬fondo calo del Pil fra le econo¬mie avanzate. Ha la pressione fiscale su livelli record. Il pote¬re d'acquisto delle famiglie è tornato a quello degli anni No¬vanta. La disoccupazione ha raggiunto il 12%; e 4 giovani su dieci sono senza lavoro. Eppu¬re, i ministri che passeggiano al quinto piano di Justius Lipsius incassano sguardi sinceri, strette di mano vigorose, sorri¬si aperti dai colleghi europei.Sulle loro gambe, cammina la politica economica. E loro ot¬te¬ngono la captatio benevolen¬tiae europea.

Una captatio per¬sonale, quasi edonistica. L' establishment li riconosce co¬me «uno di loro». E loro usano le password dell' establish¬ment . È tutta gente che si espri¬me in almeno due o tre lingue. Enrico Giovannini, ministro del lavoro, dice convinto: la leg¬ge Fornero sulle pensioni non si tocca. A Justius Lipsius ap¬plaudono. Ed il presidente del¬l'-Istat strappa un upgrade per¬sonale.

L'incarico al governo è pro-tempore per definizione. Fabrizio Saccomanni ripete ogni volta che mette piede a Bruxelles che il deficit al 3% sia la Linea Maginot del bilancio pubblico. Usa, cioè, le pas¬sword di Justius Lipsius. Ed an¬che lui riceve sorrisi, strette di mano, pacche sulle spalle. In¬cassate anche grazie ad un pre¬lievo fiscale interno superiore al 48%.

Per Spagna e Francia il Fon¬do monetario ha rivisto al rial¬zo le stime di crescita di quest'anno. Singolare coinciden¬za: Madrid e Parigi hanno avu¬to un rinvio di due anni per rientrare sotto il tetto del 3% di deficit/Pil. Ed hanno avviato politiche mini-espansive.

L'Italia non lo ha chiesto: la Commissione europea non lo avrebbe concesso - è il refrain di governo - per via del debito al 130% del Pil. Eppure, da un paio di anni il nostro Paese regi¬stra valori di avanzo primario che superano quelli chiesti da Bruxelles; quindi, l'erosione del debito è reale. Se il rappor¬to resta alto è perché il denomi¬natore del rapporto - il Pil - di¬minuisce o cresce troppo lenta¬mente.

Enrico Letta dice che, dopo la fase del rigore, l'Europa de¬ve avviarsi su quella della cre-scita. Vuole una riduzione del cuneo fiscale. Le cifre che gli fornisce l'Economia, però, so¬no la metà di quelle chieste da sindacati ed imprenditori. E senza un intervento deciso di alleggerimento delle buste pa¬ga dal peso fiscale, difficilmen¬te i consumi potranno garanti¬re ¬i livelli di Pil a cui pensa il pre¬mier. E la presidenza di turno italiana, che - secondo Letta ¬dovrebbe imprimere una svol¬ta n¬ella politica economica eu¬ropea, è lontana ancora nove mesi.

L'establishment parla in in¬glese. Sindacati ed imprendito¬ri, invece, pensano il latino: pri-mum vivere, deinde philo¬sophari. La frase è attribuita a Thomas Hobbes, un filosofo in-glese che immaginava lo Stato come un uomo artificiale o co¬me un mostro, il Leviatano.

 

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