DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
«Non si può ritenere in alcun modo provato che Margherita Agnelli avesse consapevolmente chiesto all'avvocato Emanuele Gamna di dire il falso» sull'eredità del patron della Fiat, perché «le complesse indagini della Procura di Milano, attuate e anche tentate, inducono a ritenere verosimile l'esistenza di un notevolissimo patrimonio del defunto Giovanni Agnelli rimasto occultato al fisco italiano e anche alla figlia, e a giustificare la convinzione di Margherita Agnelli dell'esistenza di "patti" diretti a marginalizzarla nella divisione successoria poi sfociata nell'accordo del 2004»:
con questa motivazione la giudice Cristina Mannocci ha archiviato la selva di denunce e controdenunce scaturita dalla divisione dell'eredità di Agnelli (morto il 24 gennaio 2003) con la rinuncia nel 2004 della figlia Margherita alle partecipazioni nelle società di famiglia in cambio di 1 miliardo e 166 milioni di euro tra cash e immobili e opere d'arte.
Di questo accordo Margherita Agnelli nel 2007 impugna la validità , tacciando tre storici collaboratori di suo padre (Franzo Grande Stevens, Gianluigi Gabetti, Siegfried Maron) di voler - scrive il giudice - «privilegiare il ruolo di suo figlio John Elkann, nonché tenerle celato un immenso patrimonio offshore accumulato e nascosto negli anni dal padre»: ma Tribunale e Corte d'Appello di Torino bocciano la sua azione nel 2010 e 2012.
A Milano, intanto, il suo ex avvocato Gamna da un lato incassa una pena per aver evaso 13 dei 15 milioni di parcella («singolarmente pagata dalla controparte» benché per attività nell'interesse di Margherita), e dall'altro lato la accusa di aver tentato di ricattarlo se il legale non avesse deposto a suo favore a Torino. Ma Margherita, ravvisa ora il giudice Mannocci, «non ha perseguito un intento estorsivo» ma «semplicemente una legittima pretesa alla ostensione completa del patrimonio paterno».
E qui il giudice richiama due punti della richiesta di archiviazione dei pm Fusco e Ruta. Il primo è Paolo Revelli, ex manager di Morgan Stanley, che «afferma d'aver sempre saputo che nella filiale di Zurigo esisteva una provvista direttamente riferibile a Giovanni Agnelli tra gli 800 milioni e il miliardo di euro, fiduciariamente detenuta attraverso molteplici conti da Maron».
Il secondo è il sequestro di «un regolamento supplementare dello statuto della Fondazione Alkyone a Vaduz, recante i nominativi dei suoi Protectors, Giovanni Agnelli, Gabetti, Grande Stevens e Maron»: è «alla struttura e alla composizione dei trust nel tempo confluiti in questa Fondazione che John Elkann avrebbe fatto riferimento asserendo testualmente, come riferito da Gamna, "non vi daremo mai quelle società e i loro conti perché voi non dovete vedere le operazioni che vi sono passate"».
Anche «i tentativi di fare luce su queste entità e sui soggetti che le avevano mosse sono stati vanificati, in Liechtenstein come in Svizzera, dalla mancata collaborazione della locale autorità giudiziaria». E le rogatorie «sono state respinte sulla base dell'assunto, non del tutto condividibile, che avessero esclusive finalità fiscali».
margherita agnelli john elkann2 lapGianni e Margherita Agnelli il giorno delle nozze con John Elkann JOHN ELKANN E GIANNI AGNELLI John Elkann e le immagini del nonno Gianni Agnelli I giovanissimi Andrea agnelli col padre Umberto e John Elkann col nonno Gianni Ferruccio De Bortoli
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