DAGOREPORT – MATTEO FA IL MATTO E GIORGIA INCATENA LA SANTANCHÈ ALLA POLTRONA: SALVINI, ASSOLTO AL…
1. SPUNTA IL TESORO ALL'ESTERO DELL'AVVOCATO
Laura Verlicchi per Il Giornale
Lo sostiene la Procura di Milano, che ha chiesto l'archiviazione per la figlia Margherita, e per gli avvocati Charles Poncet ed Emanuele Gamna, in relazione alla complessa vicenda che ruotava attorno all'eredità di Gianni Agnelli. Margherita e il suo legale Poncet erano accusati di tentata estorsione nei confronti di Gamna, a sua volta accusato di falso.
Per i pm Eugenio Fusco e Gaetano Ruta ci sono dunque «molteplici indizi che portano a ritenere come verosimile l'esistenza di un patrimonio immenso in capo al defunto Giovanni Agnelli, le cui dimensioni e la cui dislocazione territoriale non sono mai stati compiutamente definiti»: per questa ragione l'iniziativa giudiziaria promossa dalla figlia Margherita «non può essere liquidata come una pretesa avventata» e «non possono escludersi in linea teorica accordi tra le persone coinvolte per marginalizzare Margherita Agnelli sul piano economico».
Gli inquirenti parlano anche della «disponibilità della famiglia Agnelli di schermi attraverso cui detenere beni celandone provenienza e titolarità ».
In particolare, spunta nel documento un conto segreto da 1 miliardo di euro dell'Avvocato in Svizzera. A rivelarlo ai pm è Paolo Revelli, ex managing director di Morgan Stanley, affermando «di avere sempre saputo che presso la filiale di Zurigo esisteva una provvista direttamente riferibile all'avvocato Giovanni Agnelli per una cifra compresa tra gli 800 milioni e il miliardo, fiduciariamente intestata e detenuta attraverso molteplici conti da Siegfried Maron», uno dei consulenti dell'Avvocato.
E ancora, sin dagli anni '70 a Gianni Agnelli sarebbero stati riconducibili tre moli in Costa Azzurra, «schermati» attraverso «una finanziaria» e «due società off-shore». Nella mappatura del patrimonio dell'Avvocato i pm di Milano inseriscono anche fondazioni e trust a Vaduz.
La loro esistenza - scrivono i magistrati - è riferita a Margherita Agnelli e quindi a Poncet dallo stesso Gamna. Ed è alla struttura e alla composizione di questi trust che John Elkann, figlio di Margherita, avrebbe fatto riferimento asserendo testualmente, così come riferito dallo stesso Gamna, «non vi daremo mai quelle società e i loro conti perché voi non dovete vedere le operazioni che vi sono passate». In particolare, la fondazione Alkyone aveva come protectors Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfrid Maron.
I tentativi di far luce sul presunto tesoro all'estero dell'Avvocato, scrivono i pm di Milano, «sono stati vanificati» sia in Liechtenstein che in Svizzera «dalla mancata collaborazione della locale autorità giudiziaria». Le rogatorie, infatti, «sono state respinte sulla base dell'assunto, non del tutto condivisibile, che le richieste avevano esclusiva finalità fiscale».
Tuttavia, i dati raccolti «sono sufficienti a rendere, quantomeno in astratto, credibile l'iniziativa giudiziaria della figlia» Margherita, che ha intrapreso una battaglia giudiziaria sull'eredità del padre. E, proseguono i pm, le indagini hanno portato «a escludere» che Margherita Agnelli, con i suoi legali, tra cui Charles Poncet, «abbia perseguito, attraverso le richieste indirizzate all'avvocato Gamna, un intento estorsivo».
La figlia dell'Avvocato, secondo i pm, non stava perseguendo un «profitto ingiusto» ma avanzava una «legittima pretesa alla ostensione completa del patrimonio paterno una volta aperta la successione».
Dal canto suo, l'avvocato Gamna «respinge con sdegno - per bocca del suo legale, Mauro Anetrini - la tesi secondo la quale avrebbe fatto un accordo per marginalizzare Margherita Agnelli dall'eredità paterna».
2. LA PROCURA DI MILANO CHIEDE L'ARCHIVIAZIONE PER MARGHERITA AGNELLI...
Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
La Procura di Milano ha chiesto l'archiviazione della «tentata estorsione» contestata alla figlia di Gianni Agnelli, Margherita, perché la tesi di «un complotto tra suoi legali e collaboratori del padre per escluderla dal gruppo e privilegiare il ruolo di suo figlio John Elkann», pur respinta da Tribunale e Appello civile di Torino nel 2010 e 2012, «non può essere liquidata come una pretesa avventata, essendo tutt'altro che remota la possibilità che parte del patrimonio le sia stata occultata» nella divisione dell'eredità del presidente della Fiat morto il 24 gennaio 2003.
In particolare i pm Eugenio Fusco (che a Busto Arsizio sta indagando su Finmeccanica) e Gaetano Ruta (occupatosi delle scalata Antonveneta e Unipol, e ora del caso Formigoni) nella richiesta di archiviazione segnalano che «l'ex managing director di Morgan Stanley nella divisione che si occupava della gestione dei grandi patrimoni, Paolo Revelli», il 21 dicembre 2009 ha testimoniato «di aver sempre saputo che presso la filiale di Zurigo esisteva una provvista direttamente riferibile all'avvocato Gianni Agnelli per una cifra compresa tra gli 800 milioni di euro e il miliardo di euro, fiduciariamente intestata e detenuta attraverso molteplici conti da Siegfried Maron».
Revelli ha aggiunto che «Adolf Brunder, funzionario della banca, nel 2004 era stato licenziato per aver inviato a Maron un fax con cui gli assicurava che avrebbe tenuta nascosta agli eredi Agnelli l'esistenza dei conti».
I pm si fermano qui, perché «la rogatoria è stata respinta sulla base dell'assunto, non del tutto condivisibile, che la richiesta avesse esclusiva finalità fiscale»: attestano però che i 109 milioni a Margherita Agnelli in base all'accordo del 2004 sull'eredità (in tutto 1 miliardo e 166 milioni tra case, oggetti d'arte e altri attivi) «furono pagati da un conto della filiale di Zurigo di Morgan Stanley sicuramente sconosciuto al Fisco», in quanto «non inserito nella dichiarazione dei redditi 2002-2003 di Gianni Agnelli».
La Procura lamenta poi la mancata assistenza del Liechtenstein sul secondo indizio di «un patrimonio immenso in capo al defunto Giovanni Agnelli, di dimensioni e dislocazione territoriale mai compiutamente definite», e cioè sulla fondazione «Alkyone» a Vaduz. Ne aveva parlato Emanuele Gamna, ex legale di Margherita poi denunciato dal nuovo avvocato di lei (Charles Poncet), e sinora condannato in primo e secondo grado per l'evasione fiscale di 13,5 dei 15 milioni di parcella.
A suo dire, parte dei soldi dati dagli Agnelli a Margherita arrivavano da una somma derivata «dalla liquidazione dei trust nel tempo confluiti in Alkyone». E sempre come riferito da Gamna al pm il 27 marzo 2010, «è alla struttura e alla composizione di questi trust» che «John Elkann avrebbe fatto riferimento, asserendo testualmente: "Non vi daremo mai quelle società e i loro conti perché voi non dovete vedere le operazioni che vi sono passate"».
Anche qui i pm, senza risposte alla rogatoria, non riescono ad andare oltre: salvo scoprire, con una perquisizione nell'ex studio del nuovo civilista di Margherita, Abbatescianni, «un regolamento supplementare dello statuto di "Alkyone" recante in particolare i nominativi dei "Protectors" della fondazione: Giovanni Agnelli, Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfried Maron».
Nella richiesta di archiviazione (anche di Poncet, Gamna, Maron e del giornalista de Il Mondo Fabio Sottocornola), per i pm un terzo indizio di patrimoni offshore è infine ricavabile dal fatto che tre moli nel porto francese di Beaulieu, «notoriamente in uso a Giovanni Agnelli», siano risultati uno «schermato dalla "Triaria Investments Ltd" a Jersey, peraltro intestataria di uno dei conti presso Morgan Stanley di Zurigo», e due «riconducibili alle società offshore "Delphburn Ltd" nell'Isola di Man e "Celestrina Company Ltd" a Jersey».
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