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Koala per "Il Fatto Quotidiano"
L'inquietante telenovela del Monte dei Paschi di Siena continua nel silenzio assordante del governo e della stessa Banca d'Italia. Il buco nei conti del più vecchio istituto bancario italiano si è manifestato in tutta la sua vastità dopo operazioni swap e pronti contro termine con alcune banche d'affari, prima fra tutte, la giapponese Nomura.
Per dirla in breve, e lasciando alla magistratura il compito di accertare ogni responsabilità , la nuova dirigenza ha ritenuto di proporre al nuovo consiglio della banca un maxi aumento di capitale di ben 3 miliardi di euro. La velocità della decisione se da un lato presenta aspetti decisamente positivi, dall'altro rischia di fare partire verso lidi stranieri la terza banca del paese.
La Fondazione Monte Paschi, che controlla il 34 per cento delle azioni della banca, non ha il becco di un quattrino e quindi non potrebbe sottoscrivere per la propria parte l'aumento di capitale deliberato. Il presidente Alessandro Profumo e l'intero cda hanno chiesto a un pool di 14 banche di essere garanti della ricapitalizzazione.
Il coordinatore dei 14 istituti è la Ubs e, a eccezione della solita Mediobanca, tutte le altre banche sono straniere: Barclays, Bofa Merrill Lynch, Commerzbank, Jp Morgan, Morgan Stanley, Société Générale, le spagnole BBVA e Santander, l'olandese ING e KbW e naturalmente Goldman Sachs. Tra queste banche c'è anche, come si vede, Santander, quel banco spagnolo che nello spazio di pochi giorni fece una plusvalenza miliardaria comprando l'Antonveneta dalla Abn Amro e rivendendola ai senesi.
Si è smarrito quel senso del pudore che esisteva ancora nei circoli finanziari di un tempo quando politica ed economia, pur nell'efferatezza degli scontri, mantenevano una sorta di noblesse oblige. Tre banche del consorzio di garanzia, Mediobanca, Goldman Sachs e JP Morgan, sono creditrici della banca senese per circa 350 milioni di euro.
Ma, come sempre capita, le banche sono creditori speciali. Infatti il contratto di finanziamento prevede la escussione del pegno, e cioè il pacchetto di azioni di Mps dato in garanzia, se il titolo scende a 0.12 euro. Mentre scriviamo è a 0.16, ma qualche giorno fa la quotazione ballava intorno a quel pericoloso valore che consentirebbe l'escussione del pegno grazie a una attività "ribassista" sulla quale, forse, qualche faro andrebbe acceso.
Le malelingue senesi ricordano che a guidare la Ubs, che coordina il consorzio di garanzia, è quel Sergio Ermotti autorevole collaboratore dello stesso Alessandro Profumo quando questi era amministratore delegato di Unicredit.
Nella funzione di global coordinator, la Ubs di Ermotti è aiutata da Andrea Orcel, già dirigente di Goldman Sachs e Merrill Lynch prima della fusione con Bank of America. Orcel fu anche il regista dello spezzatino di Abn Amro, consegnando al Santander la banca padovana Antonveneta poi acquistata dal Monte dei Paschi pagando agli spagnoli 2.4 miliardi di euro in più del prezzo di acquisto.
Indovinate chi fu l'advisor per il Monte in quella nefasta operazione che segnò l'inizio del crollo della banca senese? La Merrill Lynch dove lavorava appunto Andrea Orcel. Uno splendido gioco dei quattro cantoni in un Paese dove la non ingerenza del governo e della nostra banca centrale, secondo il pensiero unico, è il segno della modernità .
Quanto descritto è ciò che è accaduto sino a ieri, ma dinanzi a un aumento di capitale di 3 miliardi e alle casse vuote del primo azionista dell'istituto senese, la conclusione della telenovela si avvia a essere una sola: il Monte sarà preda facile prima delle banche creditrici della fondazione (Goldman, Jp Morgan e Mediobanca) e poi di quelle del consorzio di garanzia.
Mentre questo ennesimo delitto si consuma il nostro fondo strategico italiano guidato dal noto Tamagnini (non il tenore Fabio, ma solo Maurizio) rincorre il gruppo Versace per acquistarlo insieme al fondo sovrano del Qatar e organizza la propria discesa nel settore turistico.
Secondo l'opinione di Tamagnini, un fondo pubblico chiamato strategico deve essere più attratto da settori come lusso e turismo, ambiti in cui eccellono gli imprenditori italiani che non la terza banca del paese che sta per essere acquistata a prezzi stracciati dal capitalismo finanziario internazionale.
E pensare Mps ha in pancia ben 24 miliardi di euro di titoli del debito pubblico italiano. Francia e Germania farebbero forse la stessa cosa in un mondo globalizzato in cui finanza, ricerca e formazione del capitale umano sono i veri protagonisti della grandezza di un paese? Comprenderete, allora, perché l'Italia stia sempre più diventando un mercato di consumo dove si può fare shopping a prezzi convenienti e un paese di produttori per conto terzi. Una "moderna" colonia.
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