DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER…
1 - MPS: SINDACO SIENA,NON SIAMO SUPERMERCATO,CITTÀ NON SUPINA
(ANSA) - SIENA, 03 AGO - "Non siamo al supermercato, respingo fortemente l'idea che questa città rimanga supina di fronte a qualsiasi decisione". Così il sindaco di Siena Luigi De Mossi su Mps durante un incontro con i giornalisti. "Gli uomini Monte hanno fatto grande questa città e hanno diritto di non essere rottamati" ha aggiunto De Mossi. (ANSA).
2 - IL GROVIGLIO DI SINISTRA CHE HA PORTATO MPS IN GINOCCHIO DA ORCEL
Camilla Conti per "la Verità"
C'è una foto che rappresenta il simbolo di quel «groviglio armonioso» che per decenni ha stretto Siena. Dietro a una finestra della Fondazione Mps, in quello scatto ormai ingiallito dal tempo, ci sono tre persone che osservano la corsa del Palio: Giuseppe Mussari, già asceso dalla Fondazione al vertice del Monte grazie a un accordo politico fra esponenti della Margherita e dell'allora Pci; Giuliano Amato (ex premier oggi giudice e vicepresidente della Corte costituzionale); e l'ex sindaco di Siena, Franco Ceccuzzi.
Ricordi di gruppo, quando la sinistra aveva la sua banca con vista su piazza del Campo. E quando le lotte interne ai Ds determinavano le mosse del risiko. All'inizio del 2000, Mps compra Banca 121, la banca del Salento, nel cuore della Puglia, collegio di Massimo D'Alema, e la paga 2.500 miliardi di vecchie lire.
vincenzo de bustis ai tempi in cui era dg di mps
A guidare Banca 121 c'era Vincenzo De Bustis, considerato vicino al «líder Maximo» e diventato poi direttore generale dello stesso Monte (e poi anche ad della Popolare di Bari). Ma a creare fratture tra le correnti è il fidanzamento fra il Monte e la romana Bnl, che avrebbe dovuto portare a una fusione saltata almeno un paio di volte.
La prima è nell'estate del 2000, quando le nozze fra Siena e Roma vengono sponsorizzate dall'allora presidente Ds, D'Alema, con il placet del governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio. Altre pressioni arrivano anche da Vincenzo Visco, in quel periodo ministro del Tesoro, e da Amato.
Il matrimonio con Bnl, però, salta per lo stop di Walter Veltroni (allora sindaco di Roma e antagonista di D'Alema dentro al nascente Pd), con il sostegno dei prodiani. Poco dopo scoppierà la calda estate delle scalate bancarie e Bnl finirà nel mirino delle coop rosse capitanate dall'allora patron di Unipol, Giovanni Consorte: il 31 dicembre 2005 Il Giornale pubblicherà stralci di un'intercettazione fra lui e Piero Fassino, allora segretario dei Ds, in cui quest' ultimo gli chiedeva: «E allora siamo padroni di una banca?».
Prodi e Veltroni con dito alzato
È anche l'estate dei «furbetti del quartierino» (copyright Stefano Ricucci), capitanati da Gianpiero Fiorani e che tenteranno, invano, di mettere le mani su Antonveneta. Da quelle scalate si sfila il Monte, che però due anni dopo comprerà proprio la banca padovana. L'inizio della fine, Il «peccato originale» della crisi del Monte. Accompagnato in quel novembre del 2007, dal plauso unanime degli esponenti in casa Ds-Pd. Galvanizzati dall'ingresso nell'alta finanza.
vincenzo de bustis ai tempi in cui era dg di mps 1
Nomi e cognomi finiti nei faldoni delle inchieste giudiziarie. Prima quella del 2010 sulla privatizzazione dell'aeroporto di Ampugnano e poi quelle uscite nel 2013 sull'inchiesta Antonveneta. Gabriello Mancini, ex presidente della fondazione, nel luglio 2012 ai magistrati senesi racconta della spartizione di poltrone: «La mia nomina, come quella dell'avvocato Mussari alla guida della banca, fu decisa dai maggiorenti della politica locale e regionale e condivisa dai vertici della politica nazionale».
L'ex sindaco di Siena nonché ex deputato inquadrato nell'area dalemiana dei Ds, Ceccuzzi, cita un colloquio con Fassino, che disse «di fare scelte oculate per il bene della banca e del territorio».
E con D'Alema lo stesso Ceccuzzi parla della nomina di Alessandro Profumo: «Nell'autunno del 2011 pensammo di cambiare direttore generale e ci rivolgemmo anche ad Alessandro Profumo, che però rifiutò lasciando la porta aperta a una sua possibile nomina alla presidenza.
SHARON STONE TESTIMONIAL PER BANCA 121
Con il passare dei mesi la situazione diventava sempre più difficile e mi rivolsi a Massimo D'Alema. Naturalmente lo invitai a contattare Profumo per fare pressioni perché accettasse l'offerta».
L'incontro ravvicinato con D'Alema si svolse in piazza Farnese, a Roma, nella sede di Italianieuropei. Eppure qualche mese prima, il 24 gennaio del 2013, lo stesso D'Alema aveva dichiarato: «Il Monte dei Paschi non è mai stato un punto di riferimento del nostro partito».
D'Alema, Veltroni e anche Matteo Renzi. Che a Repubblica, nel luglio del 2016, ammette: «Su Mps, non prendiamoci in giro: le responsabilità di una parte politica della sinistra, romana e senese, sono enormi». Già, non prendiamoci in giro. Tre anni prima l'ex sindaco di Siena, Bruno Valentini, aveva mandato un sms a Renzi: «Allora procedo così su Mps?».
A raccontarlo è lo stesso Renzi il primo settembre del 2013, quando è ancora sindaco di Firenze, sul palco della festa democratica di Genova: «Ieri mi ha mandato un messaggino, "Matteo, allora vado a dritto sulle nomine, okay?". E io gli ho risposto: "Bruno ma che c'entro io con le nomine del Monte Paschi". Perché la politica non deve mettere bocca in queste cose».
stefano scaramelli matteo renzi
È lo stesso Renzi che poi da premier, nel luglio 2016, avrebbe incontrato a pranzo il gran capo di Jp Morgan, Jamie Dimon, per fargli risanare il Monte già scassato. In questi giorni Renzi ha consigliato a Enrico Letta, candidato alle suppletive di ottobre, di «fare una chiamata a Scaramelli che in quel collegio ha preso il 7,5%», riferendosi al maggiorente senese di Italia viva, Stefano Scaramelli, nonché vicepresidente del Consiglio regionale della Toscana.
Qualche anno fa lo stesso Scaramelli, ex sindaco di Chiusi, racconta in un'intervista a una radio della città di una riunione avvenuta nel 2011 in cui si era deciso che la fondazione avrebbe coperto l'aumento di capitale per l'acquisto di Antonveneta: presenti tutti gli organi del partito e il presidente della Fondazione Mps, Gabriello Mancini, decisero (Scaramelli dice di essere stato contrario) sull'aumento di capitale della banca.
PIERCARLO PADOAN CON ELKETTE DI UNICREDIT
Abbiamo raccontato i grovigli del passato che il Pd, così preoccupato ora per i destini di Siena, sembra aver dimenticato con un processo di rimozione kafkiano. Ma se oggi siamo arrivati alla trattativa tra Unicredit e il Mef è anche per la strategia assai più recente e dunque difficile da omettere con amnesie improvvise.
Il «pacchetto» proposto ad Andrea Orcel è stato infatti impostato da un dalemiano di ferro come l'ex ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri. Che a settembre 2020 assicurava: «Una grande banca come Mps va rilanciata, non spezzettata». E nel frattempo spingeva per la soluzione Unicredit con Pier Carlo Padoan presidente, che avrebbe potuto chiudere un cerchio aperto tanti anni fa.
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL…
DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI…
VIDEO-FLASH! - L’ARRIVO DI CECILIA SALA NELLA SUA CASA A ROMA. IN AUTO INSIEME AL COMPAGNO, DANIELE…
LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO-…