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Giovanni Pons per “la Repubblica”
Mediobanca presenta conti semestrali migliori delle previsioni, ma nonostante ciò perde in Borsa il 5,7% sulla scia dell’ondata di vendite che sta investendo tutto il settore bancario mondiale. I primi sei mesi dell’esercizio di piazzetta Cuccia si sono chiusi con utili per 321 milioni, in crescita del 23%, con «lo spazio, se i mercati ci aiutano, di migliorare il dividendo», ha spiegato l’ad Alberto Nagel.
Il quale ha poi giudicato “interessante” le previsioni di crescita a una cifra del margine di interesse che nei primi sei mesi è salito del 10% a 604 milioni. Mentre per il quarto trimestre consecutivo sono scese le attività deteriorate (meno 12% a 1,1 miliardi) e Mediobanca sul fronte dei crediti deteriorati è messa molto meglio dei concorrenti italiani ed europei.
Nagel parlando con gli analisti è poi tornato sul tema della recente uscita del ceo di Generali Mario Greco, che dal 7 marzo prossimo sarà al vertice del gruppo svizzero Zurich. «Le motivazioni dell’addio di Greco non sono da ricercarsi in cambiamenti di strategia o in incomprensioni - ha detto Nagel -. Non ci sono state e non ci sono state proposte operazioni di crescita. Anche perchè Generali in questi tre anni ha effettuato una ristrutturazione, un riposizionamento del proprio portafoglio».
E fin qui le versioni dei protagonisti del divorzio convergono. Ma evidentemente gli otto mesi di colloqui sottotraccia per cercare di arrivare, senza costrutto, al rinnovo di Greco, bruciano. E ispirano la stoccata. «Greco ha un profilo più adatto per situazioni di turnaround che di crescita. Lo si evince anche dalle sue precedenti esperienze dove ha cambiato dopo pochi anni e spesso in polemica», ha osservato l’ad di piazzetta Cuccia.
Mentre Greco nella sua lettera di addio aveva invece fatto riferimento a incomprensioni con i soci sul ruolo che avrebbe dovuto ricoprire in Generali nel prossimo triennio. E in privato il manager ha confidato che a maggio dell’anno scorso sia Nagel che Lorenzo Pellicioli gli avevano proposto un rinnovo con uscita anticipata poichè la compagnia aveva bisogno di essere guidata da manager quarantenni.
La verità, dunque, fatica ad emergere ma ora si tratta di trovare un sostituto per gestire il Leone di Trieste, che nelle ultime due settimane ha subito almeno sei downgrading da parte di analisti finanziari. Il comitato nomine della compagnia è all’opera da martedì scorso per selezionare i candidati anche se la soluzione non è ancora alle viste. La propensione a promuovere un manager interno, ben vista da alcuni azionisti come Leonardo Del Vecchio, non è l’unica. «Mi aspetto una linea di continuità - ha detto Nagel - ma Generali non deve avere steccati nello scegliere tra manager interni o esterni ».
Intanto, però, i rovesci di Borsa rendono sempre più difficile per Mediobanca ridurre la propria partecipazione in Generali al 10%, come indicato nell’ultimo piano industriale. «Vendere il 3% è un’opportunità e non un obbligo - ha chiarito Nagel -. Abbiamo margini di flessibilità, non siamo tenuti a farlo entro il 30 giugno».
Lo scorso dicembre Mediobanca aveva cominciato la discesa vendendo a termine lo 0,22% di Generali e scendendo così dal 13,24% al 13,02%. I prossimi passi in questa direzione dipenderanno dall’andamento del titolo di Trieste in Borsa, sceso molto negli ultimi giorni. Qualcosa di più preciso si saprà con il prossimo piano industriale che dovrebbe essere presentato tra ottobre e novembre.
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