
PAPA FRANCESCO NON VOLEVA INCONTRARE JD VANCE E HA MANDATO AVANTI PAROLIN – BERGOGLIO HA CAMBIATO…
Luigi Ferrarella per “Il Corriere della Sera”
Nove persone interrogate, tabulati telefonici a tappeto, pure una perizia sulla mascella di un animale spedita per posta, perfino un mese di intercettazioni telefoniche: non si è risparmiata la Procura di Milano per sbrogliare l’intreccio di denunce e controdenunce in casa Esselunga, tra i Caprotti figli (Giuseppe e Violetta) e il fondatore padre (Bernardo). Un dispiego di mezzi che ora sfocia nell’archiviazione del reato di «atti persecutori» che i figli sostenevano di subire dal padre, e nell’incriminazione del figlio per diffamazione a mezzo stampa del padre su due circostanze.
Il contesto è la guerra di carte bollate sul controllo di Esselunga, conclusasi un mese fa in Appello con la conferma del lodo arbitrale del luglio 2012 che ha riconosciuto al capostipite, e non ai figli Giuseppe e Violetta, l’esclusiva titolarità delle azioni. In questa cornice, da fine 2012 Giuseppe Caprotti (con l’avvocato Claudia Shammah) denuncia una persecuzione, a suo avviso riconducibile alla cerchia del padre, fatta di violazioni di domicilio, molestie telefoniche, pedinamenti, furti e danneggiamenti.
Nel 2013 anche la sorella Violetta palesa paura per la propria incolumità, specie per molestie telefoniche e misteriosi eventi come una intrusione in casa in Costa Azzurra, nella quale «riconobbi i metodi tipici del capo della sicurezza di Esselunga, Cutillo».
Costui quattro mesi fa finisce indagato insieme a Bernardo Caprotti, per le ipotesi di reato di stalking e molestie, dopo che l’8 ottobre 2013 il figlio Giuseppe aveva denunciato anche un pedinamento sull’autostrada Milano-Genova: l’indagine del pm Luca Gaglio, infatti, riesce a identificare il conducente della vettura inseguitrice in un soggetto (Salvatore Paternostro) che ha un possibile legame con un investigatore privato, Federico Borio, che a sua volta per motivi di lavoro ha contatti anche con il capo della sicurezza di Esselunga.
Ma se il pedinamento è provato, la Procura archivia Cutillo e Bernardo Caprotti perché rileva che non esistono elementi per sostenere che a idearlo siano stati loro. Al pm sembra peraltro un’iniziativa dell’investigatore privato Borio, il cui interrogatorio si è concluso bruscamente, segno di un possibile problema di false dichiarazioni al pm: ma comunque per legge non avrebbe rilevanza penale un singolo pedinamento che si fosse svolto con manovre non pericolose o non molestatrici.
E il resto delle denunce dei figli? Al vaglio del pm, le telefonate che allarmano Violetta si rivelano chiamate automatiche di call center di prodotti disparati, i prospettati spionaggi illeciti rientrano in legittime attività di monitoraggio informatico dei dipendenti, e a Bernardo nulla riconduce la mascella di animale spedita a Giuseppe o l’incendio di gelsi pregiati.
Il padre, anzi, controdenunciando Giuseppe con l’avvocato Ermenegildo Costabile, ora ottiene che il figlio sia destinatario di una conclusione d’indagine per averlo diffamato a mezzo stampa attribuendogli la cacciata da casa della madre e l’input di perizie psichiatriche in azienda.
Del resto è stata guerra anche sui media, come lo stesso Giuseppe spiega al pm il 5 giugno: «I miei collaboratori negoziavano con i giornalisti l’uscita di articoli sulla vicenda dei contrasti legali, fornendo materiale e gestendo il testo finale degli articoli (...). E quando ci sarà la decisione finale, certo riprenderò i contatti con la stampa per veicolare i messaggi giusti e tutelarmi».
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