
DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA…
Mentre le cronache raccontano di un’inchiesta che si ramifica fra Arezzo e Civitavecchia, e di mobilitazioni dei risparmiatori danneggiati che non accennano a placarsi, le indagini sul dissesto finanziario di Banca Etruria svelano inediti filoni che lambiscono la sfera artistico-culturale. Sotto la lente del Nucleo Valutario della Gdf e della magistratura ci sarebbero in particolare alcune consulenze culturali e la gestione di immobili destinati ad attività espositive.
fotomontaggi maria elena boschi e banca etruria 1
CONSULENZE PER 1,1 MILIONI NEL SOLO 2014
“A proposito delle uscite di denaro da verificare, ci sono le consulenze che Banca Etruria elargiva. Ne sottolinea due in particolare”, scrive Il Sole 24 Ore: “‘alla società Bain per 1,1 milioni nel solo 2014 e quella per il supporto alle attività commerciali e culturali coordinate dalla direzione generale, alla società Mosaico, 235mila euro’.
In base a ricostruzioni, la Mosaico è stata fondata 23 anni fa da Mario Zamorani, e adesso risulta intestata ai suoi due figli: una quota di controllo alla figlia, per il 99% e il restante 1% al figlio. Quest’ultimo è peraltro dipendente della stessa Banca Etruria a Roma. La società, che si è occupata di curare la mostra ‘L’oro nei secoli’, è concessionaria museale statale ad Arezzo e si occupa di sponsorizzazioni di Banca Etruria a Roma”.
ATTENZIONE SULL’OPERAZIONE DI PALAZZO LA FONTE
BANCA ETRURIA - IL PENSIONATO SUICIDA
Delle operazioni immobiliari che Il Sole 24 Ore ha definito “partite opache” si occupa il magazine Arezzonotizie, secondo il quale “a destare l’attenzione dei commissari [di Bankitalia, ndr] fu l’operazione di Palazzo la Fonte (per la quale si parla di mancata messa a reddito di tutte le porzioni riferendosi al comodato d’uso gratuito trentennale concesso alla Fondazione Ivan Bruschi) e poi la compravendita di due immobili della controllata Banca del Vecchio (prima “ceduti nel 2010 con una complessa operazione dalla controllata Bap a un veicolo, Leonidil Srl, di proprietà della società Finleonardo”). Un’operazione quest’ultima che per i commissari appare non giustificata in quanto le motivazioni presentate appaiono ‘scarne’”.
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