DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giovanna Predoni per www.tag43.it
Non se ne parla più come di solito si fa nell’imminenza di nuove nomine, perché la guerra ha giustamente occupato tutto il palco mediatico, riducendo l’appeal di un appuntamento che solitamente ravviva le stanze del potere. Ciò non toglie che ad aprile scadano molti vertici di aziende partecipate, e che il gioco del chi resta o chi va dove alimenti il pettegolezzo.
giuseppe bono giampiero massolo
Per molti queste nomine sono l’occasione per conquistare visibilità e posizioni, per altri solo l’anticamera di quelle più importanti che ci saranno nel 2023, e che toccheranno colossi come Eni, Enel e Poste per dire dei più importanti. Naturalmente urge una premessa: per chiosare un programma televisivo di successo, quando si parla di nomine tutto può succedere.
E fino all’ultimo momento, un po’ come ai tempi delle casse di risparmio i democristiani l’ultima notte utile ribaltavano in nome della spietata logica correntizia scelte e organigrammi.
L’addio di Massolo e gli assetti di Fincantieri
Il boccone più grosso di questa tornata è sicuramente Fincantieri, da 20 anni (vi mise piede la prima volta nell’aprile del 2002) regno incontrastato di Giuseppe Bono, classe 1944, il boiardo più longevo in circolazione, che naturalmente non ha alcuna intenzione di portare a spasso il cane ai giardinetti.
Al massimo, accetterà di passare dalla poltrona di amministratore delegato a quella di presidente convinto, e i fatti gli danno ragione, che non è la carica a fare il monaco. Insomma, da ad o presidente, Peppino, come lo chiamano affettuosamente gli amici, resterà l’incontrastato dominus forte anche delle deleghe che, a seconda dei punti di vista, gli verranno assegnate o si prenderà.
Il fatto che il gruppo triestino un presidente ce l’abbia già non è certo un problema. Giampiero Massolo, ex ambasciatore e grand commis, gli farà volentieri spazio per andare a fare il presidente di Atlantia, la holding delle infrastrutture controllata dalla famiglia Benetton che sta per concludere il laborioso passaggio di Autostrade a Cdp. A fargli posto in Atlantia sarà Fabio Cerchiai, il presidente sopravvissuto all’era Castellucci e alla tragedia del ponte Morandi, ma ora destinato a uscire di scena.
A Trieste una partita a due tra Gallia e Giordo
Ma se Bono diventa presidente chi sarà il suo ad? Lui punta tutto su Fabio Gallia, l’attuale direttore generale ma in Cdp, che è l’azionista di maggioranza assoluta, su quel nome non ci sentono.
Potrebbe forse toccare a Giuseppe Giordo, che in Fincantieri è direttore della divisione navi militari, e che già in passato non aveva nascosto le sue ambizioni? Giordo ha molti estimatori dentro e fuori la società, meno uno che gli riconosce qualità ma di cui diffida: Bono.
Difficile quindi che riesca a spuntarla. Ci sarebbe poi un convitato di pietra in tutta questa faccenda, ovvero Fabrizio Palermo, ex numero uno di Cdp con un passato, regnante Bono, come direttore finanziario proprio in Fincantieri. Palermo però ha un problema. Ovvero che è difficile che i nuovi gestori di Cdp, che hanno costruito parte della loro narrazione proprio in contrapposizione ai predecessori, possano avvallarne la nomina. A meno che non intervenga a piedi uniti il Mef, visto che il ministro Daniele Franco a suo tempo si prese a cuore il futuro di Palermo.
Il quale, nel frattempo, sta lavorando alacremente come consulente (pagato ma senza contratto pare) al piano industriale delle Assicurazioni Generali che verrà presentato dalla cordata Caltagirone, Del Vecchio e Crt in vista dell’assemblea della compagnia di assicurazioni prevista per fine aprile.
In Snam Granata e Tamburi ambiscono alla poltrona di Alverà
Da Trieste a Milano, dove ha sede un altro ghiotto boccone di questa tornata di nomine, ovvero Snam. L’amministratore delegato Marco Alverà sta per concludere il suo secondo mandato forte di buoni risultati, e sulle sue intenzioni e di quelle di Cdp è ancora mistero.
Sulle intenzioni del manager nato a New York ma con origini di famiglia di nobile lignaggio veneziano, girano due versioni: la prima che non disdegnerebbe una riconferma, la seconda che ha intenzione di mettersi in proprio alla guida di un fondo di private equity di nuova costituzione, nel qual caso di fanno i nomi di Claudio Granata (Eni) e Carlo Tamburi (ex Enel da poco in proprio) come possibili sostituti, anche se a sentire i loro nomi a Palazzo Chigi e Cdp non fanno i salti di gioia.
Ne circola anche una terza, forse la più gettonata. Ovvero che Alverà starebbe un anno ai box per prepararsi al giro di nomine del 2023, con in mente il posto di Francesco Starace all’Enel. Nell’attesa, le due società non perdono occasione di punzecchiarsi, come è naturale che sia tra fautori del gas e indomiti tifosi delle rinnovabili.
Gallo, l’ultimo dei mohicani in Italgas
Ultima società di peso Italgas, dove però i gossip si fermano alla quasi sicura riconferma dell’attuale amministratore delegato Paolo Gallo, un passato in Edison e in Grandi Stazioni prima di arrivare nel 2016 alla guida del gruppo specializzato nella distribuzione del gas, incarico confermatogli nel 2019 da Cdp su suggerimento dei 5 stelle e dei buoni rapporti con l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro. Se, come tutto pare, verrà confermato per il terzo mandato Gallo managerialmente parlando sarà l’ultimo dei mohicani. Ovvero uno dei sempre più rari dirigenti in quota grillina a sopravvivere alla restaurazione draghiana.
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