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Antonella Olivieri per Il Sole 24 Ore
Il presidente di Telefonica, Cesar Alierta, dice che su Telecom anche la Findim di Marco Fossati ha gli stessi obiettivi, cioè accrescere il valore del gruppo.
Conferma, Fossati?
Vorrei poter dire di sì, ma purtroppo, viste le recenti delibere del cda Telecom, credo che gli interessi non siano convergenti, come del resto non sono convergenti le rispettive proposte per il futuro del gruppo. Noi proponiamo la public company e una strategia che sia nell'interesse di tutti gli azionisti, gli spagnoli temo invece curino solo i propri interessi. Lo dimostrano i primi passi, fatti di gran fretta: la svendita dell'Argentina e il convertendo.
Il senatore Massimo Mucchetti e il vice-ministro Antonio Catricalà dicono di dubitare delle parole di Alierta.
Una cosa vera senz'altro l'ha detta e cioè che Telecom resterà italiana. Sì, ma dopo aver sistemato le partite sudamericane. E a quel punto in che condizioni sarà Telecom Italia?
Ma non era stato proprio lei tre anni fa ad accompagnare Alierta dall'allora premier Berlusconi per caldeggiare una fusione tra i due gruppi?
Non era tre anni fa, ma il maggio del 2008. Essendo un azionista importante di Telecom, su richiesta dello stesso Alierta, mi ero reso disponibile a organizzare un incontro con il capo del Governo. Condividevo il motivo per cui l'incontro era stato chiesto dal presidente di Telefonica, di verificare cioè i presupposti per una fusione tra le due società con tutti i benefici conseguenti. Allora Telecom valeva 1,8 euro per azione, e Telefonica non aveva ancora il 100% di Vivo e il debito di oggi: le condizioni, insomma, erano completamente diverse.
E poi?
Poi non ne ho saputo più nulla, ma è evidente che il progetto non si è concretizzato. Anzi, con poca spesa, Telefonica è riuscita a consolidare la propria posizione in Telecom Italia, che, in quanto non contendibile proprio per la presenza di Telefonica in Telco, ha permesso agli spagnoli di espandersi indisturbati in Sud-America.
Ora Telecom Argentina è persa?
Credo proprio di sì: il consiglio ha deliberato in tal senso rispettando tutti i passaggi formali. à proprio per questo che ne chiediamo la revoca. Telecom Argentina era un tassello importante per creare valore. Che senso ha cedere il controllo di una società che cresce a due cifre e ha 700 milioni di euro di cassa, non a premio, ma addirittura a sconto? Il prezzo "vero" non è 960 milioni di dollari, ma 850 milioni, perché il resto sono servizi che Telecom per i prossimi tre anni si è impegnata a erogare e la quota parte dei dividendi di spettanza. A queste condizioni, secondo i nostri calcoli, lo sconto sull'equity value è dell'ordine del 35%!
Sono però da considerare i problemi dell'Argentina: l'inflazione, la svalutazione del cambio, l'impossibilità di esportare i dividendi fuori dal Paese.
Se è così, perchè non esce anche Telefonica dall'Argentina?
Dal collocamento del convertendo non siete stati tagliati fuori solo voi, ma anche i piccoli azionisti che complessivamente detengono il 20% del capitale e gli istituzionali americani e asiatici con l'unica eccezione di Blackrock. Findim, oltre ad Asati, ha presentato un esposto in Consob.
à un'operazione che ha dello scandaloso. Riteniamo che ci siano elementi che giustificano il sospetto di utilizzo di informazioni privilegiate. Ma non spetta a noi stabilirlo: c'è un'indagine in corso.
à vero che è stato contattato la sera del collocamento e ha rifiutato di sottoscrivere?
Tutt'altro, nessuno mi ha chiamato. Il 7 novembre ero rientrato a casa da Londra e ho appreso dell'emissione dalla conference call dell'ad Marco Patuano. Così, la mattina successiva ho subito contattato le banche per acquistare il 5% e non diluire la mia quota. Mi è stato risposto che il collocamento era già chiuso e che se, volevo, avrebbero chiesto se qualcuno dei sottoscrittori era disposto a rivendere i titoli con un sovrapprezzo. Ovviamente ho rifiutato.
Così ha deciso di dar battaglia in assemblea, ma il rifiuto di Assogestioni a formulare una lista comune per il rinnovo del cda vanifica le chance di successo della sua iniziativa.
Voglio credere che Assogestioni sia in buona fede, per questo preferisco che sia Assogestioni a presentare la lista per il consiglio, una lista che dovrebbe essere una vera espressione di indipendenza. Ciò detto, non capisco del tutto la loro posizione, visto che non si tratta di un "normale" rinnovo del board. La nostra battaglia è sulla revoca di un cda che non rappresenta le minoranze e in questo senso stiamo sollecitando tutti i fondi: ne abbiamo già contattati 180. Puntiamo ad avere una public company, come del resto è Telefonica.
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